Riflessioni Sistemiche n° 25


Maestri e mentori.
Visioni sistemiche attraverso le generazioni

René Girard: un viaggio dall’invidia al risentimento


di Stefano Tomelleri


Professore Università degli studi di Bergamo

Sommario
La costruzione di una teoria non è mai solo l’espressione della speculazione razionale. È anche la storia degli incontri e delle relazioni che hanno segnato la biografia del suo autore. Questo è valido per ogni teoria, ma in particolare per la teoria mimetica di René Girard, che indaga i desideri interindividuali. Interrogarsi sui fondamenti del pensiero di questo gigante della cultura moderna ha significato per me inevitabilmente ripercorrere le tappe principali del legame con il mio maestro, dal nostro primo incontro fino alla sua scomparsa nel 2015.

 

Parole chiave
Mimesi, Capro Espiatorio, Invidia, Risentimento, Minimalismo, Interazioni sociali.

 

Summary
The construction of a theory is not only the expression of the rational speculation. Every theory is the story of the relationships that build the biography of its author. This is valid for every theory, but especially for the mimetic theory of René Girard, which investigates the interindividual desires. Exploring the foundations of this giant of modern culture has meant for me inevitably return on the principal steps of the relation with my mentor, from our first meeting until his death in 2015.

 

Keywords
Mimesis, Scapegoat, Envy, Ressentiment, Minimalism, Social Interactions.


 

René Girard è stato un grande maestro del pensiero contemporaneo, eletto tra i 40 membri della prestigiosa Académie Française nel 2005. La sua opera ha profondamente influenzato più di una generazione di studiosi, nei più svariati ambiti disciplinari, dalla letteratura alla psicanalisi, dalla filosofia alla sociologia (Palaver W., 2013).

Per me è stato ed è tuttora un maestro. Avevo 26 anni quando l’ho incontrato per la prima volta all’Università di Stanford in California, dove ha insegnato per trent’anni. Il ricordo del nostro incontro è ancora vivido.

 

Avevamo un appuntamento per un’intervista che è stata pubblicata dalla rivista Pluriverso, allora diretta dal filosofo Mauro Ceruti (Tomelleri S., 1998). Eravamo seduti sui gradini della libreria del campus universitario, quando lo stavo ascoltando, rapito dal suo pensiero, semplicemente lucido, che rifletteva una serena consapevolezza delle incalcolabili implicazioni della sua “scoperta scientifica”: la teoria mimetica del capro espiatorio.

 

 

La rivoluzione copernicana della rivelazione evangelica 

La teoria mimetica, secondo René Girard, è debitrice della rivelazione evangelica, che ha operato una «rivoluzione copernicana» in merito al nostro modo di concepire le relazioni umane e il desiderio.

La rivelazione di Cristo ha messo a nudo l’incapacità degli uomini di riconciliarsi senza esclusioni, sacrifici, uccisioni e soprattutto senza capri espiatori. Il punto centrale della sua prospettiva è semplice: ogni mito nasconde un atto di violenza ai danni di una vittima; questa vittima, la maggior parte delle volte, è messa a morte in modo tale che la sua fine si riveli salvifica per la comunità che l’ha eliminata; la sua esecuzione, inoltre, è avvolta da un alone di mistero e di sublimazione, tale per cui la vittima stessa riconosce in sé la “colpa” che le è stata attribuita (Girard R., 1986).

È proprio qui che si inserisce la scandalosa novità cristiana. Cristo ha resistito alle accuse, si è dichiarato innocente, e inoltre non ha ceduto a propria volta al desiderio di vendetta. In questo modo, secondo Girard, ha impedito ai suoi persecutori di portare a compimento il ciclo della persecuzione, di completare efficacemente il processo di esclusione del capro espiatorio. Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla visione antropologica presente nella tradizione giudaico-cristiana del Vecchio e Nuovo Testamento. Tale consapevolezza, secondo Girard, riguarda la scoperta di un modello teorico delle relazioni umane (Astell A., 2018), in altre parole “il desiderio mimetico”.

 

 

L’invidia e il desiderio mimetico 

Quando René Girard si accingeva a spiegare il desiderio mimetico si capiva, perché assumeva uno sguardo investigativo e malizioso. Per lui, disvelare il meccanismo del desiderio era un gioco di astuzia alla ricerca della verità, tra lui e il suo interlocutore. Lo scopo era smascherare gli inganni del desiderio mimetico (Girard R., 1966). Per cogliere gli indizi utili a riconoscere il desiderio mimetico, mi insegnò che prima era necessario comprendere il tabù dell’invidia.

Tutti conosciamo l’invidia. Eppure, mi disse, raramente sentirai dire da qualcuno che è invidioso; anche se ognuno di noi è stato invidiato, chi per ciò che possiede, chi per il proprio status sociale, chi per i propri successi professionali o per altro. Nessuno esita a ostentare quanto è invidiato, ma stranamente nessuno confessa la propria invidia.

La spiegazione di questo paradosso risiede nella stessa concezione di reciprocità alla base dell’idea di mimesi. Il soggetto desidera l’oggetto perché l’altro lo desidera, o lo possiede. Scegliendo un modello, il soggetto si sceglie automaticamente un rivale, un ostacolo. Ammettere la propria invidia verso qualcuno significa allora ammettere la propria inferiorità verso il modello mimetico. Affermare di essere invidiati significa vantarsi del proprio ruolo di modello, ma contemporaneamente implica negare all’altro la possibilità di essere un modello.

L’invidia nega, in altri termini, la reciprocità di cui si alimenta. Negare all’altro il ruolo di modello significa negare la condizione sociale e relazionale del desiderio, secondo il paradosso: ti invidio in quanto sei mio modello, non lo confesso in quanto sei mio rivale.

René Girard ha introdotto una rottura profonda rispetto alla tradizione sociologica e all’immagine classica dell’imitazione, strettamente legata a un’idea passiva di imitazione. La dimensione attiva e ambivalente dell’imitazione, che sottende l’idea di mimetismo, si coglie invece nella dinamica dell’invidia, che riveste un ruolo paradossale. Nella teoria mimetica è sempre determinante la mediazione di un terzo. Il modello/ostacolo indica che cosa desiderare al soggetto desiderante, secondo la definizione di desiderio secondo l’altro, perciò ogni desiderio nasce nel segno di una mediazione.

Eppure, sarebbe un errore ipotizzare che la mediazione mimetica determini in modo univoco l’esito della relazione. Essa non conduce necessariamente alla rivalità. La mediazione è ambivalente, può favorire, ad esempio, l’imitazione positiva. Ciò accade nella relazione tra il maestro e il discepolo, dove l’ammirazione del discepolo per il maestro è il motore del suo apprendimento e della sua crescita personale.

Il desiderio del discepolo di essere come il maestro, si trasforma spesso in affetto, e non in rivalità, perché le differenze di età, di esperienza, di competenza, pongono tra i due una distanza di sicurezza.

 

 

La mediazione positiva tra maestro e allievo: Sergio Manghi e il sapere delle relazioni 

Il mio incontro con René Girard è la storia di almeno due mediazioni mimetiche con modelli positivi, che hanno arricchito la mia relazione con il pensiero dello studioso francese.

La prima e fondamentale è stata con Sergio Manghi, professore di Sociologia della conoscenza all’Università degli studi di Parma, che mi ha seguito nella mia tesi di laurea prima, e nella mia tesi di dottorato, poi. Avrei voluto laurearmi con una tesi sull’opera di Edgar Morin, altro grande studioso francese del ‘900. E mi rivolsi a Sergio Manghi, che agli inizi degli anni Novanta del Novecento invitò Edgar Morin all’Università di Parma per un ciclo di lezioni. Nel corso del ricevimento mi propose la lettura de Il capro espiatorio di René Girard e mi invitò a pensarci, ma soprattutto mi sollecitò a leggere quel testo a partire dal pensiero sistemico e della complessità. Inutile dire che fu un incontro illuminante, che ha segnato l’inizio del mio percorso intellettuale e di ricerca.

A partire dalle letture di Gregory Bateson, Edgar Morin, Jean Pierre Dupuy suggerite da Sergio Manghi ebbe inizio il mio incontro intellettuale con l’opera di René Girard (cfr. Manghi S., 2010). Da lì, la pubblicazione nel 1996 del mio primo libro, René Girard. La matrice sociale della violenza, edito da Franco Angeli, nella collana dell’Istituto di Sociologia dell’Università di Parma. E fu grazie a questo libro che ebbi l’occasione di conoscere e di iniziare a frequentare René Girard. Infatti, gli avevo spedito una copia del libro all’Università di Stanford dove era professore emerito e mi rispose invitandomi a conoscerlo di persona.

 

 

Il minimalismo e le metamorfosi del mimetismo 

L’incontro con questo maestro del Novecento fu sorprendente: si poteva cogliere nei suoi modi la consapevolezza dell’enorme influenza che il suo pensiero aveva avuto e continuava ad avere su molti giovani studiosi, e non solo. Eppure, il suo modo di porsi non era snob, né tanto meno ostentava il suo straordinario successo. La sua scoperta del capro espiatorio lo aveva reso prudente verso ogni forma di mitizzazione. Conosceva molto bene le insidie dell’idolatria, anche intellettuale. Mi invitava sempre a guardare oltre all’idea mitica che mi ero costruito leggendo i suoi libri. Questo era il suo modo di porsi per condurmi nei meandri del mimetismo. 

Il soggiorno all’Università di Stanford sotto la guida di René Girard mi permise di accedere a fonti bibliografiche e ricerche ancora inedite in Italia. Era solito farmi esempi letterari, la sua grande passione, ma sapendo che ero un sociologo, cercava anche di farmi degli esempi riconducibili alle interazioni di vita quotidiana.

 

Nel corso delle nostre conversazioni, René Girard mi propose la lettura di un suo saggio sui disturbi alimentari e il desiderio mimetico, pubblicato nella sua prima edizione nel 1996 (poi Girard R., 2013), sulla appena nata rivista Contagion, Journal of Violence, Mimesis and Culture, https://muse.jhu.edu/journal/385, che da allora avrebbe raccolto i contributi degli studiosi della teoria mimetica di tutto il mondo. Mi suggerì questa lettura perché, secondo lui, era la più interessante per un giovane sociologo. In particolare, mi invitò a indagare uno dei nodi teorici più avvincenti e problematici dell’architettura teorica del suo pensiero.

Il problema, secondo Girard, era l’affermarsi di una nuova forma di mimetismo: il minimalismo. Questa tendenza mimetica è un modo sofisticato di rinunciare ai beni di consumo di massa, in contrasto con l’ostentazione dei nuovi ricchi della fine del novecento. Nella società moderna e capitalista il consumo all’inizio è una forma di ostentazione della ricchezza individuale, di ricerca del prestigio, che riguarda solo i ricchi, in seguito coinvolge la classe media e infine la società di massa. Chi consuma è invidiabile e invidiato, si stabiliscono perciò delle stratificazioni tra chi ha e chi non ha potere di acquisto, tra chi ostenta ricchezza e chi non può permetterselo. I beni di consumo sono a loro volta causa di nuove insoddisfazioni per i desideri inappagati, ma, allo stesso tempo, diventano la possibilità della loro trasformazione in modelli culturali e stili di vita consumistici. Nella società contemporanea il consumo di massa evolve e tende ad assumere delle forme ossessive. Perché non si tratta solo di soddisfare un desiderio di centralità sociale, ma di desiderare in modo insaziabile, preoccupandosi di essere adeguati e sufficientemente volubili per non fissarsi su un oggetto o una moda: sentirsi pronti a cogliere l’occasione giusta per essere all’ultima moda, in una rincorsa frenetica, che libera l’ansia, trasformandola in maniacale capriccio.

Le nevrosi non dipendono più, come aveva intuito Freud, dal controllo esercitato dalla civilizzazione, ma dalla crescente diffusione di una continua rinnovata competizione per l’affermazione di sé, che influenza profondamente le traiettorie biografiche. Il minimalismo diventa una strategia d’interazione alla moda, dove la rinuncia a tutto ciò che è materiale, in un’ossessiva ricerca del “sempre meno”, è un modo per essere considerati superiori e unici rispetto a tutti gli altri, considerati anonimi e massificati. Questa cultura del “sempre meno” ha prodotto stili di interazione ossessivi e autodistruttivi: una delle derive del minimalismo, secondo Girard, sono i disordini alimentari dell’anoressia e della bulimia nervosa.

 

 

L’intreccio tra storia e desiderio, secondo Paul Dumouchel 

Il dialogo con Girard sul minimalismo e sull’evoluzione del mimetismo in relazione alle trasformazioni sociali si arricchì della mediazione di Paul Dumouchel, professore di Filosofia, all’Università di Québec a Montreal. Lo conobbi in uno dei tanti convegni organizzati dall’associazione internazionale COV&R, che riunisce centinaia di studiosi da tutto il mondo che attraverso un approccio interdisciplinare si ispirano alla teoria mimetica per studiare i rapporti tra violenza, religione, società (https://violenceandreligion.com/).

Paul Dumouchel allievo di Jean Pierre Dupuy e autore con lui di uno straordinario libro che reinterpreta la teoria mimetica a partire dalle teorie della complessità, L’Enfer des choses, René Girard et la logique de l’économie (Seuil, 1979). Quando arrivai per la prima volta all’Università di Québec, con la neve ancora alta all’inizio di aprile, Paul Dumouchel mi accolse nel suo ufficio con un grande senso di ospitalità. Negli anni, le tante occasioni di incontro, di confronto, di viaggio trasformarono il nostro rapporto di discepolo-maestro, in un forte rapporto di amicizia, che dura ancora oggi.

Non ricordo in quale occasione, Paul Dumouchel mi suggerì di ricercare una costante nelle diverse forme che il mimetismo assume nella società contemporanea. Immerso in questa atmosfera creativa, confrontandomi con lui e con i tanti colleghi provenienti da paesi differenti e con approcci disciplinari tra i più vari, dalla teologia all’antropologia, dalla psicanalisi alla scienza politica, feci quella che per me è stata una scoperta scientifica che sta tuttora segnando il mio percorso di ricerca. La scoperta del risentimento, metamorfosi moderna del mimetismo (Tomelleri S., 2018; 2015; 2013; 2005). Nei meandri di una società consumistica, apparentemente egualitaria e libera, Girard scopre che la concorrenza mimetica è esasperata dall’individualismo estremo. Le probabilità del fallimento aumentano, così come il senso di impotenza.

Il risentimento è una forma mimetica di chi desidera in modo esasperato la propria autorealizzazione, ma si scopre come paralizzato da una tristezza radicale e profonda. Si pensa unico e autonomo, ma si scontra ovunque con rivali in competizione, ciascuno alla ricerca della propria autorealizzazione (Tomelleri S., 2015; 2013).

Il risentimento ha implicazioni psicologiche profonde, ma Paul Dumouchel mi insegnò che la teoria mimetica permette a noi studiosi di scienze sociali di comprendere in che modo le grandi trasformazioni storiche e sociali modificano i nostri desideri e viceversa (Dumouchel P., 2015).


 

Alla ricerca del risentimento 

Da qui la mia ricerca, insieme a René Girard, di altri suoi saggi, dove si potessero comprendere le strategie di interazione del desiderio mimetico in relazione alle trasformazioni storiche. Nelle varie epoche storiche, per la sua natura evolutiva, il desiderio mimetico infatti assume differenti e specifiche strategie di interazione. Nelle società pre-cristiane il mimetismo è controllato dal sapere religioso: i rituali, i divieti sacri, i tabù, ma soprattutto il processo vittimario del capro espiatorio, come abbiamo detto, svolge una funzione di contenimento e catarsi della rivalità interna alla comunità. Ma dopo il messaggio cristiano il legame tra sacro e violenza si trasforma. La violenza persecutoria diventa incapace di rigenerare e rinsaldare la comunità. Sebbene il processo vittimario continui a produrre capri espiatori, non vi è più alcuna espiazione. Nel mondo moderno si fa strada un’attenuazione dei divieti assoluti, dei tabù, e le differenze si moltiplicano. In altre parole, avviene una liberazione del desiderio. Questa liberazione è dovuta all’affermarsi del cristianesimo e alla sua erosione del sacro tradizionale. La liberazione del desiderio è fonte sia del carattere dinamico e innovativo della modernità, sia delle angosce, delle paranoie e delle psicopatologie che si diffondono nell’epoca moderna. C’è più ricchezza, più benessere, sempre più consumo, ma esistono anche escalation competitive più sotterranee e negative.

Parlando con René Girard, ripercorrendo con lui alcune tappe importanti del suo percorso intellettuale, arrivai alla conclusione che, oltre al saggio dedicato ai disordini alimentari, altri due saggi in particolare, Camus’s Stranger Retried del 1964 e Système du délire - à propos de L'anti-Oedipe del 1976, erano decisivi per la comprensione del risentimento mimetico.

Nel saggio dal titolo Camus’s Stranger Retried, Girard (1964) studia la strategia mimetica di Meursault, il protagonista del romanzo L’étranger di Albert Camus. Il protagonista è un solitario che manifesta una profonda indifferenza nei confronti delle altre persone. Meursault accusa la società di incomprensione. Perché la società non accetta il suo modo di essere: indifferente e in disparte. In realtà la società contemporanea non ha nulla da eccepire nei confronti delle persone che si comportano come Meursault.

Girard dimostra che la solitudine di Meursault è una strategia del risentimento nei confronti della società. Perché il solipsista è indifferente, ma si aspetta il riconoscimento dagli altri. Vuole l’attenzione degli altri per appagare la sua vanità. Questa è la strategia mimetica del solipsista. Girard mostra che il solipsista è intrappolato in una contraddizione: egli non vuole essere solo, vuole essere visto nella società, mentre sceglie la solitudine. Il suo rifiuto degli altri, secondo Girard, rivela la frustrazione del suo reale desiderio: quello di essere desiderato dall’altro.

Nel saggio dal titolo Système du délire - à propos de L'anti-Oedipe, Girard (1976) analizza la strategia mimetica dell’anticonformista. L’opera L'anti-Oedipe di Deleuze e Guattari ebbe un ruolo culturale importante nella fase storica del 1968. Il libro ebbe un enorme successo. Acclamava la “liberazione del desiderio”. L'anti-Oedipe, secondo Girard, perpetua la vecchia illusione romantica e libertaria di un desiderio necessariamente buono e pacifico. Il desiderio procurerebbe la felicità, se non fosse ostacolato e represso dalla tradizione giudaico-cristiana. Il rifiuto del modello, secondo Girard, è tutt’uno con la creazione del rivale/ostacolo. La ricerca ossessiva della trasgressione è un modo per poter prolungare il desiderio, naturalmente. La negazione delle proprie radici, la pretesa di una piena autosufficienza, il nichilismo, sono per Girard strategie del risentimento verso tutto ciò che ostacola il desiderio. Gli altri diventano tanti rivali che ci umiliano, inducendo in noi un legittimo risentimento.

L’esito di questa ricerca sulle strategie di interazione del risentimento è stato pubblicato dall’editore Raffaello Cortina con il titolo Il risentimento nel 1999. In quel libro, si condensa un percorso di ricerca e di incontri personali che hanno segnato la mia biografia intellettuale di studioso delle scienze sociali. Senza l’amicizia e il supporto di Sergio Manghi, i consigli e le supervisioni di Paul Dumouchel, ma soprattutto senza la guida di René Girard non avrei mai compreso che quei tre saggi, qui brevemente richiamati, aprivano la strada a un nuovo modo di fare ricerca nelle scienze umane e sociali.

 

 

L’ambivalenza del risentimento 

La scoperta del risentimento, come metamorfosi del mimetismo, mi ha permesso di comprendere che alla fine risentirsi dipende dalle opportunità perdute; quando sentiamo di non essere in grado e non sappiamo come stabilire un legame positivo con gli altri. Il risentimento non è solo un male o un'emozione con un valore negativo (Tomelleri S., 2015). Può essere il motore del cambiamento, ma richiede un orientamento culturale e valoriale che lo renda possibile.

René Girard ha compreso che i principi fondanti di questo orientamento sono da ricercare nella rivelazione evangelica e nella sua manifestazione storica. Per Girard, i Vangeli mostrano una nuova prospettiva che consente una rielaborazione evolutiva e costruttiva delle trappole e delle insidie del mimetismo (Antonello P., Gifford P., 2015).

Accogliere il profondo bisogno dell'uomo di realizzarsi attraverso l'altro, il desiderio di essere secondo l’altro, può rivelarsi un valido aiuto per dare valore alla democrazia, ai diritti umani, alla giustizia. Questo non significa ritirare lo sguardo dalle derive distruttive del desiderio mimetico, perché quegli "scantinati" non possono essere separati dalla dignità delle nostre debolezze, della nostra fragilità; in una parola, dalla dignità della nostra umanità.

Per fare questa scelta dobbiamo studiare la condizione umana, senza nasconderci dietro falsi moralismi. Il risentimento non ci condanna solo al fallimento.

La condizione umana, con tutte le sue miserie, indica anche il desiderio di cambiare: soffrendo, provando rabbia e frustrazione, siamo legati l'uno all'altro alla ricerca di modificare il contesto in cui si vive. Questo è un primo passo obbligatorio per uscire dal circolo vizioso del risentimento nell'ardua ricerca di una sua risoluzione (Tomelleri S., 2019).

 

 

L’invito a superare un concettualismo in declino 

René Girard è stato al mio fianco in questo cammino di ricerca, per sua natura senza fine, sino agli ultimi giorni della sua vita. Nella prefazione al mio saggio Ressentiment (2015), René Girard concluse le sue riflessioni incoraggiandomi a vedere nel mio lavoro un avanzamento nella scienza del mimetismo: “Bisogna vedere in quest’opera un avanzamento di grande importanza verso la nuova scienza dei rapporti umani, che inizia a rimpiazzare, nella sua opera in particolare, tanto la sociologia quanto la psicologia, e tutte le discipline ancora improntate su un soggettivismo e un concettualismo in declino. Questa ricerca, così rigorosa quanto brillante, costituisce una tappa importante nell’indispensabile superamento delle prospettive del XX secolo”. Non sono certo di aver compreso, allora come oggi, tutte le implicazioni di questa sua generosa considerazione. Forse, ero troppo lusingato di ricevere un simile riconoscimento dal mio grande maestro per comprendere, a mente lucida, il senso profondo delle sue parole. Ma anche oggi, dopo più di vent’anni di ricerche, sebbene riesca a guardare a lui con uno sguardo più distaccato, le sue parole, i suoi sguardi risuonano in me. E per quanto possa aver contribuito con la mia ricerca all’avanzamento della teoria mimetica, ancora oggi, come allora, non posso che immaginarmi come un apprendista stregone dell’universo misterioso del mimetismo.

 

 

Bibliografia