Laureato in Pedagogia e in Filosofia, Mediatore Familiare Sistemico Globale e Didatta-Formatore A.I.M.S., Conduttore Gruppi di Parola per figli di genitori separati, Supervisore per Assistenti Sociali ed altri professionisti del Sociale IRS (Istituto per la Ricerca Sociale), Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna.
Sommario
I Servizi Sociali, Sanitari e i Tribunali che si occupano della protezione e tutela dei minorenni, oggi sono chiamati a ridefinire il “senso” delle procedure e delle prassi, con l’obiettivo di salvaguardare i legami familiari attraverso percorsi costruttivi e riparativi per i genitori fondati sulla capacità di apprendere atteggiamenti e comportamenti funzionali alla crescita e allo sviluppo dei figli.
Parole Chiave
sistemi, tempo, minori, genitorialità e famiglia, valutazioni, riforma Cartabia, apprendimento, sviluppo.
Summary
Social Services, Health Services, and the Courts responsible for the protection and safeguarding of minors are today called upon to redefine the "meaning" of procedures and practices, with the aim of safeguarding family ties through constructive and restorative approaches for parents based on the ability to develop attitudes and behaviors that are functional to their children's growth and development.
Keywords
systems, time, minors, parenting and family, assessments, Cartabia reform, learning, development.
Introduzione
Approssimarsi alla tematica della tutela dei minori significa innanzitutto esplorare un complesso e delicato sistema nel quale le parti interagenti non sono solamente interconnesse, ma trovano il senso del proprio lavoro nella dimensione dell’incontro e nello scambio dei saperi tra professionalità diverse.
L’obiettivo di questo contributo è quello di sollevare riflessioni e interrogativi e non certo di esaurire la tematica della tutela delle persone di minore età. Un contributo che alla luce della recente riforma Cartabia si propone di tracciare alcune direttrici che vedranno il loro sviluppo nel corso dei prossimi anni.
Con la cautela e la consapevolezza di trattare un argomento altamente complesso, ritengo che possa essere utile riprendere alcune riflessioni che nel corso degli ultimi anni, a dir vero anche prima della stessa Riforma Cartabia, erano al centro dell’interesse degli addetti ai lavori.
Certamente se si può parlare di crisi della tutela minori, questa si sta connotando sempre di più come un’importante occasione per valutare i percorsi sin qui fatti sia dal punto di vista giuridico sia per quello che concerne l’operato dei Servizi chiamati alla osservazione, verifica e valutazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale.
Ad una parte introduttiva destinata a tracciare, in modo schematico si intende, i presupposti e i principali cambiamenti introdotti dalla Riforma, seguirà un’analisi più compiuta e particolareggiata del ruolo che i Servizi hanno assunto in questi ultimi anni e di come possono evolvere.
La riflessione che segue sottolinea che - accogliendo le necessarie modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia – è fondamentale non dimenticare, o disconoscere, gli enormi passi che sono stati compiuti proprio da parte dei Servizi Socio-Sanitari per rendere sempre più specifico e puntuale il lavoro sulla valutazione e sugli interventi volti al sostegno delle famiglie, dei genitori e dei minori.
Questo ultimo passaggio vuole proprio sottolineare che se di una crisi occorre e si può parlare, questa può essere considerata come un kairos, un tempo opportuno e propizio, per poter coniugare e bilanciare non solo i diritti degli adulti e quelli delle persone di minore età, ma anche la necessità di compiere una precisa valutazione al fine di predisporre strumenti e tempi per poter sostenere il recupero delle competenze relazionali superando quelle vulnerabilità che contraddistinguono la fatica delle relazioni genitore e figlio.
Per affrontare tale percorso ci faremo indirizzare da alcuni quesiti di fondo:
Come si sta trasformando la struttura che connette il tempo del giudizio con i tempi connessi ai cambiamenti dei sistemi familiari?
Come si sta trasformando il lavoro dei Tribunali e quello dei Servizi Socio-Sanitari?
Quanto, nel processo che va dalla valutazione agli interventi dei Servizi, risulta necessario salvaguardare per evitare di snaturare il lavoro degli operatori sociali oltre che perdere l’occasione per un superamento del pregiudizio in un’ottica di rinforzo e sostegno dei legami familiari?
1. La riforma Cartabia
Il D.Lgs. n. 149 del 2022, adottato in attuazione della L. n. 206 del 26 novembre 2021, che si è data il compito di perfezionare l’efficienza del processo civile introducendo misure di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie, ha dato avvio a una serie di modifiche sostanziali e di conseguenza anche procedurali, soprattutto all’interno dei procedimenti che riguardano la persona e la famiglia, coinvolgendo inevitabilmente anche quelli inerenti alla tutela delle persone di minore età.
Insieme alla revisione del processo civile, la Riforma interviene normando le procedure del rito familiare, della giurisdizione dei diritti delle persone e dei minorenni e delle relazioni familiari attraverso l’istituzione del Tribunale per le Persone, i Minorenni e per le Famiglie.
Va ricordato che in questo momento siamo in una fase di passaggio nella quale si alternano cambiamenti che sono già avvenuti ad altri che vedranno il loro completamento nel tempo.
Delineando i principali punti della riforma, concentreremo la nostra attenzione su quegli elementi che, a nostro avviso, emergono come essenziali rispetto al contributo di riflessione che sosteniamo.
L’obiettivo cardine della Riforma è quello di condurre alla maggiore efficienza e razionalizzazione i procedimenti giudiziari, nel rispetto delle garanzie del contraddittorio e nell’ottica di una riduzione dei tempi nei processi e una ottimizzazione delle risorse.
Le nuove norme prevedono la riunificazione dei procedimenti delle procedure di separazione e divorzio, consentendo una gestione più rapida e integrata, superando di fatto la frammentarietà e le diversificazioni dei riti nei procedimenti de responsabilitate di cui agli art. 330 ss. del Codice Civile.
Viene inoltre normato che al giudice delegato dal collegio viene conferito il compito e il potere di istruire il procedimento adottando autonomamente decisioni quali: nominare il curatore speciale del minore e il tutore provvisorio; adottare provvedimenti a tutela dei minorenni, ascoltare il minorenne, tenere l’udienza di comparizione delle parti, ammettere istanze istruttorie, incaricare il Consulente Tecnico d’Ufficio, delegare indagini ai Servizi Sociali. La decisione finale è rimessa al collegio, al quale il giudice relatore dovrà riferire gli esiti del procedimento nella camera di consiglio che provvede ad assumerla e in questo modo formulare attraverso un decreto le decisioni prese.
Va inoltre ricordato che nel nuovo rito è prevista la possibilità di proporre reclamo avverso tutti i provvedimenti provvisori adottati dal giudice, all’esito della prima udienza di comparizione delle parti, nonché avverso tutti quelli emessi in corso di causa, qualora abbiano contenuti decisori particolarmente incidenti sui diritti dei minorenni.
Di estrema importanza è l’indicazione da parte del Giudice, quando dispone l’intervento dei servizi sociali o sanitari, di specifiche e ben declinate attività istruttorie e di valutazione, fissando i termini entro cui i servizi sociali o sanitari devono depositare una relazione periodica sulle attività svolte, nonché quelli entro cui le parti possono depositare memorie.
Nel merito della redazione delle relazioni che tali Servizi hanno l’obbligo di depositare nei termini prestabiliti, sono state previste precise e chiare indicazioni per la stesura degli esiti delle osservazioni e delle valutazioni. Come viene indicato nell’art.473 – bis 27 della riforma Cartabia, L. n. 206 del 26.11.2021, nelle relazioni sono tenuti distinti i fatti accertati, le dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi e le eventuali valutazioni formulate dagli operatori che, ove aventi oggetto profili di personalità delle parti, devono essere fondate su dati oggettivi e su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica, da indicare nella relazione.
Tale indicazione riveste una significativa importanza perché, fondando le valutazioni su dati oggettivi, su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica, gli esiti dell’attività istruttoria si configurano come una garanzia non solo di uniformità delle valutazioni ma anche della possibilità di rendere gli stessi risultati come “comprensibili” e “condivisibili” anche da coloro che non possiedono competenze tecniche peculiari dell’operato degli specialisti in materia psicologica, pedagogica e sociale.
2. Genitorialità
Prima di addentrarci nel processo che connota la valutazione dei sistemi familiari e nello specifico delle competenze genitoriali, riteniamo necessario offrire alcuni spunti di riflessione sulle tematiche della genitorialità, che proprio per la sua complessità, rappresenta una sfida per le diverse professionalità che vengono chiamate a valutarla e a definirla.
Per aiutarci a delimitarne il campo strettamente connesso con le nostre analisi prenderemo spunto da alcune definizioni o “letture” di carattere prevalentemente psicologico e giuridico.
Secondo quanto definito dalla dott.ssa Fava Vizziello (Fava Vizziello G.M. 2009, slide n.3) essa si connota come “funzione processuale composita, risultato dell’interazione fantasmatica e reale tra quel particolare figlio – con bisogni specifici legati all’età – e quel genitore, diversa in ogni momento della vita, se pure con una sua stabilità di fondo: essa ha a che fare non solo con l’osservazione dell’hic et nunc della relazione che il genitore ha costruito con il figlio, ma anche con l’infanzia del genitore stesso e quindi con le influenze tra le generazioni E’ funzione processuale, contestuale, relazionale, storica e preesistente alla nascita e/o all’adozione del figlio. È altresì il risultato di una relazione sempre almeno triadica ed è condizionata dai modelli culturali, dalla personalità del genitore, dalle relazioni che egli stesso ha avuto come figlio, dalla coniugalità e cogenitorialità della specifica coppia nonché dal temperamento e da eventuali e specifiche problematiche riguardanti i minori (portatori di disabilità fisiche e/o mentali) e relative alle diverse fasi evolutive.”
Quello che emerge da tale definizione è la pertinenza di alcuni concetti fondamentali alla nostra analisi.
I primi più rilevanti sono quelli di funzione e relazione. Entrambi richiamano non tanto i genitori e i figli nella loro individualità, quanto piuttosto quello che inerisce all’interazione tra le parti del sistema familiare. Relazione e funzione, quindi, evidenziano quello che Daniel Stern ha chiamato la “qualità dell’essere con” e che richiama l’articolata relazione tra il bambino con le figure di attaccamento. In particolare, l’autore fa riferimento alla qualità del rapporto che intercorre tra il bambino e le figure che si prendono cura di lui, in una danza intersoggettiva nella quale il bambino si sintonizza con la madre che a sua volta si sintonizza con il figlio: “la nostra vita mentale è frutto di una co-creazione, di un dialogo continuo con le menti degli altri, che io chiamo matrice intersoggettiva.” (Stern D.N., 2005, pag. 65)
Ritengo che l’attenzione della qualità del rapporto tra un genitore e il figlio siano elementi estremamente significativi per comporre quelle necessarie valutazioni richieste da parte dell’Autorità Giudiziaria.
Se questo concerne in primo luogo il concetto di relazione, la funzione non può che richiamare il lavoro di Visentini G., 2006 che in una metanalisi della letteratura scientifica, ha offerto un significativo contributo sintetico inerente alla tematica dell’esercizio della funzione genitoriale.
Le funzioni genitoriali di Visentini descrivono le otto aree fondamentali in cui un genitore deve operare per supportare lo sviluppo del bambino. Queste funzioni includono:
· la funzione protettiva: da Brazelton T. Berry e Greenspan S.I. (2001) come la capacità di offrire cure e sicurezza
· la funzione affettiva definita da D. N. Stern (1987) come la capacità di sintonizzarsi con le emozioni del bambino,
· la funzione regolativa: va intesa come la capacità che il bambino possiede fin dalla nascita di “regolare” i propri stati emotivi e organizzare l'esperienza e le risposte comportamentali adeguate che ne conseguono. La capacità di regolazione sembra essere la base per poter decodificare le proprie esperienze emotive e relazionali. Le strategie per la “regolazione di stato” sono inizialmente fornite dal caregiver per aiutare il bambino a gestire le emozioni,
· la funzione normativa: con questa si richiama nello specifico la capacità del genitore di porre dei confini flessibili di regole, tali da permettere al bambino ed all’adolescente di fare esperienza e di creare le premesse per la propria autonomia a stabilire limiti e regole.
· la funzione predittiva: ci si riferisce alla capacità da parte del genitore di prevedere il raggiungimento della tappa evolutiva imminente. I genitori adeguati sanno percepire in modo realistico l'attuale stadio evolutivo del bambino e sono in grado di leggere quei comportamenti che promuovono e sviluppano il nuovo comportamento. La funzione predittiva non è solo la capacità di intuire, facilitare, sostenere e promuovere lo sviluppo del bambino, ma soprattutto la capacità di modificare le proprie modalità relazionali con lo sviluppo del figlio.
· la funzione significante: con tale funzione ci si riferisce a quanto Bion Wilfred R. (1962) parla di “funzione alfa” della madre come capacità di dare un contenuto pensabile e/o sognabile, in definitiva utilizzabile dall'apparato psichico, alle percezioni, alle sensazioni del neonato che sono ancora prive di spessore psichico. La madre costituisce un contenitore buono dentro il quale il bambino inizia a pensare, aiutandolo a comprendere i propri bisogni e ad attribuire significato ai comportamenti.
· la funzione rappresentativa e comunicativa: D. N. Stern (2005) definisce la funzione rappresentativa come lo “schema di essere con” e che presuppone un insieme di interazioni reali con il bambino. A tale funzione viene associata la capacità del genitore di modificare continuamente le proprie rappresentazioni in base alla crescita del bambino e dell’evolvere delle sue interazioni, facendo nuove proposte o sapendo cogliere dal bambino i suoi nuovi segnali evolutivi, proprio attraverso una comunicazione responsiva ed emotivamente nutriente.
· la funzione triadica: ci si riferisce alla capacità dei genitori di avere tra loro un’alleanza cooperativa fatta di sostegno reciproco, capacità di lasciare spazio all'altro o di entrare in una relazione empatica con il partner e con il bambino.
Come si può facilmente evincere da questi primi passaggi, pare evidente la complessità della definizione di genitorialità.
Questo non ci esime, tuttavia, a considerare necessario, in momenti particolarmente complicati della vite delle persone, dover analizzare, osservare, e valutare l’esercizio della responsabilità genitoriale in previsione di scelte relative alla necessità di considerare i bisogni e i diritti dei minorenni e non solo quelli degli adulti.
Quello che sempre emerge nelle situazioni di pregiudizio e/o grave maltrattamento è porre l’attenzione a due fattori predominanti: il tempo e le fasi di sviluppo specifici della vita.
Come vedremo meglio nel corso del presente contributo, questi due fattori strettamente interconnessi entrano a far parte, inevitabilmente, delle scelte che operatori sociali e magistrati devono valutare nel supremo interesse del minore.
Se in punto di diritto sia gli adulti che le persone di minore età hanno gli stessi diritti, risulta evidente che in fasi specifiche della vita, quelle che vengono chiamate le finestre evolutive e che vengono generalmente identificate nella fascia 0-3 anni e nel periodo dell’adolescenza, il difficile equilibrio tra i diritti deve contemplare come preminente, di necessità, la fase evolutiva del minore e le ricadute che ne possono derivare nella salute psico-fisica.
Di fatto quello che avviene o non avviene all’interno delle due finestre evolutive ha ripercussioni estremamente significative sullo sviluppo della personalità.
3. Il processo di Valutazione
Definita la cornice giuridica di riferimento e alcuni spunti di riferimento sul ruolo e le funzioni genitoriali, ci addentriamo nella analisi del processo di osservazione e valutazione del funzionamento del sistema familiare.
Nel momento in cui l’Autorità Giudiziaria esplicita la richiesta relativa alla valutazione delle competenze genitoriali, si avvia un processo che consta in fasi definite e distinte tra di loro. Queste si sostanziano sia nella specificità dell’intervento di valutazione stessa sia nella necessità di seguire una procedura che dia conto delle esperienze maturate nel tempo, unitamente intrecciate con quelle che la stessa Riforma richiede come evidenze scientifiche.
Proprio nel merito della predispozione di relazioni nelle quali risultano chiare le diverse componenti dell’intervento, come la rilevazione dei fatti in modo oggettivo, le dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi, nonché le valutazioni formulate dagli operatori fondate su metodologie e protocolli riconosciuti dalla comunità scientifica, la Regione Emilia Romagna aveva già predisposto appositi manuali con l’ottica di “ricomporre e sistematizzare riferimenti ed evidenze scientifiche, indicazioni normative e metodologie di lavoro”. (AA.VV., 2020, pag. 7) In particolare faremo riferimento alla collana “Maltrattamento e abuso sul minore. I quaderni del professionista n. 3. Valutazione e recuperabilità del danno evolutivo e delle competenze genitoriali nel maltrattamento dell’infanzia e adolescenza” curata dal servizio Assistenza territoriale della Regione Emilia-Romagna (https://sociale.regione.emilia-romagna.it/novita/prodotti-editoriali/2020/valutazione-e-recuperabilita-del-danno-evolutivo-e-delle-competenze-genitoriali-nel-maltrattamento-dell2019infanzia-e-adolescenza-raccomandazioni-per-gli-operatori ).
Questi contributi, frutto del lavoro congiunto di professionisti della Regione Emilia-Romagna, rappresentano ancora oggi un importante strumento di lavoro per gli operatori dei servizi sociosanitari.
Non potendo, per ragioni di spazio, approfondire i diversi aspetti legati alla complessa tematica che investe la tutela del minore e le diverse forme di maltrattamento, procederemo con la schematica procedura che occorre attivare nel momento in cui si rileva una ipotesi di abuso ai danni del minore.
Certamente quello che è emerso nei casi di ipotesi di maltrattamento e abuso è la necessità di procedere secondo una sequenza di valutazioni che vanno a comporre le relazioni che il Servizio Tutela invia all’Autorità Giudiziaria.
Fatto salvo il diritto di ogni minore di “crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” (Art. 1 L. n. 184, 4 maggio 1983), nei casi di pregiudizio per il minore occorre intervenire con la predisposizione di idonei interventi di valutazione, sostegno e di accompagnamento, con l’obiettivo di superare la fase di vulnerabilità e fragilità che in taluni casi i genitori possono incontrare.
Quando tali interventi risultano inefficaci oppure quando manca la compliance genitoriale, risulta necessario coinvolgere l’Autorità Giudiziaria richiedendo il suo intervento con l’obiettivo di avviare un percorso di verifica, valutazione e approfondimento delle competenze genitoriali al fine di far emergere e rinforzare tali competenze, necessarie per uno sviluppo armonico del minore.
Il compito dei servizi immediatamente successivo alla richiesta dell’Autorità Giudiziaria è quello di avviare un processo di osservazione e valutazione del sistema familiare al fine di giungere alla conclusione di quanto quel minore “è riconosciuto o non è riconosciuto nei propri diritti e bisogni fondanti il suo sviluppo. I quesiti da porci, dal punto di vista dell'etica e della deontologia professionale, sono i seguenti: la mancata promozione del cambiamento in una specifica famiglia è dovuta all'incapacità di quella famiglia a cambiare? A interventi poco efficaci? Ad assetti organizzativi poco funzionali? Dunque, in positivo: quali variabili virtuose assicurano appropriatezza ed efficacia nel recupero delle capacità genitoriali? E quali sono i principali ostacoli di tali variabili, che gli operatori incontrano nella valutazione delle capacità genitoriali e della loro recuperabilità, che sostanziano la cosiddetta "complessità" dell'intervento?” (AA.VV., 2020, pag. 10)
La presa in carico della complessità, che si articola nell’analisi dei sistemi familiari con l’obiettivo di progettare interventi di recupero, si sostanzia in tre tipologie di valutazioni: la valutazione del danno evolutivo nel bambino, la valutazione delle competenze genitoriali e la valutazione della loro recuperabilità.
Va ricordato che la valutazione ha, come obiettivo fondamentale, quello di incentrarsi sui bisogni di sviluppo specifici del bambino e dell’adolescente all’interno del proprio specifico contesto familiare. Per tali motivi le valutazioni dovranno includere l’approfondimento delle caratteristiche della relazione del genitore con il figlio comprendendo le condizioni contestuali (ambientali, sociali e storiche) che possono influenzare positivamente o negativamente l’esercizio della responsabilità genitoriale.
In taluni casi l’Autorità Giudiziaria include anche la valutazione sul funzionamento generale dell’adulto o della personalità. Occorre ricordare che tali valutazioni dovrebbero comportare una attenta analisi della correlazione tra le caratteristiche del funzionamento intrapsichico con la capacità, da parte del genitore, di leggere e rispondere in modo responsivo ai bisogni evolutivi del figlio: di fatto come, a partire da determinate caratteristiche personologiche, quel genitore è in grado di adempiere e in che misura all’esercizio delle funzioni genitoriali fondamentali allo sviluppo del figlio e della sua relazione con esso.
Come ci ricorda “I Quaderni del Professionista” della Regione Emilia-Romagna, il punto di partenza di ogni intervento di tutela è rappresentato dalla valutazione del danno.
Tale valutazione ha l’obiettivo di verificare la presenza di un danno nel minore nonché delle conseguenze che le esperienze vissute possono avere avuto sul suo sviluppo. Si tratta di indagare e verificare la conseguenza della esposizione a condotte violente sul piano affettivo, cognitivo e comportamentale sul minore.
Questo primo punto di partenza risulta fondamentale nell’ottica di circoscrivere, attraverso una sempre più accurata diagnosi, le possibili correlazioni del danno del minore con le condotte genitoriali disfunzionali.
Più diviene accurata tale valutazione, migliore sarà la predisposizione di interventi volti al possibile recupero delle competenze genitoriali e alla programmazione di interventi di sostegno e riparazione delle condotte degli adulti.
Accanto alla valutazione del danno, un secondo importante passaggio risulta essere quello della valutazione delle competenze genitoriali: quello che occorre evidenziare è che l’indagine non è volta alla specifica definizione di una diagnosi individuale riconducibile a disturbi di personalità, quanto alla connessione fra sofferenze infantili, le caratteristiche personali in quel momento specifico e le modalità di funzionamento della relazione con i figli in quella particolare fase evolutiva, tutto questo in un’ottica che tenga conto del tempo trascorso e dei collegamento con le famiglie di origine. (Cirillo S., 2016).
In tale valutazione convergono e si intrecciano diverse prospettive: dalla storia individuale dei genitori alle esperienze avute come figli, la storia di coppia con l’intreccio con le famiglie di origine, dalle interazioni reali e rappresentative dei genitori con i figli al contesto di vita del nucleo e alla loro condizione sociale e relazionale.
Si tratta di analizzare le caratteristiche di funzionamento dei genitori per poterne evidenziare, non solo le fragilità e le mancanze, ma soprattutto le qualità e le potenzialità dalle quali ripartire per sostenere il recupero delle essenziali competenze che sono connesse alle funzioni genitoriali presentate precedentemente.
L’obiettivo principale di tali valutazioni è quello di connettere la fase dell’analisi del sistema di funzionamento familiare e genitoriale con l’approfondimento della capacità dei genitori di modificare le proprie condotte disfunzionali, all’interno di un tempo idoneo ai bisogni del figlio.
Si tratta, nello specifico, della terza fase di valutazione, quella che concerne la valutazione della recuperabilità delle competenze genitoriali.
È importante sottolineare che tale valutazione deriva necessariamente da un lavoro integrato psico-socio-educativo che ha l’obiettivo principale di favorire e sostenere la partecipazione dei genitori e il loro coinvolgimento, al fine di implementare la consapevolezza di un cambiamento resosi necessario al benessere del figlio e della continuità dei legami familiari.
All’interno di una cornice multiprofessionale, gli operatori hanno il compito di definire un chiaro progetto di intervento, evidenziando, oltre ai fattori disfunzionali familiari, gli indicatori di trattabilità e di recuperabilità. In tal senso “l’equipe utilizza strumenti qualitativi e quantitativi per la valutazione nell’ottica trasformativa e per documentare, valutare gli esiti della progettazione, osservando i processi che hanno favorito i cambiamenti in termini di scostamento dei fattori di rischio e protezione che vengono quantificati all’inizio e alla conclusione degli interventi, allo scopo di riformulare la progettazione”. (AA.VV., 2020, pag. 47)
Da quanto emerso sono due gli aspetti che concorrono ad una valutazione chiara del funzionamento genitoriale e della possibile recuperabilità.
Il primo concerne l’attenta verifica della disponibilità e della capacità da parte dei genitori di modificare i comportamenti che risultano disfunzionali allo sviluppo del figlio.
Insieme alla disponibilità da parte dei genitori, occorre inoltre osservare e valutare il comprovato accertamento dello scostamento dai comportamenti disfunzionali e pregiudizievoli posti in essere verso forme sempre più chiare di comportamenti protettivi che i genitori riescono realizzare concretamente per la cura e la protezione dei figli.
La valutazione della recuperabilità delle competenze genitoriali rappresenta, quindi, il fulcro di ogni intervento di protezione e tutela dei minori perché, muovendosi da un accertamento della mancanza di una risposta appropriata ed efficace ai bisogni dei figli, ci si sposta alla valutazione e verifica delle risorse latenti e delle competenze che, con un adeguato sostegno e disponibilità da parte dei genitori, possono essere implementate e rinforzate.
Di fatto occorre ribadire che “la recuperabilità della competenza genitoriale sembra dipendere dai cambiamenti nella capacità di contatto affettivo, dall'aumento delle capacità di mentalizzazione, dalla messa in atto di concreti comportamenti riparativi e dalla possibilità di connettere la propria sofferenza vissuta nell'infanzia con la sofferenza dei figli, il passato individuale con la genitorialità presente. Una variabile importante, nella prognosi di recuperabilità del parenting, sembra proprio essere costituita dal grado di disponibilità del genitore a prendere contatto con la propria sofferenza, i propri fallimenti, integrarli nella storia autobiografica per fare spazio alla sofferenza del figlio.” (AA.VV., 2020, pag. 49)
La disponibilità del genitore a prendere contatto con la propria sofferenza è possibile proprio all’interno di un percorso che può offrire l’opportunità di ri-narrare la propria storia familiare attraverso un sostegno e un accompagnamento che si connota come un processo di “riabilitazione” relazionale secondo un principio nel quale “Quanto più un sistema familiare riesce ad accettare una pluralità di storie, anche contrastanti, tanto più i suoi membri hanno la possibilità di arricchirsi emotivamente e intellettualmente, di rendersi autonomi, di individuarsi e separarsi nel corso del tempo” (Boscolo L. e Bertrando P., 2012, pag. 86) da narrazioni e condotte che bloccano e impediscono alle relazioni di evolvere.
Risulta evidente che per avviare, mantenere e far evolvere positivamente tale processo, il coinvolgimento dei genitori, o meglio, dell’intera famiglia risulta fondamentale. Un coinvolgimento attivo che ha come obiettivo la riduzione del danno evolutivo, e ancor di più, la consapevolezza da parte dei genitori di invertire il circolo vizioso della violenza e del maltrattamento attraverso la percezione dell’efficacia percepita e consapevole di modificare il proprio comportamento e di renderlo responsivo ai bisogni evolutivi dei figli e dei legami familiari.
In ragione di quanto detto, risulta evidente che il piano di interventi che vengono attivati al fine di attuare il processo di recupero delle competenze genitoriali, dovrà contenere e prevedere verifiche periodiche e aggiornamenti per adeguarsi agli “scostamenti” ovvero ai risultati che seppure in modo parziale i genitori riescono a realizzare.
Una variabile essenziale da tenere in considerazione in tale processo è rappresentata dal fattore tempo: “di fondamentale importanza, quando si considera la capacità di cambiamento del genitore, è la durata del processo di cambiamento e quanto possa stabilizzarsi nel tempo (a lungo termine). La capacità del genitore di cambiare deve essere considerata nel contesto dei bisogni del figlio e dei tempi della valutazione (generalmente 6 mesi).” (AA.VV., 2020, pag. 50)
Questo rappresenta il punto estremamente significativo per giungere ad un giudizio sull’esercizio della responsabilità genitoriale. L’esito della valutazione, va precisato, non ha come obiettivo la “remissione” definitiva e conclusiva del comportamento inappropriato da parte di un genitore o di entrambi. Quello che viene accertato è lo sviluppo e la messa in opera di concreti comportamenti appropriati che, in un tempo determinato e con i supporti attivati, il genitore è stato in grado di operare.
Proprio sull’elemento temporale si possono inserire rischi che sottendono il corretto ed appropriato intervento dei Servizi di Tutela.
Intervenire con attività di sostegno genitoriale senza tenere in considerazione un termine dell’intervento e della necessità di valutazione dei possibili scostamenti e cambiamenti, porta con sé il rischio di dilungare la fase della valutazione ascrivendola a confusi obiettivi di risoluzione o superamento definitivo di condotte che difficilmente sono realizzabili in tempi brevi. L’altro rischio, che attiene sempre all’elemento temporale, è quello di eliminare la fase della valutazione della recuperabilità genitoriale, relegando il giudizio dell’esercizio delle funzioni genitoriale a diagnosi frammentate e relegate solo a una fase specifica della vita delle persone e dei figli. Questo in particolare non consentirebbe di verificare nel concreto quei cambiamenti delle condotte che possono essere legate a fenomeni transitori e remissivi dei comportamenti disfunzionali posti in essere da parte dei genitori in una fase particolarmente vulnerabile della vita che sta attraversando.
Di fatto se non viene incluso un tempo per la valutazione della recuperabilità, il rischio è quello di emettere un giudizio che potrebbe inficiare di fatto i possibili sviluppi positivi e il recupero di competenze che hanno proprio l’obiettivo di far evolvere le relazioni e i legami familiari.
Va peraltro ricordato che sostenere l’evoluzione delle funzioni genitoriali in termini di cura e accudimento è strettamente connessa con gli indicatori di recuperabilità, che come abbiamo già evidenziato includono oltre la capacità del genitori di sintonizzarsi emotivamente con il dolore e la sofferenza del figlio, con la capacità di mettere in atto concreti comportamenti riparativi che devono essere verificati e integrati con la storia familiare attraverso una narrazione rigenerativa dei legami familiari.
Alla domanda se questo genitore con la sua storia di figlio, di padre e di madre è in grado di prendersi cura in modo sufficientemente buono del proprio figlio o della propria figlia, la risposta interpella necessariamente la capacità delle persone di assumersi la responsabilità di quanto accaduto nonché di riuscire a elaborare una narrazione comprensibile e chiara per sé stessi e per i figli, quindi in definitiva di apprendere e porre in atto concreti cambiamenti riparativi.
Quello di cui stiamo parlando altro non è che il concetto di deuteroapprendimento di Gregory Bateson con il quale indica la capacità di “apprendere di apprendere” ossia, in altre parole, la competenza da parte del genitore di modificare la risposta alle stesse condizioni di partenza, di effettuare un cambiamento tenendo in considerazione le alternative possibili idonee alla cura e all’accudimento dei figli nelle diverse fasi evolutive.
Quanto finora qui detto trova anche evidenza in una recente ricerca dell’Ordine Assistenti Sociali della Regione Toscana effettuata tra novembre 2023 e aprile 2024 sviluppata dalla Commissione “Tutela e rapporti con l’Autorità Giudiziaria” che si è avvalsa del supporto metodologico dell’Istituto degli Innocenti.
La ricerca ha avuto l’obiettivo di rilevare la conoscenza della Riforma Cartabia in relazione allo specifico ambito territoriale prevedendo la somministrazione di interviste semi-strutturate ai Referenti Minori dei 28 Ambiti Territoriali Sociali della regione Toscana con l’obiettivo di indagare la dimensione organizzativa, le metodologie di lavoro, le criticità e le buone prassi locali.
Gli esiti della ricerca hanno permesso di evidenziare diversi aspetti critici che consentono di specificare in modo più stringente metodologie e prassi di lavoro più efficienti ed efficaci.
Per ragioni di spazio evidenzieremo due di queste criticità. Il primo riguarda il tema della complessità nel lavoro con i sistemi familiari in un’ottica di tutela: “La ricerca dimostra un aumento del livello di complessità a cui non può che corrispondere un pari livello di integrazione istituzionale e professionale, allo scopo di ricomporre la frammentarietà e la discontinuità delle esperienze di vita delle persone delle quali ci prendiamo cura, nei differenti ruoli professionali e istituzionali”. (AA.VV., 2024, pag. 14)
Di significativa rilevanza alla nostra riflessione è la tematica delle tempistiche legate alle prese in carico e alle richieste da parte dell’Autorità Giudiziaria. Quello che in sintesi è emerso è che la garanzia di efficienza del procedimento, in quanto elemento di tutela del minore e della famiglia rappresenta una componente che ha due elementi che devono bilanciarsi. Da una parte è chiarissimo che “i tempi certi e ragionevoli per la definizione tempestiva della condizione giuridica del minore e della sua famiglia, sono condizione di chiarezza sia sotto il profilo del diritto, sia da un punto emotivo e relazionale.” (AA.VV., 2024, pag. 15)
Tale certezza e tempestività, che contribuisce ad evitare il prolungarsi del percorso valutazione con il rischio di favorire fenomeni di vittimizzazione secondaria deve però bilanciarsi con un tempo ugualmente ragionevole e funzionale al completamento delle valutazioni che abbiamo presentato precedentemente. Quindi un tempo minimo ma sufficiente per evitare il fenomeno contrario, quello relativo ad una eccessiva contrazione dei tempi che di fatto può compromettere la conoscenza approfondita del sistema familiare, del suo funzionamento e della resilienza dei genitori nel continuare a prendersi cura dei figli.
Di fatto se viene a mancare, nello specifico, la valutazione della recuperabilità delle competenze genitoriali, con il relativo corollario di risorse e potenzialità, gli interventi e le decisioni rischiano di appiattirsi a una mera osservazione superficiale e temporalmente delimitata senza avere la necessaria possibilità di poterne prevedere i possibili sviluppi reali delle storie personali e familiari.
La ricerca, quindi, conferma il costante richiamo a mettere in atto prassi rispettose della funzione propria del servizio sociale, che è quella di accompagnamento e supporto alla genitorialità, che si sviluppa quanto più si riesce a stabilire una relazione basata su tempi certi dell’intervento ma che debbono necessariamente prevedere la valutazione e l’accertamento della recuperabilità delle competenze genitoriali su cui si fonda il benessere dei figli.
4. Conclusioni
Se come recita l’art. 19 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia del 1989 nel quale “il minorenne ha il diritto di essere protetto contro ogni forma di violenza” (Legge 27 maggio 1991, n. 176) è altrettanto indubitabile che la tutela e la protezione di una persona di minore età passa anche attraverso la capacità dei propri genitori, attraverso interventi di sostegno e accompagnamento, di assumersi le proprie responsabilità rispetto alle proprie condotte disfunzionali attivando comportamenti riparativi e riabilitativi.
Come abbiamo cercato di sottolineare, la riparazione e la recuperabilità delle competenze genitoriali possono essere implementate solamente quando, a seguito di valutazioni che hanno l’obiettivo di fotografare lo stato d’essere di talune relazioni, come la valutazione del danno e quello delle competenze genitoriali, viene previsto un tempo di verifica e valutazione della capacità di recupero di tali competenze. Quando manca la possibilità di accertare, in un lasso di tempo prevedibile, la capacità del genitore di mettere in atto concreti comportamenti riparativi, e quindi di accertare attraverso una osservazione dinamica la capacità di evolvere in termini accuditivi, gli interventi non risulterebbero pienamente rispondenti alla necessità di superare quegli ostacoli che in determinati momenti della vita possono impedire ai genitori e ai figli di creare buoni legami.
Certamente rimangono aperti diversi interrogativi che non è stato possibile sviluppare. A titolo di esempio non possiamo che condividere la criticità e il rischio della sovraesposizione del minore rispetto all’ascolto di diversificate figure professionali che costellano il panorama giuridico. Si tratta in definitiva di perfezionare procedure operative tra la magistratura, gli avvocati e i servizi sociali allo scopo di evitare il rischio che la moltiplicazione degli ascolti del minore possano tradursi in forme di vittimizzazione secondaria.
Insieme alla necessità di prevedere una valutazione della recuperabilità occorre far corrispondere anche un tempo “giusto” per la realizzazione degli interventi che sostanziano di fatto la possibilità di vincolare il giudizio su dati concreti e verificati.
A tale riguardo si aggiungono altri due elementi. Da una parte risulta evidente l’importanza da parte degli operatori sociali di perfezionare le valutazioni degli interventi necessari attraverso la sistematizzazione di metodologie e formazioni specifiche dal punto di vista giuridico e psico-sociale. Dall’altra parte, alla fase valutativa si affianca anche la necessità di un perfezionamento e omologazione delle forme di scrittura professionale che risultino chiare e condivisibili tra le diverse professionalità.
A queste aree di sviluppo si accompagnano nuove sfide che sono sempre più spesso legate a bisogni ma anche manifestazioni di profondi disagi che vivono i figli. Mi riferisco in particolare al crescente fenomeno dei figli che rifiutano di vedere un genitore, la cui soluzione non può che richiedere l’intervento sistemico e sistematico di tutti gli specialisti della tutela, dai giudici alle assistenti sociali, dagli psicologi agli educatori, passando certamente dalla figura che accompagna nell’iter giudiziario il minore, il curatore speciale.
Bibliografia
AA.VV., 2024. Ordine degli Assistenti Sociali, Consiglio Regionale Toscana.
Bateson G., 1976. Verso un’ecologia della mente, Adelphi Edizioni, Milano.
Bion W.R., 1962. Una teoria del pensiero. In: Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico. Armando, Roma 1970.
Bion W.R, 1962. Apprendere dall’esperienza. Armando, Roma 1972.
Boscolo L. e Bertrando P., 2012. I tempi del tempo. Una nuova prospettiva per la consulenza e la terapia sistemica, Bollati Boringhieri Editore, Torino.
Brazelton T. Berry e Greenspan S.I., 2001. I bisogni irrinunciabili dei bambini. Ciò che un bambino deve avere per crescere e imparare, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Cirillo S., Selvini M., Sorrentino A.M., 2016. Entrare in terapia, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Legge 27 maggio 1991, n. 176, Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, Approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York il 20 novembre 1989, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 giugno 1991, n. 35.
Stern D.N., 2005. “Il momento presente, in psicoterapia e nella vita quotidiana”, Raffaello Cortina Editore, Milano.