di Luigi Catzola
Socio Ordinario AIEMS, Roma
Ingegnere, esperto di sistemi complessi
Aprile 2020 - La Terra e il virus
Sono appena passate le 11 del mattino di un giorno di fine marzo 2020, da lontano sento il vociare di bambini … è mia moglie in video conferenza coi suoi scolari via Zoom per la DAD, la didattica a distanza – ora, è così che si fa lezione. Squilla il citofono; rispondo io. “Chi è?” chiedo. “Spesa on line di Carrefour”. Premo il pulsante e apro il cancello esterno, poi apro la porta di casa ed esco nella terrazza antistante il cancello di entrata. “Buongiorno!” gli dico, “Venga pure e poggi le buste su quel tavolo in giardino sotto il portico. Ho lasciato anche delle banconote sotto la ceneriera … prenda pure il costo della spesa e mi metta il resto nella ceneriera, così evitiamo il contatto … e grazie della cortesia”. Un giovane con guanti monouso e mascherina verde poggia le buste Carrefour con la spesa sul tavolo, conta le banconote, poggia il resto nella ceneriera poi alza lo sguardo mi saluta e va via chiudendosi il cancello alle spalle. Anche io ho messo guanti monouso, prendo le banconote e le poggio sul tavolo sotto la ceneriera, le monetine le lascio nella ceneriera. Resteranno lì tre o quattro ore … dovrebbero bastare per dissolvere eventualmente quel maledetto virus. Poi, prendo le tre buste della spesa le porto in casa, mi tolgo i guanti e li butto nella pattumiera. Mi lavo le mani canticchiando una canzone di Battisti, per darmi un ritmo temporale … ho visto fare così su un video avuto via WhatsApp, serve a dare tempo sufficiente al sapone di sciogliere e portar via lo strato lipidico e la catena proteica che legherebbe il virus alle mie mucose, eventualmente stesse lì, sulle mie mani, in agguato. Infine, prendo i pacchetti della spesa e metto le cose al loro posto, poi depongo le buste nell’armadio in terrazza. Prima di rientrare in casa mi fermo un attimo e penso: “Mi sento paranoico … quanto durerà ancora questa follia?”.
È proprio così, qualcosa è radicalmente cambiato! È una brusca discontinuità … e, damblé, la mia vita, la nostra vita, si è completamente trasformata in qualcosa che sembra ci privi, o modifichi, le più elementari libertà umane: l’approvvigionamento del cibo, la comunicazione con le altre persone, la socialità umana, l’igiene domestico, quello personale … ma … perché? … Per un virus? …
Entro in casa. Sono quasi le 12, accendo la tv, ascolto il Tg … dicono che il numero dei nuovi contagiati è inferiore al numero del giorno precedente. Una buona notizia, sembra. Forse, la curva dei contagi sta iniziando la discesa. Salgo su nello studio a prendere dei libri e sento la voce di una bimba che chiede a mia moglie: “Maestra, ma perché questo virus ha attaccato tutti quanti, tutto il mondo?”
“Bella Domanda! Diamine!”. Penso: “Come far capire a una bimba di nove anni la complessità del mondo e del vivere dell’uomo su questo pianeta! …”. Provo mentalmente a fare il punto.
Incertezza, indeterminazione, paradosso, limite, paura, conflitto, dolore, angoscia, terrore, solitudine, morte … tutte parole note che appartengono alla complessità del vivere. Eppure, sembra che in questo momento siano le uniche in grado di descrivere il momento così lungo di sconcerto e disorientamento cui sto assistendo e vivendo. Tutto del mio vivere è drammaticamente cambiato e nulla potrà tornare più come prima. Nulla potrà ripristinare gli stati d’animo precedenti questa pandemia. Né in me, né negli altri.
Ho la consapevolezza, mentre penso, che come specie animale era da un po’ che avevamo superato i limiti sopportabili dal pianeta e quest’ultimo ha iniziato a reagire per cercare nuovi spazi che abilitassero i suoi processi vitali e consentissero nuovi equilibri dinamici. Gaia stava già reagendo da un po’, poi, ora, ha reagito in questo modo, inaspettato, ma prevedibile. In realtà era da tempo che dava segnali di sofferenza. Ma la nostra incapacità di capire la complessità, i prodromi dei cambiamenti di regime stazionario, la prossimità dei punti di catastrofe e di transizione, assieme all’illusione di riuscire a governare qualunque fenomeno potesse essere oggetto di misure quantitative, ha accentuato la presunzione e l’arroganza umana di fronte alla natura. E, questa volta la reazione è stata globale, non locale o sparsa su piccoli territori. No! È stata planetaria! … E planetario dovrà essere il cambiamento umano per non soccombere come specie.
Poi, mentre faccio questi pensieri, odo le parole di mia moglie che risponde alla bimba: “… Beh, vedi Serena, dovete pensare alla Terra come a un essere vivente più complesso dell’uomo. La Terra respira attraverso l’atmosfera, i mari e le foreste. È un essere vivente dove gli animali contribuiscono a favorire la vita dell’atmosfera, dei mari e delle foreste utili alla vita della Terra, così come noi la conosciamo. Quando uno di questi animali, come l’uomo, si sente potente e padrone del mondo, diventa allora capace di modificare gli equilibri che mantengono la salute dell’atmosfera, dei mari e delle foreste che fanno respirare la Terra … e allora, la Terra che fa? Comincia a soffrire e si ammala! E allora? … Reagisce. E con cosa reagisce?” … “Con gli animali che attaccano l’uomo”, risponde Serena. “Brava Serena! Anche se non sono proprio gli animali, ma è il suo sistema immunitario, organismi più piccoli: i virus sono il sistema immunitario della Terra che attaccano l’aggressore, cioè l’uomo … che ha inquinato e che sta ancora inquinando l’aria, le acque … che sta distruggendo le foreste e cementificando i territori naturali. Così, col virus che contrasta l’uomo e la sua economia … i cieli si ripuliscono, le acque diventano limpide, le foreste e le praterie si riprendono il verde e gli alberi … e la Terra comincia nuovamente a respirare bene e a stare meglio …”.
Scusate, bussano al citofono … è il fattorino della farmacia che mi sta portando guanti e mascherine che stavo aspettando per poter uscire e andare di persona a fare un po’ di spesa fingendo di recuperare una parvenza di apparente e minima normalità.
Ottobre 2020 - Il pattern complesso che tiene insieme Terra, uomo e virus
Riprendo, poi, a riflettere su quanto e come abbiamo violato l’ordine che la natura ci ha regalato e che avremmo dovuto lasciare integro, e in evoluzione naturale, ai nostri figli e nipoti. Ci siamo mai posti il problema del limite? Non il limite della nostra capacità umana di fare, operare, risolvere, costruire, raggiungere o superare! Ma il limite posto da un qualunque processo naturale che regola gli equilibri sistemici e mantiene gli ecosistemi e la loro diversità. Sì, perché è proprio la diversità una delle principali ricchezze di questo pianeta. È proprio la diversità che ha permesso l’esistenza della vita, ed è proprio la diversità la principale risorsa che abbiamo compromesso e che stiamo compromettendo. Come? … Privando di alberi le foreste del pianeta. Riducendo al lumicino la biodiversità di queste foreste e confinando flora e fauna in spazi sempre più ristretti che concentrano e limitano la diversità. Quella diversità animale che permette ai virus di potersi sparpagliare e diluire, coabitando con essi, mutando e ad essi adattandosi e convivendo. Quella diversità che permette di allentare l’enorme capacità di sperimentazione della mutazione genica dei virus, permettendo ai virus di convivere con gli animali senza aver bisogno di forzare la propria capacità di mutare per trovare nuovi e più ampi habitat arrivando fino all’uomo. Ecco cosa ci si può aspettare da azioni del genere. Ecco come la natura, ora, per sperimentare nuovi spazi utili a chi si è formato 4 miliardi di anni prima di noi, sta reagendo … al tentativo di impadronirsi con logiche mirate a un utile, logiche top down per il controllo del pianeta e delle sue risorse … verso chi ancora non ha capito che solo dalla partecipazione bottom up, che fa della condivisione e della solidarietà la forza per cambiare, sostenendo gli equilibri naturali e umani, può nascere una trasformazione evolutiva verso una società che veda l’uomo partner della natura per poter co-evolvere insieme verso un futuro ignoto ma complesso, di tutti e per tutti.
Più piccolo di una cellula umana, questo virus di appena un centinaio di nanometri circa (~100 nm), è più piccolo dell’uomo di circa una parte su 10 elevato alla 20, ma è capace di generare all’interno dell’organismo un processo caotico di reazioni capaci di mandare in accelerazione e sovraccarico il sistema immunitario e di creare il paradosso che quest’ultimo vada ad attaccare gli organi che sostengono la sua funzione primaria, la respirazione, compromettendo così la vita, la nostra, così come noi abbiamo compromesso la respirazione di Gaia, compromettendo la sua vita e quella di tutta la vita presente sul pianeta.
Ma, questo non è l’unico paradosso. Questo virus non solo è capace di bloccare un individuo potendolo condurre anche verso la sua morte biologica, ma blocca l’intera vita sociale degli individui, mandando in crisi la loro economia. Compromettendo il loro modo di sostenere la comunità di esseri umani e minando, così, la possibilità di vita sociale e produttiva, quella collettiva il cui valore non è la somma dei valori degli individui, ma è più … molto di più. Nel caso più estremo potrebbe addirittura compromettere l’intera specie umana. E fungere, in tal caso, da reset planetario per l’evoluzione, riportando la popolazione animale della Terra al Neogene o addirittura al Paleogene. È il classico fenomeno da effetto butterfly, lui, pur nella sua ridicola e insignificante dimensione materiale al cospetto umano, annienta l’organismo umano … e procede oltre … annienta la sua socialità, la sua produttività, la sua economia … e potrebbe procedere così fino ad avviare un reset planetario! Un punto di catastrofe da cui ricominciare!
Il virus, come detto, è il classico soggetto capace di essere protagonista di catastrofe da effetto butterfly. Sì, ma catastrofe dal punto di vista dell’uomo. Perché, dal punto di vista del pianeta Terra, come diceva mia moglie alla bambina, il virus è parte del suo sistema immunitario. È una piccola cellula immunitaria che circola nei processi naturali e biofisici della Terra come elemento di catena retroattiva che agisce per recuperare quegli elementi compromessi da equilibri alterati dall’uomo (spazi territoriali, foreste, aria, acque, …) e cercare nuovi regimi di stabilità sistemica per tutti gli elementi funzionali al mantenimento di Gaia. È per dare testimonianza di tali recuperi che ora, dai social network ricevo i video dei satelliti che mostrano la quasi totale scomparsa dello strato di inquinamento, da polveri sottili e gas di scarico, dalla pianura padana e dalle grandi città europee. È per questo che gli animali vagano nelle città deserte riappropriandosi di spazi un tempo loro. L’eccesso di arroganza e presunzione umana presentano l’uomo, al cospetto di nostra signora Terra, come elemento “not self” del suo sistema immunitario e, paradossalmente, l’agire del coronavirus come elemento “self” che contrasta, inibisce, interdice i flussi dei processi lesivi degli equilibri sistemici di Madre Natura, la nostra Terra, intesa come Gaia.
Ebbene, l’unico modo per recuperare l’ambìto ruolo di animale più intelligente del pianeta è quello di comprendere la portata degli errori indotti dall’alterare gli equilibri reticolari, complessi e sistemici, di Gaia. Questi, si son formati in milioni di anni in modo naturale, da tensioni e gradienti naturali equilibrati dalle componenti di natura, in accordo a logiche partecipative “dal basso”. Solo in questo modo “bottom up”, la natura riesce a garantire l’unità partecipativa di tutte le sue componenti al mantenimento delle proprietà dell’intera catena gerarchica e sistemica, fino al livello più alto … che sostiene nostra signora Gaia nella sua interezza e totalità sistemica. Ma, capire questo significa capire che occorre abbandonare ciò che guida l’agire umano verso fini che includono interessi verticali, perché i fini verticali guidano in modo “top down” le azioni umane e questo modo di procedere non permette il mantenimento degli equilibri di natura perché trascura, addirittura a volte combatte, … ciò che apparentemente non è funzionale agli obiettivi posti ma partecipa il mantenimento sistemico del nostro pianeta. Occorre, perciò, avere una visione ampia, non verticale, ma a trecentosessanta gradi e anche lungimirante, di lunga gittata temporale, perché non è sempre detto che ciò che appare diacronico nel breve tempo non diventi sincronico nel tempo lungo.
Significa dire che i fini non possono essere stabiliti solo dal pensiero umano, non devono riguardare solo funzioni di utilità umana, per di più per pochi e non di tutti e tutto, ma, come diceva Georgescu Roegen, devono includere anche le risorse di natura e ricordare che queste ultime hanno dinamiche temporali lunghe più dell’arco di vita di un uomo. Significa dire che l’utile economico e immediato non può, e non deve, muovere il nostro agire, ma deve essere parte di un bagaglio ampio, molto ampio, di valori sedimentati nell’arco della intera evoluzione umana. Questi, devono soddisfare tutto ciò che è
distintivo della nostra essenza umana, che non è la sola materialità fisica o corporea, ma è principalmente la nostra intelligenza, i nostri sentimenti, la nostra conoscenza, i nostri saperi mentali e corporei, la nostra socialità, la nostra etica, ma anche la nostra terra, le nostre acque, i nostri cieli, il nostro bioma … la nostra Gaia.
Significa anche dire che la partecipazione dal basso è capace di promuovere valore non semplice da determinare e prevedere, che vive di indeterminazione e di incertezze … ma procede in avanti. Valore che non è di singoli, né di pochi, ma è comune. Valore che è fruibile principalmente a livello globale, dei gruppi, delle comunità, dei territori, del pianeta. Perché il legame reticolare che ci lega non discrimina tra chi è povero e chi è ricco, tra chi è uomo o canarino o fiore, ma abilita relazioni multiple che permettono osmosi e scambi virtuosi per tutti e per mantenere insieme tutti. Però, una tale idea richiede politiche che aiutino e supportino il rinforzo dei legami sociali, che considerino i rapporti umani, la solidarietà e l’amore, i princìpi guida per stabilire buone relazioni con gli altri, anche se diversi, e anche verso le cose. Richiede la comprensione che la diversità è un valore imprescindibile, che l’incertezza è foriera di opportunità per tutti, che il limite è guida verso l’evoluzione e che ciò che potrebbe apparire come disturbo, o rumore, potrebbe essere seme di novità e di progresso. Insomma, è richiesto un cambio di paradigma nel come intendere la realtà, nel come organizzare i saperi e la conoscenza, nel come promuovere l’agire, nel come estendere l’orizzonte di senso in cui ci muoviamo … quello che Morin ha chiamato “la sfida della complessità”.
Siamo al vertice della catena alimentare, la piramide che vede i batteri e i virus alla base e, via via, passando per vegetali, anfibi, rettili e mammiferi, arriva all’uomo, massima espressione del predatore terrestre per antonomasia. Osservando questa piramide, dobbiamo sempre andare alla ricerca di quel “pattern che connette” tanto caro a Bateson e che unisce noi uomini coi virus e sostiene Gaia, all’interno di questo sistema planetario che è all’interno di questo universo.
Ecco, pensare che pur stando noi al vertice di tale complessa piramide, un sottile legame, ma infinitamente complesso, ci lega verso l’alto … i pianeti, il Sole, le galassie, i buchi neri, ma anche verso il basso … e non solo fino ai batteri e ai virus (basta pensare al nostro microbiota senza il quale la nostra vita verrebbe meno), ma ancora più giù … fino ai legami covalenti delle molecole organiche … fino al legame idrogeno dell’acqua, di cui siam fatti per circa il 90%, … fino …
Significa pensare che il nostro pensare possa pensare complesso.
Significa agire in modo che il nostro agire possa agire complesso.
Significa credere che il nostro credo possa essere creduto da tutti e …
Allora possiamo farcela …
… Ma, solo tutti insieme!