Riflessioni Sistemiche n° 29


Volti molteplici di un’appartenenza

Dall’essere medico a diventare pensionato e consigliere comunale: cambiamento o continuità;
un tentativo di lettura sistemica


di Raffaele R. Pepe


Medico, pensionato, amministratore comunale,
Socio Ordinario AIEMS, Roma

Sommario

Nell’iniziare a scrivere questo elaborato, mi sento come il signor Palomar: a un “io” sia un “occhio” - “il mondo che guarda il mondo”; non sono anch’ io un pezzo di mondo che sta guardando un altro pezzo di mondo? E forse l’io non è altro che la finestra attraverso la quale il mondo guarda il mondo e per fare ciò ho bisogno degli occhi (e degli occhiali) del signor Palomar: un andamento diadromico (procedere a zig zag) mi coglie. La pipa che fumo nei momenti di ascolto, lei stessa, come gli occhiali, è una periferia della mia mente la quale - stando ai margini come tutte le periferie (o le zone di confine) - può osservare meglio il tutto in divenire: forse.


Parole chiave

comunità, ironia, approccio sottrattivo, pensiero complesso.


Summary 

Beginning to write this work, I feel like Mr Palomar: an “I” may be an “eye” - “the world looking at the world”. Am I not, too, a piece of world looking at another piece of world? And maybe the “I” is nothing but a window through which the world looks at the world, and in order to do this I need Mr Palomar’s eyes (and glasses). A (diadromous) zigzagging path is holding me. The pipe itself I smoke while listening, like the glasses, is the outskirts of my mind. Like all the outskirts (or borders areas) my mind may better watch everything unfolding: maybe.


Keywords

community, irony, subtractive approach, complex thought.



Io conosco poeti

Che spostano i fiumi con il pensiero

E naviganti infiniti

Che sanno parlare con il cielo


 (Da “Sogna ragazzo, sogna” di Roberto Vecchioni)




Introduzione


Ad-cilium: ecco l’origine etimologica del paese in cui si svolgerà questa narrazione. Acceglio (provincia di Cuneo) è un paesino situato ai confini italiani con la Francia: paese di poche anime (circa 150) che popolano anche le dodici frazioni che concorrono a formare l’ultimo comune in Val Maira (Alpi Cozie) in cui si parla anche la lingua occitana; il luogo delle mie origini e ove nacque mio papà Maurizio.



Metodo


Il mio pensiero non ha peso; diventa lieve, quindi capace di far modificare negli altri delle azioni, solo quando egli stesso è supportato dai saggi che mi hanno preceduto (sono come il nano che sale sulle spalle dei giganti). Far parte di una comunità vuol anche dire passare dal “cogito ergo sum” cartesiano al “penso dunque siamo” di Heinz von Fœrster (fisico e filosofo austriaco, pioniere nel campo della cibernetica e dell’intelligenza artificiale). 

Di seguito un mio tentativo di lemmario sistemico che potrebbe andare a costituire sia una Pedagogia di Comunità (rivolta inizialmente alle insegnanti delle nostre vallate) ma anche una Andragogia di comunità (quest’ ultima rivolta inizialmente ai componenti delle amministrazioni comunali montane) (Andragogia è un termine introdotto da M. Knowles nel 1980 e sta ad indicare la formazione rivolta agli adulti).


Note per la lettura:

lungo la lettura del mio elaborato ho inserito dei paragrafi: essi sono i momenti di dialogo vissuti con i cittadini e gli amministratori comunali ai quali, in un percorso induttivo (dal particolare al generale) ho provato a contrapporre un approccio deduttivo (dal generale al particolare).



Contesto


Gennaio 2023.


Freddo, umido e tira area da neve: sono le prime giornate da pensionato e mi sentivo come il falco Bareuf (Calvino I., 2015, pag. 91 e 131) a cui avevano spezzato le ali e non volava più. Con questa immagine del “falco Raffaele” salivo nella mia libreria in soffitta (presso la casa accegliese) e ri-trovai il saggio dello scrittore sanremese “Il sentiero dei nidi di ragno” ove egli cita appunto il falco Bareuf e questa ri-lettura mi è stata di conforto.


Maggio 2023: in una fredda mattina scendevo verso l’unico bar aperto del paese e nell’entrare fui accolto da uno sguardo di soddisfazione misto ad invidia (il lettore deve cominciare ad abituarsi a questi sentimenti doppi, apparentemente in contrasto ma che inquadrano il carattere degli accegliesi) e un timido plauso a sottolineare la mia vittoria elettorale alle elezioni comunali. Conoscendo i miei con-paesani capii subito che la loro comunicazione non verbale e para-verbale in un altro contesto sarebbe stata una ovazione per cui risposi con una battuta: “Vi capisco, non mi avete visto arrivare” (evidentemente da me rubata alla segretaria del partito democratico Elly Schlein).

Questa battuta va contestualizzata: ho vissuto la mia prima infanzia ad Acceglio e mio padre ivi vi nacque; successivamente tutte le estati (da fine giugno a fine settembre) le passavo sempre qui e i 40 anni di professione medica (esercitata altrove rispetto alla Val Maira) mi hanno tenuto lontano agli occhi dei miei montanari: ecco perché si son stupiti del mio successo elettorale.

E subito al primo consiglio il neo sindaco eletto e la giunta mi hanno dato l’incarico di occuparmi di sanità e cultura.



Schismogenesi

Un primo elemento sistemico che si presentò in modo vivace durante le prime riunioni in municipio fu la “schismogenesi”.

 

Le litigate fra fazioni sono all’ordine del giorno e spesso finiscono in nulla o in una bevuta in compagnia al solito bar situato proprio sotto l’edificio comunale.


La nascita di una scissione (appunto “schismogenesi”) è frequente e di tipo complementare (quando il comportamento di un gruppo stimola nell’altro gruppo un comportamento di tipo opposto).

Essendo dinamiche che nascono in un gruppo omogeneo come quello della giunta comunale, appena io colgo un innalzarsi del “conflitto” intervengo con l’ironia come bene ci indica G. Bateson quando si vuole bloccare il passaggio da una perturbazione minima dell’omogeneità a una amplificazione irreversibile o punto di non ritorno. L’uso dell’ironia da parte mia (facilitato dal tenere in bocca la pipa non accesa che mi conferisce sia un’aria autorevole che bonaria) dipende dal conoscere bene coloro che compongono la giunta stessa: osservare i loro non verbale e para-verbale; l’ironia la ho utilizzata spesso come medico in emergenza.

Nel pomeriggio del 31 maggio 2023 si insedia il consiglio comunale neo eletto. Io vi partecipo con una postura leggera come si entrerebbe in una casa di vetro; questa cornice comportamentale mi è d’aiuto anche nei successivi incontri e la ho acquisita dalla mia passata attività esperienziale come medico. Il prof. Sergio Manghi ci ricorda la metafora cara a Gregory Bateson: “Dice il proverbio che quelli che abitano in una casa di vetro, soprattutto se vi abitano con altri, dovrebbero pensarci bene prima di tirarsi dei sassi”. (Cortopassi S., Rovelli M., 2023, pp. 111-112).



Comunità

Sentirsi far parte di una comunità, senza cadere nella facile retorica. 


Al mattino, prima di entrare in Municipio, con gli amici che fan parte dell’amministrazione comunale abbiamo preso – fin dai primi giorni – l’abitudine di 

trovarci per un caffè presso il bar del paese e si fa a gara per chi vuole offrire per primo il caffè; questo dispositivo del dono celebra la fiducia e istituisce il processo generativo di comunità. 


Questo ritorno alla comunità ha il significato di una relativizzazione dell’atteggiamento individualista e delle sue forme di vita, un modo per rispondere attivamente alla globalizzazione e alla sua fluidificazione e deterritorializzazione dei rapporti sociali, affidati alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. (Colazzo S., Manfreda A., 2019, pag. 17).

Mi è stata utile la lettura del saggio di Morin in cui il filosofo francese usa l’immagine di “Comunità di destino” che “potrà creare una politica dell’umanità” (Morin E., 2020, pag. 51).

La parola “destino” potrebbe riportarci alla frase “Siamo tutti sulla stessa barca” abusata durante i due anni e mezzo di Covid, ma in una piccola comunità in montagna assume connotati diversi. Edgar Morin, con un saggio scritto nel 2019 (“La fraternità, perché? Resistere alla crudeltà del mondo” con prefazione di don Luigi Ciotti) mi aiuta a forgiare le tre gambe che reggono i bisogni della nostra comunità accegliese: trasporti, scuola e sanità/salute.

“La comunità che viene” è una domanda che come medico ho ascoltato sia nei contesti emergenziali militari (Iraq 2003-2006) sia nei contesti emergenziali civili (terremoto dell’Aquila, Amatrice, Concordia sul Secchia, Sarnano): tutte le popolazioni sopravvissute si sono poste questa domanda. 


Anche nell’entrare nell’amministrazione del comune di Acceglio, sin dai primi incontri pre-elettorali con i potenziali compagni di lista, questa domanda faceva da cornice a molteplici ragionamenti labirintici nel trovare delle risposte adeguate. 


“La comunità che viene” viene ripresa come titolo in un saggio del filosofo italiano Giorgio Agamben. Dalla sua lettura egli ci invita a distinguere fra individualità (quella attuale e nociva) e singolarità; quest’ultima sarebbe “singolarità comune e assolutamente esposta – se gli uomini potessero non esser-così, in questa o quella identità biografica particolare, ma essere soltanto il così, la loro esteriorità singolare e il loro volto, allora l’umanità accederebbe per la prima volta a una comunità senza presupposti e senza soggetti, a una comunicazione che non conoscerebbe più l’ incomunicabile” (Agamben G., 2001, pag. 53). 

L’incomunicabile si nutre dell’identità culturale che, secondo la lettura di Jullien François (filosofo francese), non esiste (Jullien F., 2018), se non la decliniamo in tre dimensioni: quella filosofica (si parla allora di “universale”), quella economica/finanziaria (si parla allora di “uniforme”) e quella politica (si parla allora di “comune”).



Complessità

Nelle riunioni di giunta e/o di consiglio, il nostro sindaco ha la buona abitudine, dopo aver descritto il tema del giorno, di fare un giro di opinioni fra gli amministratori presenti intorno al tavolo e alla fine del brainstorming il risultato o la somma delle diverse opinioni è sempre diverso da quello che lo stesso sindaco si sarebbe aspettato: come mai?


Negli anni ho imparato che questo accade perché il totale è sempre diverso dalla somma delle singole parti o, secondo la Scienza della Complessità: “More is different”. Questa affermazione è tratta dall’ articolo del 1972 su “Science” dal titolo «More is different», di Philip W. Anderson (premio Nobel per la Fisica nel 1977) che disse «Quando una cosa cresce in quantità diventa un’altra cosa» che contestualizzato all’esempio su riportato delle riunioni in Municipio, man mano che aumentano il numero delle opinioni espresse dai membri presenti intorno al tavolo, alla fine il risultato sarà diverso da quanto ci saremmo aspettati.



Cecità

La vista è uno dei cinque sensi più usato per vedere ma non per guardare. La metafora della cecità ci aiuta anche a comprendere che la nostra mente non alberga per forza nel cervello ma, come nel cieco che usa il bastone per capire dove si trova e dove sta andando, la sua mente è anche in parte in quel bastone come prolungamento della stessa.

Lo scrittore e premio Nobel portoghese José Saramago scisse nel 1995 “Cecità” dalla cui lettura colgo un suo monito pesante quanto vero: “Di quanti ciechi ci sarà bisogno per fare una cecità?”.

Alle volte la mia stessa vista è offuscata dal mio pensiero “monolito” che a tutti i costi voglio portare avanti nelle riunioni di giunte/consiglio comunali. Questa mia vista offuscata, se colpisce nel comportamento e atteggiamento anche gli altri amministratori, rischia di portarci alla cecità ben indicata dal suddetto scrittore portoghese.



Ironia

In certe confraternite sufi c’è una sorta di test di accesso: il senso dell’umorismo. Chi ne è privo, non viene introdotto. Perché? Perché chi non ha senso dello humor è in potenza un fanatico, un ossessivo, uno predisposto alla sudditanza psicologica e alla mancanza di senso critico. Ecco una delle ragioni per cui l’insegnamento viene mediato anche attraverso l’ironia, lo humor e il gusto per il gioco. È ciò che nel 1992 Gianluca Magi definì: La Via dell’Umorismo. Ne scrisse un libro dedicato a Mullah Nasruddin, il saggio burlone; l’idea incontrò Alejandro Jodorowsky che scrisse la presentazione nel libro.

L’ ironia, con la sorella autoironia compongono l’umorismo, definito da alcuni come il settimo senso (Forabosco G., 1994; Gulotta G., Musu M.L., Forabosco G., 2001).

La presenza della satira (di cui l’ironia è il mezzo) fa sì che, fin dai tempi dionisiaci ai nostri carnevali, il potere non prenda il sopravvento; il sacro senza il profano diventa integralismo.

“C’è un apprendimento e senza dubbio una generalizzazione dell’apprendimento per coloro che imparano a ridere in situazioni di doppio vincolo, i quali avranno certi vantaggi e certe gioie nella vita che altre persone non hanno”. (Falghera M., 2020, pag. 142).

Italo Calvino, la cui lettura mi è sempre stata di supporto sia nel mio operare come medico che come amministratore comunale, disse “le cose che contano sono soprattutto quelle che dico con ironia”. In questo senso la sua denuncia delle diseguaglianze sociali possiede i tratti di una “leggerezza” – categoria intellettuale a cui dedicherà una delle più famose Lezioni americane (1985) – che consente di veicolare anche contenuti complessi. Ma dal momento che quanto viene detto attraverso l’ironia risulta essere molto importante, si accompagna allo humour sempre un sottofondo malinconico ed è proprio in virtù di questo connubio che la “leggerezza” risulta essere completamente altro rispetto alla superficialità. La “leggerezza”, anzi, si associa con la precisione e la determinazione, e non con la vaghezza e l’abbandono al caso. (Toscano M. A., 2011, pag. 380).



Approccio sottrattivo

…Esercitando nelle riunioni comunali l’occhio e l’orecchio sottrattivi cerco di tenere ben distinti “l’individualismo” dalla “Individuazione”; l’individualismo crea il mito dell’autosufficienza, riducendo il soggetto ad “atomo” sociale. L’individuazione poggia sul concetto complesso di autonomia che si può costruire effettivamente non recidendo o strumentalizzando il legame con gli altri e con la natura, ma nella consapevolezza della dipendenza dagli altri e dall’ecosistema (Ceruti. M., Bellusci F., 2020, pag. 108).


L’approccio sottrattivo può essere applicato da parte dell’amministrazione comunale di Acceglio? Direi di sì col fine di contrastare la parola “eccellenza” che colpisce inesorabilmente tutto ciò che è eco-turistico-gastronomico: le Stelle Michelin, le bandiere arancioni del Touring Club e il prestigioso Patrimonio dell’Unesco (vedasi il capitolo dal titolo “Meglio la serie B” - Ferrari M. A., 2023, da pag. 95 a pag. 108 e poi pag. 121). 

Un approccio sottrattivo è la diffusione di un turismo lento e non una sua concentrazione: il piccolo più che il grande richiamo (pag. 122 ibidem). Togliere più che aggiungere è la scelta più intelligente e lungimirante per un politico (pag. 123 ibidem). La complessità ci aiuta a stare piccoli pur potendo pensare in grande. 



Sviluppo e progresso’ Pasolini P.P. 1995


Marcello Cini nel capitolo “Mito e realtà della scienza come fonte di benessere” (Cini M., 2011, pag. 201) poneva già nel 1976 il problema: “Non è più possibile dare per scontato che il benessere sia maggiore a un livello complessivo di produzione più elevato che non a un livello più basso”. Queste osservazioni mi portano a Pier Paolo Pasolini che pone la differenza fra sviluppo e progresso. Il profetico Pasolini sul “Corriere della Sera” del 1° febbraio 1975 (Scritti Corsari): “nei primi anni Sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua […] sono cominciate a scomparire le lucciole. […] Sia il grande paese che si stava formando dentro il paese – cioè la massa operaia e contadina organizzata dal Pci – sia gli intellettuali anche più avanzati e critici, non si erano accorti che “le lucciole stavano scomparendo”», impegnati a identificare quello che allora si chiamava “benessere” con lo “sviluppo”. Lo scrittore di Casarsa distingueva fra sviluppo inteso come produzione intensa, disperata, desiderata, smaniosa, di beni superflui, e il progresso come produzione di beni necessari; nella nostra realtà montana per beni necessari indichiamo i trasporti, la scuola e la sanità/salute. Nel riascoltare l’intervista in cui PPP distingue fra sviluppo e progresso, mi compare la copertina di un libro. “La montagna incantata” di Thomas Mann, in cui lo scontro fra la visione illuminista di Settembrini e la visione radicale antimoderna di Leo Naphta fanno da sfondo a un dualismo mai risolto che ogni anno si ripresenta sulla terra della nostra vallata. Questo dualismo viene definito andamento bi-fasico da Ferrari M. A., 2023. In “Assalto alle Alpi”: nella stagione estiva siamo tutti con Settembrini e nella stagione invernale siamo tutti con Naphta.



Utopia


Quando mi confronto con gli altri consiglieri, sindaco e assessori, su argomenti a me cari: salute, SSN, medicina di prossimità, salutogenesi, dai loro sguardi colgo un senso di smarrimento misto a “questo è matto”. Con queste realtà sono ormai in confidenza da anni (avendo lavorato come medico per quattro lustri con le popolazioni migranti) e mi trovo a mio agio perché c’è una parola che mi viene in aiuto: utopia.


Questa parola diventa – in me – azione attraverso l’immaginario dell’isola che non c’è ben descritto da James Mattew Barrie (autore di Peter Pan nel 1904) e la canzone di Edoardo Bennato; la fantasia utopica di noi amministratori dovrebbe, per arrivare all’isola che non c’è, seguire la:


Seconda stella a destra

questo è il cammino

e poi dritto fino al mattino

poi la strada la trovi da te

porta all’ isola che non c’è


(Canzone di Edoardo Bennato “L’isola che non c’è”) tratta dall’album “Sono solo canzonette” e anche questo titolo è – a suo modo - sottrattivo). Per chi avesse bisogno anche di immagini (che aiutano ad agire) consiglio la visione del film “Neverland. Un sogno per la vita” (regista Marc Forster, 2004 con Johnny Depp).



Salutogenesi


Dalla pandemia covid-19 abbiamo imparato due cose:


a) Non possiamo farcela da soli.

b) Dobbiamo riposizionarci rispetto al concetto di salute/malattia.

Un percorso di salute/malattia scorre su due rotaie: la possibilità del cittadino di accedere alle cure primarie e la possibilità del cittadino di accedere alle conoscenze scientifiche e umanistiche “attraverso una piattaforma condivisa di conoscenza che sia largamente fruibile per tutti anche nel corso dell'istruzione primaria, secondaria e superiore (vedasi il “Tesoro delle Scienze e delle Lettere”, per indicare che tutti i cittadini possano fruire efficacemente degli elementi essenziali della cultura scientifica, tecnologica e sociale in ogni fase della loro formazione – Manifesto di Montpellier. Pristipino C., 2022, pp. 6-25).

Un cambio di paradigma basato sulla sanità d’iniziativa: prevenzione e lotta alle diseguaglianze socio-economiche (di malattie croniche si ammalano e ne muoiono molto di più le fasce più disagiate della popolazione), supporto all’auto-cura, presa in carico a lungo termine dei pazienti da parte di team multiprofessionali e multidisciplinari composti da medici di famiglia, infermieri e specialisti, continuità delle cure e più tempo dedicato alla relazione tra professionisti e pazienti, integrazione socio-sanitaria. Il cambio di paradigma richiede un forte rilancio delle cure primarie e dei servizi territoriali (Maciocco G., 2019, pag. 146-154).

Negli anni ’70 del secolo scorso, Aaron Antonovsky (sociologo israeliano 1923-1994) introdusse il termine “salutogenesi”: imparare come un individuo può̀ diventare più̀ sano o meno ammalato (Lindstrom B., Eriksson M., 2022, pag. 13). Se analizziamo su una scala diacronica l’evoluzione storica della relazione medico-paziente possiamo osservare come questa relazione sia passata da osservare i pazienti come semplici portatori di malattia, poi fruitori di servizi, e poi ancora detentori di diritti ed infine riconosciuti quali protagonisti nella gestione della propria salute e auto-realizzazione: connettere salute con apprendimento.


Se proviamo ad inserire la relazione paziente della Val Maira-medico in questo sviluppo temporale su descritto, siamo ben lontani da una relazione salutogenica paziente-medico, ove la stessa dovrebbe dare alla persona, che vive in questa valle alpina, una sua autonomia.


L’ impatto concettuale della Carta di Ottawa (1986) e della Carta di Bangkok (2005), fornisce due “coordinate” che, combinate, possono fornire uno schema interpretativo utile a disegnare – ovviamente in termini ideali – lo scenario che vede il passaggio della relazione di cura medico-paziente a quella paziente-medico.

Queste coordinate sono costituite dal concetto di autonomia delle persone (e quindi anche della persona che vive in Val Maira a maggior ragione) nella gestione della propria salute, e da quella della molteplicità dei determinanti della salute.

L’intersecazione delle due coordinate permette di posizionare i patterns nei quadranti ricavati e di vederne meglio i contorni. L’area ricoperta da ogni pattern ne evidenzia la zona di differenziazione ma anche di contiguità rispetto agli altri.

I determinanti sociali della salute sono così distinti: età, sesso e fattori costituzionali (determinanti non modificabili); stili di vita individuali, reti sociali e di comunità, condizioni di vita e di lavoro, condizioni socio-economiche, culturali e ambientali generali (determinanti modificabili).

I determinanti della salute valgono per ogni individuo vivente sul pianeta Terra e furono introdotti e descritti dal 1991.

L’approccio salutogenico ci aiuta a passare dal PIL (Prodotto Interno Lordo) al BES (Benessere Equo Sostenibile); il BES è calcolato annualmente dall’ ISTAT.


'Benessere Equo Sostenibile' ISTAT


Qualità delle relazioni

Se osserviamo il comportamento dei componenti della giunta e/o consiglio comunale, esso non finisce col termine dei lavori in municipio ma – come processo naturale (ove per naturale intendo non-forzato) continua o precede le suddette sedute amministrative in luoghi non istituzionali. 


In questa mia posizione di osservatore trovo un alleato in Gregory Bateson (e dopo di lui anche René Girard con la parola “mimesi”) che usava una frase “la relazione viene prima, precede” e in me ciò equivale alla sacralità della qualità relazionale. Per sacralità intendo - in senso laico e non religioso - una scelta che richiede sacrificio: quest’ultimo orientato a non cadere subito nel polemos o nella hybris (vedasi il concetto di schismogenesi) e a mantenere tale qualità relazionale anche nel tempo. Questo sacrificio non è fine a se stesso ma è sotteso al fatto che “la parte non può in alcun caso controllare il tutto” (Bateson G. “Verso una Ecologia della mente” pag. 477), “la vita non è fatta così” (ibidem pag. 478); a nessun essere umano, neppure al più potente e agguerrito che ci riesca di immaginare, è dato essere padrone dei propri atti, controllare unilateralmente i loro effetti sugli altri e sul mondo in cui vive (Manghi S., 2004 pag. 86).


Il tempo è fuori squadra
…Un mattino della primavera scorsa camminavo lungo i sentieri dell’alta Val Maira e mi fermai in una radura a fianco di una baita; vi era un gruppo di villeggianti e nell’accendermi la pipa per riposarmi, una di esse mi guarda e dice: la conosco, lei abita ad Acceglio e l’ho vista con la pipa accesa fumare nel dehor del bar; non siete in tanti a fumare la pipa. Confermai le sue osservazioni e iniziammo a disquisire sulle bellezze dell’alta valle, sui boschi, sui fiori, sui tipi di muschio e a un certo punto un altro viandante che ci ascoltava dice: non capisco come non si faccia nulla per tutelare “tutto questo ben di Dio”. Mi vennero così in mente le parole di G. Bateson “Il tempo è fuori squadra”.

Bisogna rifarsi alla frase originale in inglese tratta dall’Amleto di William Shakespeare

“The time it’s out of joint” cioè il tempo è fuori dal cardine, ad esempio della porta, ove per cardine si intende il perno sicuro intorno al quale tutto ruota.

È finito il tempo delle certezze.

La certezza dell’efficacia della vendetta (vedi la trama dell’Amleto), la certezza dell’efficacia dello Stato, della industria, della Scienza, di Dio (parafrasando Woody Allen: Dio è morto, Marx è morto e anch’io oggi non mi sento molto bene).

La certezza della crisi cioè del passaggio da un prima a un dopo (una crisi appunto transitoria per sua natura); oggi noi siamo perennemente nella crisi della crisi.

Nonostante ciò continuiamo a pensare in termini obsoleti rispetto a questo nuovo mondo, e questi nuovi e necessari modi di pensare non possono più esprimere quel senso di certezza a cui eravamo abituati in passato.

Nel 1978 Gregory Bateson assegnava ad un suo memorandum questo titolo “Il tempo è fuori squadra” come monito ed invito per chi ha la responsabilità di formare le giovani generazioni. 

Come afferma Mauro Ceruti (1998), oggi è iniziato un percorso di riformulazione delle identità tradizionali all’interno di ecologie concettuali unitarie: per ciascuna delle polarità, delle dicotomie, delle coppie concettuali, onnipresenti nelle nostre narrazioni e teorie della storia naturale e del tempo profondo, perde di senso sia la metafora dello “scontro frontale” fra le due polarità, che dovrebbe condurre alla vittoria e alla scelta di una delle due, sia la ricerca di un punto di vista sintetico, a metà strada nell’angusta linea che le interconnette (Ceruti M., 1998, pp. 227- 235).



La MAPPA non è il TERRITORIO: incapacità positiva e capacità negativa
…Nei confronti dialettici fra gli amministratori comunali, spesso sento dire: “Si è sempre fatto così”: una delle frasi più pericolose (Ferrari M. A., 2023, pag. 17 e 120) …


Grace Murray Hopper, matematica americana celeberrima in patria e tra gli informatici, disse che suddetta frase è "la frase più pericolosa in assoluto"; lei ebbe la competenza per esprimersi in merito; proviamo a raccontare – brevemente - la sua biografia (Mosticoni S., 2011). Classe 1906, professoressa di matematica e fisica, durante la Seconda guerra mondiale, entra nella Marina militare dove progetta e realizza il primo computer digitale. Sono suoi Harvard Mark I, Univac 1, Cobol (linguaggio usato ancora oggi) e la parola bug, che all'origine fu davvero un insetto, una falena che entrata negli ingranaggi del computer lo aveva bloccato.


Episodio sulla vita di Grace Murray Hopper, ‘Signals’ S1.E3.‘The queen of code’ di Gillian Jacobs

Incapacità positiva: quel particolare tipo di incompetenza che si accompagna all’eccessiva competenza; possiamo pensare al burocrate che “fa il suo dovere” in maniera ottusa, rispettando formalmente le regole senza però guardare ai risultati. ...tipico fenomeno dei sistemi burocratici contemporanei con conseguenze disastrose per gli individui (burnout, mobbing) e per le organizzazioni in cui essi operano.

Si parla allora di anomia (come dice Merton, riprendendo un termine introdotto da Emile Durkheim) trovandoci di fronte ad una discontinuità tra scopo e mezzo per raggiungerlo. Secondo la “teoria della devianza” di Merton, il burocrate usa una modalità di adattamento detta “ritualismo” caratterizzata da un’osservanza rigida delle regole senza condividere gli scopi sociali del sistema in cui lui opera, rischiando di confondere il mezzo col fine. Alle volte il burocrate dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter dire: “Preferirei di no” parafrasando la famosa frase che “Barnaby lo scrivano” pronuncia appunto sovente verso il suo datore di lavoro (Deleuze G., Agamben G., 1993, pag. 11).


Capacità negativa: nel 1817 il poeta John Keats (poeta britannico 1795-1821) disse: “la capacità negativa è quando l’uomo è capace di stare nelle incertezze, nei Misteri, nei dubbi senza essere impaziente di pervenire a fatti e a ragioni”.

Tale osservazione fu ripresa nel 987 da Robert Unger definendola “...la capacità di trascendere i contesti formativi, dati ed ereditati, rendendoli aperti, tramite il pensiero e l’azione, alla loro revisione.”

Affermazione ripresa in Italia da Giovan Francesco Lanzara: la capacità di “essere” nell’ incertezza, di farsi avvolgere dal mistero, di rendersi vulnerabili al dubbio, restando impassibili di fronte all’ assenza o alla perdita di senso, senza volere a tutti i costi e rapidamente pervenire a fatti o a motivi certi.


Antropocene
È una parola fortemente divisiva e carica di valenza politica.

Partiamo da una immagine:

L’artista spagnolo Isaac Cordal presentò, per la prima volta, questa sua installazione artistica a Berlino nel 2011 “Follow the Leaders”. In essa si vede un gruppo omogeneo di persone (tutti uomini bianchi di età avanzata), deputati visibilmente a rappresentare la specie umana (l’Antropos); l’opera sollecita, forse senza volerlo, la domanda: dove sono tutti gli altri? Chi (e cosa) è diventato invisibile? La risposta suggerita dall’installazione di Cordal è che gli altri sono invisibili perché già annegati, vittime non soltanto del cambiamento climatico ma anche dell’inerzia del potere (Barca S., 2017, pag. 56).


…In una delle riunioni di Giunta, un amministratore locale esprime spesso questa frase: “Non ce la possiamo fare, non ne siamo capaci” riferendosi a cosa possiamo fare per tutelare le zone S.I.C. (Sito di Interesse Comunitario) e Z.P.S. (Zona Protezione Speciale) che coinvolgono vaste aree dell’alta Val Maira. Conoscendo questo consigliere, che è stato anche una famosa guida alpina, e capendo il suo stato d’animo quando si infervora su questo argomento, gli ho raccontato la metafora dell’effetto colibrì ovvero non si è mai troppo piccoli per generare un grande effetto, perché l’insieme delle scelte individuali incide sull’intero ecosistema naturale (Cortopassi S., Rovelli M., 2013, pag. 7). L’amico guida alpina mi ha guardato perplesso ma nello stesso tempo, essendo egli dotato di onestà intellettuale e incuriosito, mi fa capire che ci avrebbe pensato…


Zona Protezione Speciale’, Rete Natura 2000, Dematteis M., Nardelli M., 2022, pag.148


L’ effetto colibrì mi porta a un’altra discussione: perché dobbiamo dotare tutti le frazioni e le aree pubbliche di bidoni per la raccolta rifiuti e fare la differenziata? Nel 1969 il professor Philip Zimbardo condusse un esperimento di psicologia sociale presso l’Università di Stanford. Egli lasciò due automobili identiche, stessa marca, modello e colore abbandonate in strada, una nel Bronx, zona povera e conflittuale di New York, l'altra a Palo Alto, città ricca e tranquilla della California. Lo scenario era quindi quello di due identiche auto abbandonate in due quartieri con tipologie molto diverse di abitanti, con una squadra di specialisti in psicologia sociale a studiare il comportamento delle persone in ciascun sito. Ciò che accadde fu che l'automobile abbandonata nel Bronx cominciò ad essere smantellata in poche ore, perdendo le ruote, il motore, gli specchi, la radio, e così via; tutti i materiali che potevano essere utilizzati vennero rubati e quelli non utilizzabili vennero distrutti. Al contrario, l'automobile abbandonata a Palo Alto rimase intatta. In tali casi è comune attribuire le cause del crimine alla povertà. Tuttavia, l'esperimento in questione fu proseguito. Dopo una settimana, durante la quale la vettura abbandonata nel Bronx era stata completamente demolita mentre quella a Palo Alto era rimasta intatta, i ricercatori decisero di rompere un vetro della vettura a Palo Alto; in breve tempo i ricercatori assistettero alla stessa dinamica di vandalismo che avevano registrato nel Bronx: furto, violenza e vandalismo ridussero il veicolo lasciato a Palo Alto nello stesso stato di quello abbandonato nel distretto malfamato di New York. Lo stesso esperimento di Zimbardo del 1969 mi è d’aiuto nel portare avanti l’importanza di dotare le aree turistiche di idonei servizi igienici (oltre agli evidenti motivi di igiene pubblica).


Le auto abbandonate’, Teoria delle finestre rotte, Wikipedia


Conclusioni
La nostalgia (nostos: ritorno in patria e algos: dolore sofferenza): il laudator temporis acti come lo chiamavano i latini, è in agguato, è un pericolo? Se teniamo distinti l’inizio col principio possiamo trovare consolazione nell’oscillare fra queste due parole: se per inizio intendiamo il luogo e il tempo in cui siamo nati e abbiamo vissuto la nostra prima infanzia possiamo, con i ricordi, nutrirci da esso. Ma non bisogna esagerare e quindi, oscillando, ci portiamo verso il principio che implica una passione, un coraggio ad affrontare le nuove difficoltà che ci porteranno inevitabilmente a nuovi cambiamenti. Lo stoico di Seneca, nelle sue Lettere morali a Lucilio, mise in guardia dal pericolo del rimpianto; la vera sfida - scrisse - è affrontare con coraggio e discernimento le difficoltà del presente, accettare ciò che la marcia dei tempi impone, vivere in armonia con i propri simili. 

In ognuno di noi vi è un Ganesh Talai (si veda il film “Lion la strada verso casa” del 2016 diretto da Garth Davis). “La baracca di legno, stipata di umanità dolente, è piena di parole, di ricordi e di un altro dolore. «Heimweh» si chiama in tedesco questo dolore; è una bella parola, vuol dire «dolore di casa»” (Levi P., 2019, pag.48).


Post-fazione
…Vi è una frase che sento spesso citare dagli accegliesi: “gli amministratori locali non amano la Val Maira”. Questa affermazione è molto forte: come fa un amministratore comunale a provare amore per ciò che fa? 

Rivolgo la stessa domanda a me stesso senza voler cadere nella trappola della “concretezza-illusoria”; Whitehead A.N. (filosofo inglese e maestro di Bertrand Russell) usò questo termine e disse: si rischia di “mangiare il menù al posto del cibo”. O se si preferisce confondere il mezzo col fine (anomia): «Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito». Forse vi è uno spirito: sia il greco pneuma, sia il latino spiritus, sia l'ebraico ruah, prima che "spirito" significano esattamente "vento", aria che si muove, lo “spirito del tempo” (in tedesco “Zeitgeist” è un'espressione adottata nella storiografia filosofica otto-novecentesca, per indicare la tendenza culturale predominante in una determinata epoca); queste declinazioni di spirito mi fanno da guida e mi ricordano il titolo di un film: “Il vento fa il suo giro” (film del 2005, diretto da Giorgio Diritti). Pellicola iconica nel descrivere le passioni, il comunicare e le relazioni fra gli Accegliesi e gli altri.


Bibliografia (montana)


Bibliografia (generale)



Filmografia