Riflessioni Sistemiche n° 24


Educazione e Formazione:
livelli, problemi e prospettive

Evoluzione e educazione


di Giorgio Narducci

VicePresidente AIEMS, Roma
Docente di scuola superiore, naturalista

Bambini della Scuola dell’Infanzia di fronte alla diversità di un gruppo di Coleotteri – Guidonia (Roma), 18 gennaio 2010

Sommario
In questo saggio sono affrontati i nodi concettuali, ancora irrisolti, riguardanti la proposta e lo sviluppo organico e non episodico della Biologia evoluzionistica in vari contesti educativi e formativi. Vengono evidenziate le principali problematiche che risiedono specialmente nella difficoltà di sviluppo del pensiero complesso e sistemico, nella non completa accettazione del pensiero storico in ambito scientifico, nelle scarse competenze dei docenti nell’ambito evoluzionistico, nelle proposte degli insegnanti sul significato della Scienza e nel non completo sviluppo del pensiero critico e autocritico.


Parole chiave
Teoria dell’evoluzione, pensiero complesso, competenze, Storia della Scienza, fatti, teorie, progresso scientifico, comprensione/incomprensione, significato delle domande, valore del dubbio e della congettura, incertezza, pensiero critico e autocritico, il valore della Biodiversità.


Summary
This essay deals with the conceptual points, still unsolved, regarding the proposal and the organic, not occasional development of the evolutionary Biology in different educational and formative contexts. It highlights the main problems, which lie in particular in the difficulty of development of the complex and systemic thought, in the unfinished acceptance of the historical thought in a scientific field, in the poor competences of teachers in the evolutionistic matters, in the teachers’ proposals about the meaning of Science and in the unfinished development of the critical and self critical thought.


Keywords
Theory of evolution, complex thought, competences, History of Science, facts, theories, scientific progress, understanding/misunderstanding, meaning of questions, value of doubt and supposition, uncertainty, critical and self critical thought, the value of Biodiversity.


 

287. Non con l’induzione lo scoiattolo conclude

che anche nel prossimo inverno avrà bisogno di riserve di cibo.

E neanche noi abbiamo bisogno d’una legge dell’induzione

per giustificare le nostre azioni e le nostre previsioni.”

 

 “418. La mia comprensione è soltanto cecità di fronte alla mia incomprensione?

Molte volte mi sembra di sì.”

 

L. Wittgenstein, 1969

 

Nell’ambito della didattica delle discipline scientifiche un aspetto teorico che ha sempre creato problemi e dispute, spesso implicite e non sempre dichiarate, è stato e, a mio parere, è l’introduzione delle teorie evolutive nel curriculo dell’ordinamento delle materie scientifiche della scuola italiana.

 

         Proporrò le mie osservazioni e riflessioni di docente e formatore che dal 1984 ha lavorato principalmente nella scuola secondaria, ma ha avuto esperienze di formazione in ambiti diversi, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria superiore; ha inoltre proposto da solo e insieme ad altri ricercatori iniziative aperte alla cittadinanza atte a sviluppare le conoscenze evoluzionistiche nella scuola e nella società in diversi contesti culturali.

 

E’ noto che l’area della biologia evoluzionistica si pone come trasversale anche rispetto a gran parte delle discipline dell’area classico-umanistica.

         Questo cambiamento nel panorama culturale scientifico si è andato via via delineando principalmente a partire dagli anni ’70, quando la biologia evoluzionistica (la biologia delle “cause evolutive”) ha iniziato una proficua integrazione con la cosiddetta biologia “funzionale”, “fisiologica”, la biologia delle “cause prossime” (vedi Mayr, 1981); nonostante queste due “discipline” fossero apparentemente diverse per gli oggetti studiati, il metodo, i princìpi e lo schema concettuale generale, negli anni successivi la comunità scientifica ha iniziato progressivamente a collegare problemi e risultati ottenuti nei diversi campi di azione (si veda in particolare il rapporto sempre più stretto tra biologia molecolare, genetica delle popolazioni e biologia evoluzionistica teorica in senso stretto) e quindi a stabilire nessi logici e significati complessivi sempre più profondi e solidi.

         Nella didattica scolastica questo relativo avvicinamento è ancora lontano, anche se alcuni aspetti generali della teoria evolutiva per quello che riguarda la nostra specie e la sua diversità, siano apparentemente assimilati e accettati, specialmente nella scuola secondaria superiore (Rufo e al., 2013). Nonostante ciò le conoscenze sull’antichità della specie Homo sapiens sono mediamente sbagliate, diversamente da quelle concernenti l’età del nostro pianeta (Rufo e al., 2013), cosa che ci fa sospettare una visione ancora inevitabilmente antropocentrica.

 

 

La posizione di Charles Darwin nei confronti della scuola 

“Niente è stato tanto sfavorevole allo sviluppo della mia mente quanto la scuola del dott. Butler, che era esclusivamente a indirizzo classico, e nella quale non si studiava niente altro che un po’ di storia e di geografia antiche. Tale scuola fu per me assolutamente priva di valore educativo.”

 

 “Se tento di ricostruire il mio carattere nel periodo scolastico, riandando nel passato come meglio posso, devo riconoscere che le sole qualità che facevano sperare bene per il futuro erano gli interessi spiccati e diversi, l’ardore con cui mi applicavo a ciò che mi interessava e il vivo piacere che mi dava la comprensione di argomenti o fatti complessi.

 

(C. Darwin, 1882. Autobiografia, pag. 9 e pag. 24)

 

[il grassetto nelle citazioni è sempre mio]

 

         Charles Darwin nella sua Autobiografia esplicitò in maniera chiara la sua esperienza scolastica di studente abbastanza insofferente, non solo durante il periodo iniziale della sua vita, ma anche durante le lezioni di medicina a Edimburgo:

 

“L’insegnamento a Edimburgo consisteva solo in lezioni, che erano insopportabilmente scialbe, a eccezione di quelle di Chimica di Hope; a mia opinione giovano molto più le letture che non il seguire le lezioni.

 

(C. Darwin, 1882, pag. 28)

 

Uno studente irrequieto, ma sicuramente preso dagli insegnanti che riuscivano, anche in maniera particolare, ad appassionarlo, come Grant che lo avvicinò al pensiero lamarckiano; anche nel periodo passato a Cambridge per diventare pastore evangelico non si appassionò ma “lo studio accurato e non puramente meccanico di queste opere [in particolare Natural Theology di William Paley] fu l’unica parte del corso accademico ad avere un minimo di utilità per la mia educazione intellettuale; così pensai allora e ne sono tuttora convinto”. Anche qui gli interessi furono concentrati su altro: la conoscenza e l’amicizia che iniziò a nascere per la Botanica attraverso l’insegnamento di John Stevens Heslow che divenne uno dei suoi più cari amici. Bisogna però considerare che gli interessi e il piacere nello studio del giovane Darwin erano anche volti a libri diversi: “… ero solito starmene per ore a leggere i drammi storici di Shakespeare, seduto nel vano di una vecchia finestra aperta negli spessi muri della scuola. Lessi anche le opere di altri poeti…” Una mentalità di un giovane benestante di famiglia agiata con interessi in diverse aree del sapere, come era stato in fondo per il padre Robert e per il famoso nonno Erasmus, autore di una teoria di stampo lamarckiano. Una persona che si forma principalmente da sola e attraverso l’amicizia di personalità dotate di grande carisma, autorevolezza e gentilezza (J. D. Hooker, C. Lyell, T. H. Huxley, A. R. Wallace e altri); un ricercatore in grado di stabilire una fittissima rete di contatti, principalmente epistolari - vedi:

 https://www.darwinproject.ac.uk/about/publications/correspondence-charles-darwin

 

         In definitiva uno scienziato in grado di definire con se stesso un rapporto anche autocritico, fondamentale per la costruzione della propria identità e formazione:

 

“Il mio successo come uomo di scienza, qualunque esso sia stato, è dovuto, mi sembra, a diverse e complesse qualità e condizioni intellettuali. Le più importanti sono state: l’amore per la scienza, un’infinita pazienza nel riflettere lungamente su ogni argomento, gran diligenza nell’osservare e raccogliere dati di fatto e una certa dose d’immaginazione e buon senso. E’ davvero sorprendente che con doti così modeste io sia stato capace d’influire in modo tanto notevole sulle opinioni degli scienziati su alcuni importanti argomenti.

 

(C. Darwin, 1882, pag. 126)

 

 

 

Sostanzialmente la Teoria dell’evoluzione continua a non essere proposta e sviluppata dagli insegnanti di ogni ordine e grado, tranne episodicamente, per una serie di motivi che riguardano il contesto sociale ed educativo del nostro paese.

Cercherò di affrontare e discutere i nodi concettuali più rilevanti attraverso una panoramica generale.

 

 

-       L’approccio dei docenti con la Storia della Scienza

 

Non può esserci una proposta educativa senza una corretta conoscenza dei principali autori della Biologia e dei processi storici. L’attenzione dei docenti nei confronti di questi temi è ancora molto bassa, anche perché l’Università di solito non propone nei diversi corsi disciplinari un attento approccio storico.

Anche nelle pubblicazioni scientifiche specialistiche è spesso assente l’interpretazione storica, “filologica” dell’argomento trattato, si preferisce andare direttamente alla scoperta e alle nuove osservazioni. Andando poi a leggere la bibliografia citata si osservano specialmente articoli e citazioni di lavori recenti, come se il passato sia riferibile ad articoli ormai definitivamente superati e vecchi. Da qui la diffusa convinzione, anche nei giovani ricercatori, che la storia sia un insieme di vecchie argomentazioni e teorie superate dal moderno, inoltre la Storia della Scienza sembra essere dominio principalmente dell’area umanistica.

Nella mia personale esperienza universitaria e di ricercatore ho notato spesso l’assenza di spirito storico e di formazione attraverso la lettura di tutto quello che è stato scritto su quel argomento in un preciso ambito specialistico. Non c’è quindi da stupirsi che la formazione dei docenti in ambito scientifico sia di un certo tipo; questo aspetto è avvalorato dalla stragrande maggioranza dei libri di testo, che, nella migliore delle ipotesi, relega la Storia del pensiero scientifico quasi sempre a momenti sporadici di secondario approfondimento tematico, quasi riempitivo rispetto ai nuovi fatti e alle recenti teorie.

 

 

-       La competenza in ambito evoluzionistico dei docenti

 

Continuando nella discussione precedente occorre che cambino le competenze degli insegnanti: deve essere richiesta la formazione di questo tipo in tutte le discipline scientifiche. L’insegnamento della Storia non è solo affidabile al docente di Storia e Geografia, anzi nelle superiori, in quello strano connubio chiamato “Geostoria”, che

spesso per il basso numero di ore settimanali risulta di difficile gestione, o al docente di Storia e Filosofia che spesso decide di trattare i temi storico-scientifici in maniera superficiale o addirittura li evita.

L’approccio storico al tema scientifico è essenziale; purtroppo nella nostra tradizione pedagogica è poco rilevabile: le abilità e competenze scientifiche appaiono ai più legate alle concezioni basilari biologiche come nozioni “fattuali” da apprendere, senza l’importanza del contesto storico, dello sviluppo nelle comunità scientifiche, del singolo autore nel suo mondo, con il personale bagaglio di metodologie. Purtroppo, questo aspetto è spesso considerato secondario in una didattica nella quale prevale una generale rigida visione di progresso scientifico che attribuisce alle conoscenze moderne un valore assoluto superiore rispetto a quelle più antiche, apparentemente superate.

 

Nell’ambito della moderna Biologia evoluzionistica, area principalmente trasversale, lo sviluppo delle conoscenze e delle teorie correlate è esponenziale e conseguentemente non completamente assimilabile dagli studiosi; di conseguenza l’insegnante dovrebbe tenersi costantemente aggiornato su una “materia” con tantissime sfaccettature. La cosa più semplice è evitare questo terreno! A meno che non si sia appassionati non solo del proprio lavoro, ma anche delle discipline evoluzionistiche!

 

Volendo, abbiamo strumenti utili e potenti per seguire il costante sviluppo della Teoria dell’evoluzione: basti seguire il sito www.pikaia.eu, il portale dell’evoluzione, diretto dal Prof. Telmo Pievani e da un “manipolo” di appassionati ricercatori e docenti, che sta svolgendo un’azione meritoria da tanti anni.

 

 

-       Le proposte didattiche e la comunicazione scientifica

 

“In tutti i miei scritti cosiddetti "divulgativi" ho osservato con grande impegno una regola personale. (Benché la divulgazione sia una cosa mirabile, la parola è stata spesso svilita a significare un modo di scrivere semplificato, per rendere più facile la lettura). Io credo – come Galileo quando scrisse le sue due massime opere nella forma di dialoghi in volgare anziché nella forma di trattati eruditi in latino, come Thomas Henry Huxley quando compose la sua prosa magistrale astenendosi da qualsiasi gergo specialistico, come Darwin quando pubblicò tutti i suoi libri per un pubblico allargato -[...] [convinto] che si possa avere ancora oggi un genere di libri scientifici adatti e accessibili a un tempo a specialisti e a profani interessati. I concetti della scienza, in tutta la loro ricchezza e ambiguità, possono essere presentati senza alcun compromesso, senza alcuna esemplificazione deformante, in un linguaggio accessibile a tutte le persone intelligenti. Si devono, ovviamente, cambiare le parole, se non altro per eliminare quel gergo e quella terminologia specialistica che escluderebbero tutti i non addetti ai lavori, ma non deve esserci alcuna differenza di profondità concettuale fra pubblicazioni professionali ed esposizioni per il pubblico generico.

 

(Gould S. J., 1990, La vita meravigliosa. I fossili di Burgess e la natura della storia, pag. 12, edizione originale 1989)

 

Le proposte didattiche nell’ambito della biologia evoluzionistica sono solitamente individuate in un modulo che, spesso in maniera stereotipata, sviluppa alcuni temi relativi alla Teoria dell’Evoluzione. Vengono quindi riprodotte acriticamente le interpretazioni più diffuse dei principali nuclei tematici - vedi ad esempio concetto di selezione naturale, interpretazione delle scoperte darwiniane, origine dell’uomo, Biodiversità, variabilità -, senza sviluppare senso critico, gusto del dubbio, piacere di prospettare nuove e feconde domande, utilizzo del metodo ipotetico deduttivo e dell’abduzione.

La stessa comunicazione scientifica attraverso libri divulgativi e mass media tende a semplificare i temi e a riproporre quella idea di oggettività della Scienza che quasi sempre caratterizza la divulgazione; sostanzialmente occorre proporre letture semplici e “consolatorie” dell’evoluzione.

L’incertezza e il sapere di non sapere (o addirittura il sapere di non sapere di non sapere) sono bandite perché non rassicuranti: la posizione centrale dell’uomo nella natura non deve essere messa in dubbio, la conoscenza umana, quasi divina non è discutibile.

Le mie numerose esperienze, in parte raccontate in diversi contributi (Narducci, 2008, 2009; Narducci, Serrelli, 2012), testimoniano come il pensiero evoluzionistico declinato insieme alle visioni della vita sia portatore di riflessioni e ragionamenti particolarmente formativi; non occorre affermare e fare lezioni “cattedratiche”, ma solo mostrare problemi e fare in modo che gli studenti liberamente ne discutano.

 

 

 

Avviene, dalla scuola dell’Infanzia alle elementari, anche con i più piccoli che possono attraverso disegni o brevi riflessioni indicare la propria visione dell’evoluzione che indicherà anche la propria interpretazione della vita nel tempo.

Basta osservare alcuni dei disegni qui proposti per ritrovare visioni e considerazioni che ritorneranno nell’adulto e nella società nella quale viviamo:

Fig. 1 - Daniele, V Elementare, Monterotondo 25 maggio 2009

Fig. 2 - Davide, III Media, Monterotondo 25 maggio 2009

Fig. 3 - Marinella, III Media, Monterotondo 25 maggio 2009

Fig. 4 - Valentina, V Elementare, Monterotondo 25 maggio 2009

I disegni degli alunni qui proposti, risultato di mie esperienze come formatore, possono essere riferibili a tre problemi di ordine generale, che consentono di mettere a fuoco aspetti generali della teoria evolutiva e di intervento didattico successivo:


Trasformazione Vs Evoluzione: è facilmente osservabile una visione “trasformista” (vedi ad. es. evoluzione dell’uomo, e il disegno relativo all’evoluzione tecnologica risultato dell’intervento dell’uomo) rispetto ad un processo storico più complesso, meno gradualista, derivante dai processi selettivi spesso non continui e prevedibili. Questa visione di trasformazione lenta e graduale continua ad essere quella più diffusa e assimilata; la teoria evolutiva moderna individua invece storie più discontinue e non più definite dall’idea del progresso. 

Sviluppo individuale: in alcuni disegni viene accomunata l’idea di evoluzione con quella di sviluppo individuale (Ontogenesi), vedi uovo, pulcino e gallina; considerando l’età è evidente che il cambiamento dell’individuo è l’interpretazione più vicina alla sensibilità del bambino. Questa osservazione è interessante per poter proporre in maniera semplice alcune considerazioni relative all’Evo-Devo, moderna area disciplinare che mette insieme informazioni e teorie della biologia dello sviluppo con quelle della biologia evoluzionistica in senso stretto.

Evoluzione biologica Vs E. tecnologica: la visione antropocentrica in alcuni disegni è centrale: il cambiamento riguarda principalmente l’uomo e i suoi prodotti, specialmente quelli della vita moderna di tutti i giorni. L’idea del progresso evolutivo pervade diverse rappresentazioni: il percorso evolutivo dell’uomo è una storia di miglioramenti continui, secondo le nostre aspettative.


Nella scuola secondaria superiore intervengono riflessioni più mature e originali e si giunge ad osservazioni profonde, non più antropocentriche, ad esempio:

Fig. 5 - Giacomo, 17 anni, Roma, 3 febbraio 2004

-       Il significato della Scienza e l’approccio proposto agli studenti

 

“La Scienza è, io credo, nient’altro che senso comune praticato e organizzato, che differisce da questo solo come un veterano può differire da una recluta: e i suoi metodi si differenziano da quelli del senso comune solo come la schermaglia di un soldato differisce dal modo in cui un selvaggio maneggia il suo bastone.”

 

(T. Huxley, 1907, pag 17)

 

La didattica dell’evoluzione costituisce un chiaro esempio di come dovrebbe essere prospettata la Scienza attraverso i suoi complessi processi storici, per mezzo di ragionamenti riflessivi e autoriflessivi. Quante volte, quando sono riuscito a coinvolgere anche emotivamente gli studenti, ho avuto domande interessanti che hanno gettato una luce nuova su argomenti che immaginavo relativamente semplici, su argomenti che credevo relativamente semplici. E’ chiaro che è centrale una didattica anche della scoperta, non solo costituita da problemi e nozioni introiettate e assimilate criticamente. Diceva giustamente Peter Medawar che “la Scienza è l’Arte del solubile”; in questo senso l’insegnante dovrebbe portare il discente alle giuste domande, anche non insegnando! (vedi l’importante opera di Marcello Sala, 2007a, 2007b) attraverso i giusti contesti e la costruzione didattica con gli studenti non solo per gli studenti.

Le tematiche evoluzionistiche costituiscono una cornice importantissima per le interpretazioni dei processi e dei fatti biologici; attraverso l’approccio evoluzionistico utilizzato nella scuola anche con i più piccoli – la Teoria dell’evoluzione può essere mostrata fin dall’inizio – possono essere assimilati concetti complessi e profondi che riguardano il sistema dei viventi, le loro relazioni con l’ambiente e i processi storici che li caratterizzano. Con ogni evidenza attraverso queste proposte entrano in gioco i significati profondi della Scienza; l’utilizzo “democratico” alla portata di tutti è possibile: si possono raccontare i tentativi più o meno giusti di risolvere problemi che si prospettano nel tempo; sono discutibili con senso critico le teorie e i fatti che le sottendono; viene raccontata la storia non solo delle scoperte, ma anche degli uomini che le propongono.

Di conseguenza entra in crisi quell’interpretazione del sapere scientifico, come esclusivamente oggettivo, privo di soggettività; viene considerato centrale il ruolo e l’importanza dell’errore, aspetto centrale per la formazione di ogni individuo in tutte l’età. Nella Biologia evoluzionistica, infatti, vicino a concetti che costituiscono i nuclei fondanti dell’area, si dispiegano tantissime ipotesi che nell’arco anche di pochi anni sono considerate discutibili o sbagliate; contemporaneamente lo studioso serio, che è a conoscenza dell’intera letteratura sul tema, può recuperare vecchie ipotesi o teorie per avvalorare una interpretazione. Questo processo logico ed epistemologico è proponibile, ad ogni età, per mezzo dell’insegnamento della Teoria dell’Evoluzione.

 

 

-       La continuità didattica e lo sviluppo delle discipline biologiche

 

“Nothing in biology makes sense except in the light of evolution”

 

(T. Dobzhansky, 1973)

 

La riflessione sopra citata viene spesso tradotta in questo modo: “Nulla ha significato nella biologia se non alla luce dell’evoluzione”; se invece traduciamo e

comprendiamo meglio “makes sense” con “origina significato”, “costruisce significato”, indichiamo meglio il concetto del famoso evoluzionista che si occupò tra i primi in America della diffusione nelle scuole della Teoria evolutiva. Questa affermazione non è dogmatica ma, al contrario, riflette una posizione pluralista.

E’ evidente a chiunque che dall’inizio dell’affermarsi della teoria darwiniana sta avvenendo un continuo rimodellamento teorico delle strutture logiche, su basi che sono principalmente quelle del naturalista inglese.

La struttura della Teoria evolutiva nelle linee essenziali, costruisce interpretazioni possibili, connette aree disciplinari apparentemente lontane, mette insieme informazioni, teorie diverse in una visione il più possibile armonica: quello che dovrebbe avvenire anche a scuola, nei diversi cicli educativi, in maniera diversa, ma epistemologicamente in modo continuo nei diversi curricula delle diverse età. Non c’è dubbio che la divisione dei saperi, le nuove aree della conoscenza che si affacciano nella didattica stanno da una parte arricchendo l’offerta formativa, ma dall’altra, considerando le difficoltà del sistema scuola e degli operatori scolastici, polverizzano il sapere in una miriade di proposte talvolta poco armoniche e quindi poco formative. Questi problemi stanno influenzando tutti i livelli scolastici e l’educazione/formazione.

L’area della Biologia evoluzionistica potrebbe generare un nuovo modo di insegnare attraverso una comunità più armonica e cooperante, probabilmente l’aspetto più centrale di cui la scuola attualmente ha bisogno.

 

 

-       L’interdisciplinarietà attraverso la Biologia evoluzionistica

 

E’ evidente la possibilità di generare veri momenti di interdisciplinarietà in una cornice che può avere diverse configurazioni didattiche e essere riutilizzata in diversi contesti. Il contatto della teoria evolutiva con altre aree del sapere umano porta il docente insieme ai suoi alunni a esplorare territori complessi che riguardano le domande più difficili per l’uomo, domande spesso “indicibili”, relative all’etica e alle scelte più profonde da parte dell’individuo e delle società. Non bisogna aver paura di questi contatti: in queste occasioni didattiche escono fuori discussioni di alto valore formativo. Più volte mi è capitato di assistere a momenti che mi hanno stupito per la profondità raggiunta da parte degli alunni, inoltre è spontaneamente avvenuto un momento di autoformazione: mi sono balenate domande alle quali non avevo mai pensato, che mi hanno portato ad approfondire temi in maniera insolita!

Occorre però organizzare con rigore il preciso contesto educativo nei singoli e nel gruppo, senza banalizzare i concetti disciplinari, senza semplificazioni (questo si comprende sempre dal livello di richiesta e di approfondimento generato dagli alunni) cercando sempre di tenere alta l’attenzione, l’interesse e la precisione delle argomentazioni. Il metodo interdisciplinare diventerà così reale e saranno gli stessi discenti a comprenderlo a pieno, insieme ai loro docenti.

 

 

 -       Pensiero sistemico e biologia evoluzionistica

 

Nella didattica è assolutamente importante capire e valorizzare il pensiero sistemico/complesso. Gli studenti, anche i più piccoli, si esprimono senza particolari sovrastrutture, attraverso anche le conoscenze e l’esperienza pregressa; in questo contesto preliminare possono essere proposti i nuclei fondanti anche attraverso il senso comune. Successivamente con l’aumento della complessità dei temi e il loro sviluppo attraverso discussioni/lezioni, gli argomenti possono essere affrontati e articolati nei dettagli (vedi ad esempio esperienze didattiche in Narducci, 2008 e Narducci, Serrelli, 2012)

Il “gioco” linguistico della semplicità/complessità mi ha sempre stupito e fatto pensare: infatti gli studenti sono capaci, in opportune situazioni e cornici didattiche che l’insegnante deve costruire e facilitare, di elaborare ragionamenti profondi come l’adulto più maturo e critico che possiede un ricco bagaglio di esperienze e studi. Queste occasioni - spesso considerate nella scuola e dai singoli insegnanti una perdita di tempo - sono invece importanti per promuovere momenti di critica argomentata e costituiscono per qualsiasi insegnante un momento di crescita professionale e personale.

 

Un esempio di come gli studenti riescano ad interpretare anche in maniera spontanea e originale temi complessi presenti in Darwin, fin dall’inizio del suo “lungo ragionamento”, è il caso dei suoi Taccuini sulla Trasmutazione (De Beer, 1960).

 

Osservate ad es. queste argomentazioni di studenti del II Liceo Classico (un anno prima dell’Esame di Stato) sulla pag. 58:

 

“58. Quando uno vede i capezzoli sul petto di un uomo, non dice che abbiano un qualche uso, ma che il sesso non sia stato determinante.

 

    - lo stesso per le ali inutilizzate sotto le elitre di coleotteri

    - nati da coleotteri con ali e modificati.

    - Se si trattasse di semplice creazione,

                di certo sarebbero nati senza.”     (in De Beer, 1960)

 

 

Scrivono Allegra, Francesca, Flaminia, Letizia e Romano:

 

In questo testo Darwin si sofferma sull’esistenza di alcune parti del corpo apparentemente non funzionali, come i capezzoli nell’uomo o le ali inutilizzate dei coleotteri, collocate sotto le loro elitre. Dunque sottolinea che se gli individui, umani o animali, fossero stati generati da Dio, mediante l’atto della creazione, sarebbero nati certamente privi di tali elementi. Pertanto la presenza, ad esempio, delle ali nei coleotteri, è spiegabile se si ipotizza che essi siano nati da coleotteri con ali e modificati.

 

 

Siamo rimasti particolarmente colpiti da:

il carattere logico e sistematico dell’esposizione

i temi espressi attraverso esempi chiari e semplici

la confutazione della teoria creazionista”

 

 

Ma anche queste osservazioni proposte da Costanza, Giulia, Fabiana e Sara:

 

“Darwin in questo appunto cerca di dimostrare la propria teoria della trasmutazione delle specie contrastando quella creazionista: esistendo secondo lui esseri viventi propri di strutture non finalizzate (come i capezzoli degli uomini e le ali sotto le elitre dei coleotteri), non è possibile che siano stati frutto della creazione di un ente perfetto come Dio.

C’è quindi un cambiamento, sia nella visione che nella vita stessa del vivente, il quale non è più soggetto a ripetuti cambiamenti per ‘’migliorare’’, per arrivare a essere perfetto quasi quanto il Creatore. Ogni apparente imperfezione è simbolo di complessità, e ci trasmette la bellezza e la varietà della natura.

Questa visione puramente scientifica, svincolata dalla religione, è particolarmente importante perché è alla base di ogni teoria evoluzionista moderna, in cui gli elementi “casuali” sono strettamente intrecciati a quelli “prevedibili”, in una catena indissolubile che la ricerca scientifica sta ancora cercando di sciogliere.”

 

 

Il docente in questi casi rimane meravigliato dalla capacità di comprensione e rielaborazione degli studenti e sicuramente è contento di aver generato questo contesto epistemologico e pedagogico.

 

Le situazioni più interessanti per l’insegnante appassionato, interessato alla ricerca, sono le domande degli studenti che lo metteranno in difficoltà e che lo aiuteranno a sviluppare aspetti nascosti, poco noti, o addirittura, che lo porteranno a comprendere qualcosa di nuovo anche per lui - uno dei motivi per cui è bello insegnare!

 

 

Durante le mie esperienze didattiche sono sempre rimasto impressionato dalla bassa importanza attribuita da tanti docenti al tema della Biodiversità. Tematica che tocca non solo il valore di ogni singola specie, ma quello delle comunità, degli ecosistemi, degli ambienti; della posizione dell’uomo nei confronti delle altre specie, del valore della bellezza della vita (anche al di fuori di concezioni mistiche e/o religiose), dell’importanza di comprendere i legami tra i viventi, in quella che Darwin, chiamava, anche affettivamente, “la rete della vita”. E’ chiaro che se l’insegnamento della Diversità fosse solo un’elencazione di specie con descrizione morfologiche minuziose, tutto potrebbe apparire noioso e insignificante; se invece anche attraverso attività pratiche e esperenziali si riuscisse a stimolare capacità e competenze - che sono evidenti nei bambini più piccoli -, nella scuola superiore queste riflessioni potrebbero essere sviluppate ancora di più, recuperando concetti già espressi in un modo ancora più critico e maturo. Il cittadino inizierebbe quindi ad acquisire la giusta percezione dell’importanza della Biodiversità.

 

 

Abbiamo bisogno di recuperare il valore della Biodiversità, specialmente in un paese come l’Italia particolarmente ricco, troppo spesso costituito da cittadini che non conoscono e non apprezzano quello che hanno davanti agli occhi, addirittura nelle città che abitano.

“Ho fatto il serpente, la lince, la rana, i due ragni,
uno uccello con le ali chiuse, una scimmia,
un uccello con le ali aperte, una pterodattilo e… basta!”

Fig. 6 - Bambino della Scuola dell’Infanzia, Samuel, 5 anni, che interpreta con un disegno e con una frase, la sua visione della Biodiversità, Villanuova di Guidonia (Roma), 18 gennaio 2010

Nelle mie esperienze didattiche di docente entomologo ho spesso utilizzato i Coleotteri come esempio di biodiversità in un contesto evoluzionistico; ho anche pensato alla possibilità di toccare gli aspetti estetici conoscitivi, per mezzo dell’osservazione di strutture che solitamente meravigliano e entusiasmano per la loro bellezza, specialmente se osservate per la prima volta.

Ecco alcuni aforismi originali pensati per l’occasione, da studentesse del V Ginnasio, Liceo Classico (14-15 anni) per la Notte Bianca dei Licei (17 gennaio 2020):

 

“Se sei un insettofobico non hai mai visto la corazza di un coleottero.”

 

“La natura, eterna creatrice, ha riversato nel coleottero

la bellezza di cui l’uomo è in continua ricerca.”

 

 (Stefania, Gaia e Sofia, Roma, 17 gennaio 2020)

 

 

 

-       Epilogo personale

Fig. 7 – La casa di Roberta con uccelli che volano in stormo

Una bambina di 7 anni, Roberta, disegna la sua personale interpretazione del mondo, della propria casa, nel momento del pranzo, quando la mamma la chiama e lei, dalla finestra risponde: arrivo!

 

La giornata è serena, c’è un sole vivace anche se qualche cirro è presente nel cielo. Uno stormo di uccelli vola in formazione lineare, appena sotto le piccole nubi.

Che strano! Gli otto uccelli hanno tutti, quattro zampe e due ali!

 

La maestra di Roberta, Marina, quando vide il padre gli disse:

“Certo … da un padre naturalista non me lo sarei mai aspettato!”

 

Roberta è mia figlia!

 

 

-       Nodi irrisolti

 

[…]; se decidiamo di lasciar correre libere le congetture, allora gli animali sono nostri compagni, fratelli in dolore, malattia, morte e sofferenza e fame; nostri schiavi nel lavoro più faticoso, nostri compagni negli svaghi; dalla nostra origine essi probabilmente condividono un comune antenato; potremmo essere tutti legati in un’unica rete.”

 

(C. Darwin, Taccuino B, luglio 1837 – gennaio 1838, pag. 232)

 

“465. E se invece di: «Oggi si sa che ci sono oltre… specie di insetti»? si dicesse: «Io so che questo è un albero»? Se un tizio pronunciasse improvvisamente questa proposizione al di fuori di ogni contesto, si potrebbe credere che nel frattempo abbia pensato a qualcos’altro, e ora pronunci ad alta voce una proposizione tratta dal giro dei suoi pensieri. Oppure anche: che sia in trance, e parli senza pensare a quello che dice.”

(L. Wittgenstein, 1969)

 

 

Il “caso” della teoria evolutiva costituisce un esempio paradigmatico del problema educativo delle difficoltà di accettazione di un pensiero genuinamente sistemico: da una parte la crescente voglia di una scienza semplice e consolante di fronte alle difficoltà del mondo e della sua comprensione, dall’altra l’accettazione di interpretazioni, talvolta contradditorie e non “sicure”, che non riescono a soddisfarci e non stabilizzano le nostre conoscenze. Il pensiero evolutivo da questo punto di vista appare “incerto”, anche se basato su fatti inoppugnabili. L’evoluzione è un fatto, non solo una teoria; alcuni autori propongono un gruppo di teorie correlate evoluzionistiche (si parla infatti anche di “Evoluzionismi”), sottolineando il pluralismo e l’influenza da parte di altri aspetti gnoseologici e epistemologici. Inoltre la Società con il suo sviluppo e con i suoi periodi storici genera nell’approccio evoluzionistico e quindi nella proposta della Teoria evolutiva cambiamenti e sviluppi che non sono solo scientifici (quest’aspetto deve essere sottolineato nell’educazione e nelle proposte pedagogiche).

 

I problemi che ho cercato di toccare attraverso esempi e modalità didattiche sono profondi e probabilmente per alcuni aspetti irrisolvibili, fanno parte della Scienza e della sua Storia: occorre rivisitare la nostra posizione nei confronti del sapere, non solo per quello che riguarda la Scienza.

La Biologia evoluzionistica, per la sua stessa natura è disciplina storica; i processi di definizione e costruzione, spesso reticolari, tortuosi, sono anche contingenti, frutto del contesto storico nel quale si sono mossi i ricercatori; in questo senso la lettura “epica” che ce ne ha dato Stephen Jay Gould nella sua opera maggiore, finale della sua vita, è illuminante (Gould S. J., 2002) e l’incredibile opera di Ernst Mayr (1982) sul pensiero biologico dimostra ulteriormente quanto lo sviluppo della teoria sia intimamente intrecciato alla storia.

Occorrerà superare la proposta del pensiero scientifico solo come un insieme di fatti oggettivi correlati a teorie sicure, sempre vincenti; bisognerà accettare il territorio di confine della biologia evoluzionistica, costituito anche da ipotesi, congetture, ragionamenti abduttivi, alcune volte “voli pindarici” che portano a idee sbagliate e disorientanti.

 

Anche nel terreno educativo è importante seminare giusti dubbi e domande, alcune che porteranno ad errori che saranno però portatori di nuove originali ricerche e approcci pedagogici diversi da quelli del passato.

 

Probabilmente quando la scuola comprenderà fino in fondo l’importanza di un pensiero genuinamente interdisciplinare, frutto non solo delle competenze dei singoli, ma anche e specialmente di una armonica organizzazione del gruppo degli insegnanti, si riuscirà nell’intento principale, quello di formare persone delle diverse età attraverso i significati evolutivi.

Con l’augurio - specialmente per i miei lettori docenti, ma non solo - come diceva Giovanna, mia studentessa tanti anni fa, ora medico di base:

 

“Tutti gli insegnanti che ho avuto sono quotidianamente nel mio cuore e nella mia testa”!

 

 

         Il ruolo che hanno gli insegnanti nell’educazione e formazione del cittadino è centrale, sembra ovvio ma alcune esperienze scolastiche lasciano impronte sempre indelebili.

Pensate ad esempio in questo momento di Pandemia che cosa sarebbe potuto avvenire se il cittadino avesse avuto qualche minima nozione di base in più nell’ambito evoluzionistico: ad esempio il concetto di variabilità e mutazione come frutto del caso e della contingenza; se avesse compreso maggiormente i fenomeni selettivi, concetti quest’ultimi non sempre semplici e, per qualche aspetto, controintuitivi.

         Avrebbe compreso maggiormente quello che stava avvenendo e quello che potrebbe avvenire, senza avere pretese di definire il futuro, cercando di gestire meglio le proprie azioni, riuscendo in qualche modo a accettare le inevitabili incertezze; avrebbe potuto gestire le informazioni spesso forvianti, che veicolano un concetto di Scienza discutibile e lontano mille miglia dai percorsi conoscitivi delle comunità scientifiche. Avrebbe potuto ragionare in modo diverso sulla posizione dell’uomo nella natura, costituita anche dall’ “invisibile” mondo dei Virus che può anche crearci problemi seri.

        

 

Abbiamo compreso come nella Biologia evoluzionistica e nell’educazione alla Teoria dell’evoluzione sia importante organizzare contesti in grado di sviluppare vecchie e nuove domande.

Come anche di fronte a domande apparentemente inopportune o quasi scontate: “E il tavolo continua ad esserci anche quando mi volto, e anche quando nessuno lo vede? Qui [Wittgenstein, 1969, 314] l’insegnante deve tranquillizzarlo e dire «Ma certo che c’è!», - occorre distinguere e orientare la persona verso i fatti dell’evoluzione dei viventi e le possibilità di interpretarli, scegliendo principalmente le giuste domande con le possibili soluzioni.

 

315. Cioè, l’insegnante sentirà che, propriamente, questa non è una domanda legittima.

E sarebbe lo stesso se lo scolaro mettesse in dubbio la conformità a leggi della natura, e dunque la fondatezza delle inferenze induttive. - L’insegnante avrebbe la sensazione che questo non faccia altro che ostacolare lui stesso e lo scolaro, che in questo modo lo scolaro s’incepperebbe nel proprio apprendimento, e non progredirebbe. E avrebbe ragione. – Sarebbe come se qualcuno dovesse cercare un oggetto nella sua stanza: apre un cassetto e vede che lì non c’è; lo richiude di nuovo, aspetta e poi lo riapre di nuovo, per vedere se per caso non ci sia, e va avanti così. Non ha ancora imparato a cercare. E così, quello scolaro non ha ancora imparato a porre domande. Non ha imparato il giuoco. Che noi vogliamo insegnargli.”

 

(L. Wittgenstein, 1969)

 

 Bibliografia