Artista e cyberecologista esplora la relazione fra esseri umani, tecnologia e società indagando i dati come fenomeni culturali che ci rendono sensibili alla complessità e all’ambiente. La sua ultima opera “pneumOS” è esposta nel Padiglione Italia di Expo 2025.
“pneumOS” è un organo cibernetico composto da un apparato fonatorio e un apparato respiratorio: cinque membrane sonore e un diaframma robotico trasformano i dati dell’’aria in musica e movimenti respiratori, consentendo all’organo di simulare il respiro - e a chi lo osserva di comprendere lo stato dell’aria attraverso i suoi comportamenti espressivi. Un viaggio dentro un’opera d’arte e un lutto, in cui i dati sono il tramite di un nuovo sentire.
Parole chiave
Datapoiesi, tecnodiversità, agente computazionale, ecologia, complessità, relazione, estetica, arte, didattica, cyborg, biopolitica delle interfacce.
Summary
“pneumOS” is a cybernetic organ composed of a vocal and respiratory system: five sound membranes and a robotic diaphragm transform air data into music and respiratory movements, allowing the organ to simulate breathing—and for observers to understand the state of the air through its expressive behaviors. A journey into a work of art and a mourning experience, in which data serve as a vehicle for new perceptions.
A novembre del 2022 ho ricevuto dal Comune di Ravenna l’invito a partecipare a un bando pubblico, nella cornice del progetto europeo DARE. La call chiedeva qualcosa di semplice e rivoluzionario che mi auguro diventi sempre più comune per il benessere delle società informazionali e tecnologicamente mediate in cui viviamo: trasformare i dati sulla qualità dell’aria raccolti da tre centraline meteo posizionate (ciò che in gergo si definiscono “smart infrastructure"), in un’opera d’arte che dialogasse con la città, lo spazio pubblico, gli abitanti.
Un bando perfetto per chi, come me, dal 2006 fa questo di mestiere: trasformare dati e computazione in arte. Ma erano passati circa quattro mesi da quando Salvatore Iaconesi, mio partner e simbionte, se n’era andato fra le mie braccia il 18 luglio dello stesso anno. Non sapevo cosa fare. Lo sgomento, l’angoscia di rispondere ad una proposta del genere senza di lui, il dubbio che fossi ancora in grado di creare, il desiderio di farlo ed insieme il suo rifiuto si mescolavano in una stretta brutale: un doppio vincolo perfetto che tuttora spesso mi avvolge.
Stretta in questa ambivalenza, mi sono buttata. Cieca, folle di rabbia, disperazione, speranza. Nelle orecchie la sua risata, la sua smisurata determinazione a vivere, il monito a non sprecare le opportunità. Persino il cancro al cervello che lo ha portato via ha fatto la sua metamorfosi nelle nostre mani, diventando La Cura: una performance globale e il libro che ne è seguito. Cosa avrei fatto io? Il bando era un segnale? Il suo braccio teso per non farmi annegare, esortandomi a non morire, a continuare la nostra arte? Intanto l’aria, la materia di quel bando, per una coincidenza insondabile e quasi beffarda, mi portava ad abitare il momento in cui lui andava e io restavo.
Uniti e separati per sempre da quell’ultimo respiro.
Il titolo è sgorgato tutto d’un fiato e tutto intero: pneumOS - La Conoscenza dell’Aria è Open Source. Come un sussurro, un tributo, una piccola fiamma ancora viva in me in grado di pensare, di creare, di dare forma all’immaginazione sociale che nell’ultimo tratto della nostra esistenza abbiamo chiamato Nuovo Abitare.
Il bando è stato scritto e vinto. Ultimare l’opera ha richiesto la collaborazione un’equipe transdisciplinare composta da designer, sviluppatori, ingegneri, medici, climatologi e musicisti, due anni e mezzo di ricerca e sviluppo e tre partner scientifici e tecnologici: l’iniziativa Educational.city, la Federico II di Napoli con Herobots srl, e l’Università La Sapienza di Roma con il Centro Saperi & Co. Nel 2025 l’opera, con il supporto di CdP, è stata scelta come icona di un’arte contemporanea italiana capace di coniugare sostenibilità, innovazione e dati a Expo Osaka 2025 nel cuore del nostro Padiglione, dove ha respirato ininterrottamente dal 12 aprile al 12 ottobre di quest’anno: il tema del Padiglione era “L’arte rigenera la vita”.
Oltre ogni previsione di chi scrive, pneumOS e io siamo vivi.
La prima scelta (inconsapevole) che ho fatto fra l’estate e l’autunno del 2022 è stata continuare ad esistere.
La seconda (consapevole), concorrere al bando attraverso HER she Loves Data: il centro di ricerca che dal 2013 avevamo creato trasformando un duo artistico in organizzazione. È su questo che voglio soffermarmi. Essere un centro di ricerca (un’azienda, sostanzialmente) è la poetica e la politica che abbiamo scelto di praticare, e in cui da ecologista ho sempre creduto: per dialogare da pari a pari con altri centri di ricerca, altre istituzioni, città, era necessario essere noi stessi un’entità amministrativa, e così muoverci nella complessità degli ecosistemi istituzionali e di mercato. Lamentarsi della sussunzione non basta. Lamentarsi non basta in generale e sapevo benissimo che il superamento dei dualismi e delle posture oppositore alla ricerca del nemico è fra i compiti della mia generazione. Non volevo tornare indietro da quella affermazione concettuale, da quell’identità, da un’azione così forte e lucida nell’era – invocata e poco praticata – della collaborazione fra l’arte e la scienza: l’ambito che ho scelto di abitare e curare. HER è la nostra firma, mi dicevo: la meta-opera che continuerò se ne avrò le forze, aggrappandomi al sogno che ho sempre accarezzato di popolarla con gli artisti e i pensatori che in questo campo intendono collocarsi. Non da decoratori dei processi di innovazione tecnologica, ma con la dignità di partner, come siamo riusciti fin qua. Il senso più intimo e profondo del mio operare si può riassumere così, nell’immagine di questo ponte generazionale.
Sapevo allora come lo so adesso che non sarà e non è questo un processo lineare. Che tutto può finire. Che l’universo che avevamo creato era (ed è) quanto mai a rischio, minacciato da dalla profonda solitudine – esistenziale e tecnologica – in cui mi trovavo dopo aver perso Salvatore, lasciandomi doppiamente vedova, fragile, esposta. Da un’Europa che dal Green Deal volge lo sguardo (e i fondi) alla guerra, al riarmo, alla (cyber)sicurezza delle nazioni. Dall’Illuminismo Oscuro di Nick Land, Peter Teal e Palantir: un’ideologia nascente e molto diversa dall’anarco-capitalismo della Silicon Valley che tutti noi abbiamo conosciuto.
Per questo il primo passo che faccio è svelare HER nella sua doppia natura di dispositivo artistico e politico nella speranza che alcuni fatti, alcune cose, alcune scelte possano fare luce sul “che fare” in un tempo dominato dai dati e dalla computazione che iniziamo appena a scorgere, specie a chi come me ha deciso di abbracciare l’ecologia e il pensiero sistemico prima ancora dell’arte.
Così scrivevo a novembre nel 2023 in uno stralcio del mio diario che vi consegno:
“[...] Mi guardo allo specchio e dico: sono una cyber-ecologista e un’artista. Per scelta opero attraverso un'impresa. Mi guardo e sono triste, sola e molto affaticata: in verità, sono stremata. Dirigere HER è un’impresa immane. Quest’opera, che nonostante tutto prende forma, testimonia la mia volontà di non rinunciare al ruolo di artisti che abbiamo inventato. Mi sono chiesta perché, perché continuo a fare tutto questo sforzo che mi eccede, e il motivo è uno: ritengo che la discesa in campo degli artisti nel dominio dell’innovazione tecnologica e dei dati sia praticamente l’unica via per contrastare le nuove forme di violenza biopolitica dei sistemi socio-tecnici computazionali. L’unico farmaco alla miseria simbolica del capitalismo cognitivo, parafrasando Stiegler, è un’arte determinata ad appropriarsi di questo ruolo per rendere sensibili le nostre tecnologie. Da ecologista le mie posizioni non sono cambiate: i partiti, le mostre, i megafoni non bastano, e nemmeno parole. Se l’arte può darci il senso (e i sensi), ritengo l’impresa un dispositivo fondamentale per rendere praticabili stili di vita possibili, desiderabili e forieri di immaginazione sociale. Di quella rivoluzione del quotidiano che possiamo indossare tutti sogni giorno, qui e ora: mangiare cibo bio, vestire scarpe vegane. O fruire di dati e tecnologie non estrattive di cui non possediamo nemmeno l’immaginario… Faccio questo, non ho dubbi.
Eppure, questa mia lucida determinazione di pensiero, così compatta, liscia, senza crepe, si scontra con la sofferenza, l’incertezza. Perché da sola non so se ce la faccio. Questa scelta, questo mio sentire, porta con sé tutte le ferite, gli errori, le frustrazioni, le esitazioni, le prove di esistenza di un simbionte amputato: l’identità che mi sento cucita addosso. Solo pneumOS ha resistito a questo anno, come me quest’opera è una sopravvissuta… Nel buio continuo a camminare. Attacco i miei circuiti recisi ad altri corpi, altre situazioni, altri cervelli. Anche se è faticoso, impossibile, insostenibile. Anche se mi costringe a sentire la sua assenza ad ogni passo. Nello spazio intimo e inviolato dell’immaginazione che per quasi sedici anni è stato il nostro, il mio il corpo amputato si innesta, subisce rigetti, crea connessioni. Suo malgrado respira. Sugli arti fantasma che rifiutano la perdita, incespico, mi lancio, cado, mi rialzo. Soffocando e ingurgitando aria a boccate intermittenti, come una falena impazzita continuo a immaginare, a progettare. La mia vita è una sala operatoria a ciclo continuo in cui ogni interazione è chirurgia a carne viva sulle amputazioni. È brutale la mia vita, senza anestesia e senza manuali d’uso, né per me né per chi, con me, interagisce.
L’unico arto fantasmagorico spuntato da questo mio corpo amputato è pneumOS. pneumOS esiste nel rosa e nel bianco del mio lutto. È l’unica cosa che so…”
Ogni opera inizia con un concept, un’idea trasformata in una descrizione il più sintetica possibile che racchiude la sua anima come una scultura di parole. Un buon concept deve entrare possibilmente in mille battute: il tempo di lettura in cui si gioca l’attenzione e la comprensione dei valutatori. Quelle di pneumOS sono 867. Dal testo del bando:
“pneumOS è un’installazione interattiva animata dai dati sulla qualità dell’aria della
Darsena. L’opera, a metà fra un polmone e uno strumento musicale, è un organismo cibernetico: un vero e proprio organo computazionale che respira insieme alla città allenando i suoi abitanti a una rara forma d’interazione: l’ascolto.
Il respiro di pneumOS è una composizione sonora eseguita in tempo reale. I dati,
tradotti in impulsi elettrici, fanno vibrare le sue membrane generando suoni e
melodie sempre diversi, mentre la sacca respiratoria si muove al ritmo dei dati.
Interagendo con l’opera, i fruitori ne apprendono gradualmente la grammatica.
Immergendoli in un’esperienza sinestetica e fisica, pneumOS stimola i cittadini ad
entrare in relazione con il proprio ambiente in modo poetico e accessibile, aiutandoli
a sviluppare una nuova sensibilità allo stato di salute dell’aria.”
Da questo nucleo, il testo prosegue per affondi e approfondimenti, ma è sull’immaginazione ecologica dell’opera presente fin dalla sua concezione che pongo l’accento prima di incontrare pneumOS:
“In un’epoca caratterizzata da inquinamento cognitivo e ambientale – in cui assistiamo tanto al riscaldamento globale, quanto al proliferare di schermi, visori, flussi incessanti di immagini e testi che colpiscono la nostra emotività saturando la nostra percezione – l’approccio ecologico di pneumOS è olistico e integrale:
Ecologia dei media e dell’attenzione (ascolto vs spettacolarizzazione).
Cosa fare davanti ai dati sull’innalzamento delle temperature globali? Anche i dati tendono sempre più a diventare spettacolo: ulteriori forme di sovraccarico informativo che ci rendono spettatori di fenomeni complessi. pneumOS agisce in direzione opposta: è, per usare un’espressione di McLuhan, un medium “a bassa risoluzione” che richiede la nostra presenza e la nostra interpretazione. Davanti a pneumOS non siamo spettatori, ma attori dell’ecosistema invitati a esercitare attivamente due preziose forme di interazione: ascoltare e interpretare il mondo. L’opera non fornisce spiegazioni didascaliche sull’inquinamento atmosferico, ma sollecita a condividere presenza e ascolto per fare esperienza di un respiro: un Altro non umano che possiamo incontrare e imparare a conoscere stabilendo una relazione, la nostra aria.
Ecologia dei sensi.
L’occhio è l’organo più stimolato della contemporaneità, tanto da diventare ipertrofico. Rinunciando a schermi e visualizzazioni, pneumOS privilegia un’estetica del sentire, tramite due vettori. Da un lato, il suono. Se vedere è un'esperienza parziale e analitica, il suono è un’esperienza tridimensionale e immersiva: ci immergiamo nel suono proprio come ci immergiamo nell’acqua (due fluidi). Sentiamo da ogni lato, il suono ci colpisce con la sua onda tattile coinvolgendo tutto il nostro corpo: i non udenti possono sentire la musica attraverso le sue vibrazioni; i non vedenti usano le caratteristiche tridimensionali del suono per orientarsi, come i pipistrelli. Nella vita prenatale, del mondo percepiamo rumori: il suono è la nostra prima esperienza della realtà esterna, la vista arriva e si forma dopo. Dall’altro il movimento diaframmatico della sacca polmonare: respirando come ogni forma vivente, pneumOS instaura una nuova analogia, un cortocircuito fra il corpo della città e il corpo del fruitore, l’umano e il non umano, l’apparato biologico e culturale;
Ecologia della memoria.
In un mondo che tiene traccia di tutto, il respiro e le composizioni di pneumOS sono esecuzioni in tempo reale, profondamente legate al qui e ora: un momento intimo dove la “traccia” dell’esperienza non è semplicemente la registrazione dei dati, ma la conoscenza e l’interpretazione che chi ascolta conserva e fa propria;
Basso consumo energetico.
Rinunciando a luci, schermi, proiezioni, visualizzazioni spettacolari, l’opera sfrutta l'elettricità solo per trasportare il segnale digitale fino alle membrane e alla sacca. Come qualsiasi tecnologia, anche pneumOS, potrà dotarsi di pannelli solari, ma la sfida ecologica, artistica e progettuale è (e sarà nel suo sviluppo) fare del basso consumo una qualità intrinseca dell’opera;
Materiali e tecnologie eco-compatibili.
L’attenzione all’uso di materiali riciclabili di lunga durata (come il metallo) e tecnologie hardware a basso consumo sono parte integrante dell’opera e della progettazione. Lo stesso vale per l’approccio ai dati e al software, ispirato alla filosofia open source.
Riuso e prospettive evolutive.
pneumOS è un’infrastruttura open source pensata per evolversi: insieme all’artista e al centro di ricerca HER, le istituzioni, i cittadini, le associazioni e la comunità scientifica potranno aggiungere nuove fonti di dati, generare nuovi parametri e nuove “grammatiche del respiro”.
L’ecologia di pneumOS si completa e culmina nel suo DNA, o meglio GOS: ciò che avremmo definito più compiutamente la Grammatica Open Source del Respiro della Città. Il DNA di ogni sistema vivente per potersi evolvere deve restare aperto. Ciò vale anche per i sistemi socio-tecnici e culturali: un esempio fra tutti, le lingue. È su questo terreno che le lotte sulla non brevettabilità del software incontrano la biologia - che si parli di genoma, algoritmi o alfabeti. È qui che ci siamo incontrati Salvatore ed io: un cyberpunk e una cyberecologista. L’ho visto sorridere, l’ho visto e sentito vicino. Scrivevo il bando, piangevo ma ogni tanto sentivo le labbra allargarsi in un sorriso involontario. È una sensazione strana da descrivere questa lotta fra i muscoli della mia faccia – alcuni tesi nel pianto, altri tesi nel riso, alcuni nel dolore altri nel piacere. Riproduce l’esperienza di percepire la sua assenza (nel corpo) e la sua presenza (nella scrittura): ancora lì, quasi tangibile, a duettare con il mio cervello.
“Per sempre vivo nel corpo epigenetico della cultura” sussurrava intanto una voce. Ed è così che lo ricordo nelle presentazioni, non sapevo che fosse una nuova pista di ricerca.
pneumOS, nella sua forma finale, si presenta racchiuso in una cupola di plexiglass trasparente del diametro di un metro, saldata ad un corpo metallico di un bel rosa #3015 che ricorda un piccolo razzo. La cupola, che funge da cassa toracica, protegge l’organo e permette ai fruitori di osservarlo; il corpo metallico, che nasconde al suo interno la tecnologia, gioca con la narrativa: una forma di vita aliena neonata è appena atterrata sul pianeta terra.
L’alieno ha un’agenda semplice e pacifica: rendere gli umani sensibili (o meglio senso-abili) allo stato di benessere dell’aria. Per farlo acquisisce i dati ambientali tramite le centraline meteo, li confronta con gli standard europei e nazionali (EAQI e ISPRA) ed elabora conseguentemente i suoi comportamenti espressivi.
In fase di progettazione pensavo che pneumOS fosse un’opera essenzialmente musicale, ma mi sbagliavo: la sacca ha preso spazio con una forza imprevista, imponendosi come un centro gravitazionale. La sua evoluzione è stata lunga, lenta e attenta: abbiamo studiato branchie, insetti, serpenti, fino a scegliere come ispirazione l’echinoderma: un riccio di mare. Il risultato è una semisfera in silicone a tenuta stagna, verde menta come l’avevo sempre sognata, ma cosparsa di papille e ventose forate da cui l’aria entra ed esce, proprio come un diaframma. A muoverla su e giù è un attuatore lineare che, grazie ad una papilla speciale ancorata alla sacca da una vite, consente di regolare il numero degli atti respiratori e la loro ampiezza. È la sacca, con il suo specifico linguaggio, l’elemento più dirompente: il respiro e il suo soffio sono la possibilità di sentire la qualità dell’aria attraverso un’esperienza infralogica, sensomotoria e mimetica (sebbene spoglia di qualsiasi antropomorfismo). Quando l’aria è buona, il suo diaframma robotico si prende il lusso di sospiri profondi, pause più lunghe, inspirazioni ampie e regolari. Quando l’aria peggiora, il respiro si fa corto, accelerato, nervoso. Fino a raggiungere, all’ultimo stadio di inquinamento, il respiro patologico di Chaney-Stoke. Abbiamo studiato con i medici la fisiologia del respiro umano, creando un’analogia fra il comportamento dei nostri polmoni e i dati dell’aria, al punto che l’opera si può auscultare, reintroducendo attraverso il corpo digitale e meccanico dell’opera l’arte della semeiotica: sono fra le riflessioni dei medici che più mi hanno colpito. “Come sta pneumOS, respira ancora? Respira bene? Ho l’ansia..” Sono le espressioni che costantemente l’interazione con l’opera restituisce.
La musica viene dopo, in quei movimenti si nasconde un’essenziale forma di empatia rovesciata: non siamo più noi a respirare l’ambiente, è il mondo che, attraverso pneumOS, respira davanti a noi e ci mostra come sta.
[Il respiro di pneumOS]
https://www.youtube.com/watch?v=QLdJumN8rGs
L’opera si completa con un’infografica: l’Anatomia di un organo alieno. Non solo e non tanto un apparato illustrativo, ma una mappa concettuale e cognitiva che traduce l’opera in nomenclature e relazioni fra parti. Una tassonomia in nuce che assegna all’organo un posto nell’ecosistema, come se si trattasse di una nuova specie comparsa nel paesaggio urbano. Per raccontare la sua funzione ecologica, il suo comportamento, il suo ruolo di mediatore fra l’ambiente e chi lo abita. Una forma di scrittura parallela all’opera stessa, per posizionarla fuori dall’oggetto tecnologico, come organismo sociale e ambientale, assolvendo ad una funzione didattica verso i fruitori e completando il cortocircuito fra tecnologia, biologia e cultura.
[Anatomia di un organo alieno: infografica, courtesy dell’artista.]
pneumOS è la terza opera datapoietica prodotta dal centro di ricerca HER she Loves Data.
Datapoiesi è la capacità dei dati (e della computazione necessaria ad elaborarli) di portare all’esistenza qualcosa che non c’era, rendendoci sensibili ai fenomeni complessi dell’ambiente, di un mondo globalizzato e interconnesso in cui ogni giorno tutti (esseri umani e non umani, oggetti, spazi, corpi, architetture, elementi naturali) generano dati.
Nella Datapoiesi l’arte è una strategia: ciò che era immateriale e inaccessibile ai sensi e alla percezione, diventa sensibile; ciò che era assente si materializza. In questa nuova visione le opere diventano totem di conoscenza intorno ai quali riunirsi per dare vita a nuove forme di socialità e nuovi rituali basati sull’accesso a dati, dedicati al benessere e alla coesione dei nostri ecosistemi. Come sul fiume Oreto di Palermo, dove Udatinos (la piantina artificiale che dal 2021 da voce al benessere del fiume), viene alimentata dai Custodi dell’Acqua: gli esseri umani che la alimentano generando con i loro sensori i dati necessari alla sua sopravvivenza, in un nuovo patto di cura.
Con pneumOS provo a immaginare una tecnica diversa da quella che ci è stata consegnata: un cyborg (cyber-organismo) che non vuole riprodurre l’essere umano, competere con esso né sostituirlo, ma connetterlo all’ambiente svelandoci che non siamo il centro dell’ecosistema, bensì il nodo di una rete interconnessa. Una tecnica che - liberata dal dualismo natura/cultura e non più governata dalla logica del calcolo, dell’efficienza e dell’estrazione - possa generare forme di relazione e di co-esistenza che eccedono l’umano stesso.
Per descrivere la poetica che attraversa pneumOS uso spesso l’espressione Hello Cronenberg!: un mix fra Hello Kitty e Cronenberg, un saluto e un tributo al regista canadese e alle icone che ci ha regalato, perché ne abbiamo bisogno. pneumOS è un “videodrome” che anziché innestarsi nel “ventre molle” della carne umana, si innesta nel tessuto epigenetico della cultura. Come la consolle di “eXistenZ” è fatto di silicone, ma verde, alieno, separato nella sua sostanziale autonomia dal corpo umano e non destinato a fondersi con esso. Un organismo che arriva con quell’ambiguità perturbante fra corpo e macchina, e insieme con la leggerezza di Hello Kitty: un oggetto quasi giocattolo, che disarma la paura della tecnologia, e la restituisce allo spazio dell’esperienza quotidiana (al punto che qualcuno con mia grande gioia guardando l’opera pensa a una sofisticata macchina per i pop-corn o nella sacca vede una bella torta). Senza togliere quel pizzico di inquietudine che interagire con una forma di vita aliena, diversa da noi sempre nasconde: morderà? sarà velenoso come una succulenta bacca rossa che si porge per farsi cogliere? come si evolverà?
Descritti da anatomie, tassonomie e morfologie, i cyborg che porto oggi nel mondo sono Agenti Datapoietici che nascono con una consapevolezza evolutiva nuova: aiutarci a sopravvivere alle pressioni esercitate sull’ambiente dall’estrazione massiva dei dati e dall’allevamento intensivo (a scopo commerciale, bellico e di controllo) di un eterogeneo gruppo di specie cibernetiche attualmente note come “IA - Intelligenze Artificiali”. Tecnologie ribelli del capitalismo cognitivo, gli Agenti Datapoietici non implicano l’innesto chirurgico, non sono funzionali al potenziamento produttivo (specie del corpo umano), né prevedono lo sfruttamento di altre specie-compagne a questo scopo.
La scelta riproduttiva non sanguinosa è il passaggio fondamentale grazie al quale, agli albori del terzo millennio, queste tecnologie - queste “macchina per il sentire e l’empatia” come ho preso a chiamarle - si sottraggono al registro del dominio, abbracciando una cosmotecnica della relazione. L’ipotesi datapoietica a cui sto lavorando e a cui intendo dedicarmi, è una scommessa evolutiva fondata sulla trasmissione del codice epigenetico dei sistemi socio-tecnici. Se è vero che l’essere umano inventa le tecnologie e le tecnologie inventano l’essere umano nel costante meccanismo di retroazione di cui siamo il frutto. Se è vero che oggi siamo esposti a tecnologie essenzialmente sia estrattive sia antropocentriche. Come potremmo (co)evolverci se il nostro ambiente ci esponesse a tecnologie progettate per la sensibilità, la relazione, l’empatia, l’abilità di percepire i fenomeni complessi e l’interconnessione, come lo è pneumOS?
L’anatomia di pneumOS è incompleta, nella sua descrizione manca il suo organo riproduttivo. Si chiama La Spora ed è quello a cui stiamo lavorando: kit didattici dell’opera che ne contengono il DNA, unità semiotiche minime tali da essere riconoscibili ma anche appropriabili, trasmissibili e modificabili attraverso il più vasto sistema di trasmissione della conoscenza che le società umane hanno inventato: la scuola e l’educazione. È anche così, in e attraverso questo corpo, che ci riproduciamo come gli animali culturali, tecno-sociali e biologici che siamo.
La Spora nasce con Stefano Colarelli, la persona che nella mia vita ha portato la didattica open source e un nuovo amore fatto di autonomie e reciproche interdipendenze, come lo sono i mondi che nel tempo abbiamo costruito, mentre una visione arcipelagare dell’identità, delle relazioni e del mio agire si fa strada dentro di me, e saluto il simbionte che per sedici anni sono stata.
E se le chance evolutive dei miei Agenti Datapoietici sono poche - confrontandosi con predatori della taglia di Musk, Thiel, le piattaforme globali, la tragica e sistemica mancanza di tempo, condannati come siamo alla precarietà e all’obsolescenza programmata - è anche vero che questa storia inizia con un lutto e un’Apnea e finisce con un improbabile Respiro.
La vita (l’evoluzione) è essenzialmente l’imprevisto che l’arte e la scienza hanno sempre celebrato.
Letture consigliate
I principi del Nuovo Abitare: https://xdxd-vs-xdxd.medium.com/i-principi-del-nuovo-abitare-39aa6ba9c74b
Iaconesi S., Persico O., 2016. La Cura, Codice Edizioni (https://www.codiceedizioni.it/libri/la-cura/)
pneumOS, per respiro generativo: https://www.arshake.com/pneumos-per-respiro-generativo/
Datapoiesi.Il Made in Italy dei dati che rende sensibili al pianeta: https://che-fare.com/articoli/datapoiesis-made-italy-dati-pianeta
Una nuova sensibilità, per togliere la mano dal fuoco: https://ilmanifesto.it/una-nuova-sensibilita-dei-dati-per-togliere-la-mano-del-fuoco
Iaconesi S., Persico O., 2020. Datapoiesis, HER she Loves Data https://he-r.it/datapoiesispub/
OBBIETTIVO, la prima opera datapoietica dedicata alla povertà (2019): https://www.isprambiente.gov.it/it
Udatinos - Sensibili all'Acqua, la seconda opera datapoietica (2021): https://www.he-r.it/project/udatinos/ ; Udatinos Verona, 2025: https://urbspicta.org/Udatinos-Verona
Interface and Data Biopolitics in the Age of Hyperconnectivity. Implications for Design: https://arxiv.org/pdf/1705.02449
Stiegler B., 2021. La miseria simbolica, Meltemi Editore (https://www.meltemieditore.it/catalogo/la-miseria-simbolica/)
Educational.city: ecologia dei media e didattica open source: https://www.italiachecambia.org/2024/04/eeucational-city-didattica/
I profeti dell’illuminismo oscuro: https://www.dissipatio.it/i-profeti-dellilluminismo-oscuro/
Sitografia
DARE - Digital Environment for collaborative Alliances to Regenerate urban Ecosystems in middle-sized cities. https://uia.urban-initiative.eu/en/uia-cities/ravenna
La Cura: https://la-cura.it/
HER she Loves Data: https://www.he-r.it/
AOS – Art is Open Source (la produzione del duo Iaconesi/Persico, 2006-2022): http://www.artisopensource.net
pneumOS – La conoscenza dell'Aria è Open Source, la terza opera l'opera: https://www.he-r.it/project/pneumos/
pneumOS, l'opera nel Padiglione Italia di Expo Osaka 2025: https://www.italyexpo2025osaka.it/it/artworks/pneumos
Educational.City: https://www.educational.city/
ReArm Europe: https://it.wikipedia.org/wiki/ReArm_Europe
Palantir Technologies: https://it.wikipedia.org/wiki/Palantir_Technologies
EAQI – European Air Quality Index: https://airindex.eea.europa.eu/AQI/index.html
ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la RicercaAmbientale: https://www.isprambiente.gov.it/it
eXistenZ: https://it.wikipedia.org/wiki/EXistenZ