di Carla De Benedictis
Socia Ordinaria AIEMS, Rocca di Papa (Roma)
Medica veterinaria
Foto di C.M. Zijderveld da Pixabay
Aprile 2020 - L’inconscio e il sociale, ovvero il garage e l’orto
Quarantena dal 9 marzo 2020 a ……………….
Ho dovuto far fronte a un certo nervosismo non dovuto alla restrizione fisica, dato il mio stile di vita molto ritirato, quanto alle fosche previsioni del futuro e anche alla inespressa paura di contagiarsi o di essere fonte di contagio.
Le prime due settimane sono volate, tra emergenze di lavoro, corsi online, letture e ascolto compulsivo di notizie provenienti da tutte le fonti. Un vero bombardamento che non faceva altro che aumentare la mia confusione e l’incertezza. Quei giorni sono stati propedeutici a un cambiamento di ritmo, di abitudini e di suoni.
Ciò che mi piace di questa quarantena e penso ne sentirò la mancanza è il silenzio. All’inizio strano quasi inquietante. Strade vuote senza rumore. Sul GRA si poteva lasciare il finestrino aperto, rare le auto, aria pulita. Poi il silenzio, unito alla mancanza di pressione per impegni lavorativi, è stato rigenerante. A casa i gatti sono stati molto nervosi i primi giorni, loro non si abituano facilmente alle situazioni nuove.
Così, dopo l’iniziale turbine di confusione, ho sentito l’impulso forte nel dare un senso concreto a questo lungo riposo. Prima ho restaurato un paio di mobili, per giorni ho scartavetrato nei momenti liberi, pitturato, inseguito tarli nei buchetti con siringa e permetrina. Poi non mi ha dato più grande soddisfazione. Se questo periodo sta servendo per capire cose che non avevamo capito o fare ciò che avevamo sempre rimandato, in effetti avevo due pendenze ormai da un paio di anni. Mettere a posto il garage, dove si camminava solo scavalcando le cose, e ripulire uno spazio di giardino adibito al compost, che era diventato invece il ricettacolo di tutto ciò che non entrava in garage.
Facendo una libera associazione il garage l’inconscio, il pezzo di giardino recintato, le relazioni.
Mi sono chiesta come affrontare con visione sistemica due fatti pratici della quotidianità, che confrontandomi con diverse persone, ho constatato essere dei veri e propri nodi esistenziali. Il riordino di garage (o ripostigli) e pulizia del giardino (o dei terrazzi).
Ho iniziato prima dal garage. Avevo affermato: sposerò l’uomo che mi aiuterà a riordinare il garage. Quando si fece avanti uno, pensai che era meglio se smettevo di delegare a qualcuno la mia pulizia interna e pagarne un prezzo così alto. Per cui mi sono messa poco alla volta a svuotare e riordinare e adesso ho di nuovo il mio tavolo da lavoro e gli attrezzi tutti a posto. Perché mi piace molto riparare, avvitare, saldare. Amo i reparti di ferramenta più di una gioielleria. Con fervore ho etichettato contenitori, ho fatto reparti a tema e diversi viaggi all’isola ecologica. Finalmente dopo aver ritrovato tutta l’attrezzatura del reparto “agricoltura”, liberata dal peso esistenziale di un matrimonio di interesse, ho potuto dedicarmi alle mie relazioni sociali. Ero e sono molto soddisfatta del mio lavoro, entro spesso in garage per compiacermene.
Step 2 - il lato oscuro del giardino.
Aprendo la porticina che mi introduce in questo spazio pieno di vasi, di attrezzi, di ramaglie, e da un mucchio informe di compost l’istinto è di rinunciare, dove metto mano a pulire e perché? Poi mi viene un’idea: ma se facessi l’orto sul mucchio del compost senza zappare proprio niente? A volte le situazioni le abbiamo sotto gli occhi, basta fermarsi e osservare.
Qui mi sono riconciliata con la terra. Mi ero ripromessa di non faticare più producendo qualcosa che potevo comodamente comprare al mercato ed utilizzare quel tempo in attività più proficue. La mia vita in campagna era stata troppo dura e volevo lasciarmi quel periodo definitivamente alle spalle.
Invece sono stata inaspettatamente presa da un grande entusiasmo e ho voluto dall’inizio progettare un orto sinergico, un metodo di coltivazione che rispetta le sinergie tra piante, aumenta la biodiversità, inoltre le stesse piante si difendono tra di loro dagli attacchi dei parassiti interagendo una con l’altra. Solidarietà e co-costruzione.
Le piante con la loro rete sotterranea di micorrize e le chiome esterne che attirano insetti, producono frutti e fiori, si allargano, strisciano, escono da fessure di pietre, ci ossigenano, non sono di per sé un esempio perfetto di sistemica? Ma la relazione con le piante è anche faticosa perché è di cura, serve costanza, competenza e amore. Come con gli esseri umani.
E’ più facile entrare in relazione con una persona che ci stimola le nostre qualità piuttosto che le ostacoli, così è bene che pomodoro e cetriolo non stiano vicini, ma che il pomodoro abbia accanto chi ne esalterà il sapore, il basilico o la menta, e il cetriolo possa godere di un po' di ombra durante la calura estiva, cosa che i pomodoro invece ama.
Mi sento un po' pomodoro, una solanacea non velenosa, ma che non va proprio d’accordo con tutti. Neanche il cavolo vuole vicino, in effetti è un po' pesante. Come i miei clienti ansiosi che mi martellano a tutte le ore e per motivi futili.
Ma la cipollina e l’aglio li ama. Una panzanella fa convivialità e nutre.
Non si può andare d’accordo con tutti o per lo meno, ci vogliono dei mediatori a volte. Allora tra pomodoro e cavolo possiamo metterci un sedano e una pianta di tagete, che colora e rallegra il verde monotono dell’orto, divide i due contendenti, smorza le tensioni e tiene a bada gli insetti. Si perché pare che il cavolo faccia ammalare il pomodoro, o che comunque la loro vicinanza crei problemi di salute a entrambe. Ci sono persone che ci fanno questo effetto!
Ho poi dovuto dare un proprio spazio ai fagiolini utilizzando una rete già presente, per permettere la loro scalata ai piani alti e le zucche poi, che personalità!
Avete presente le persone esuberanti che parlano ad alta voce, danno pacche sulle spalle e invadono tutti gli spazi? Le zucche. Il peso del loro frutto è direttamente proporzionale alla lunghezza del loro stelo. Due kili di zucca? Due metri di stelo e foglie enormi. E dunque anche per loro ho dovuto trovare un posto dove potessero esprimersi nella loro esuberanza. Insomma agli esuberanti bisogna trovargli il posto giusto, dare loro qualcosa da fare, e così esprimono forme diverse e tanta dolcezza.
L’ordine e le piante, il lavoro manuale e la fatica fisica mi stanno aiutando a fare utili connessioni e a trovare un centro in questo periodo così confuso.
Novembre 2020 - Il fuoco di paglia ma la cenere ha molti usi
Le situazioni che ho affrontato nella prima fase di un periodo complicato, sembravano in via di evoluzione positiva.
Alla vigilia di nuove restrizioni mi viene da pensare a una lunga gestazione di grandi mammiferi, tipo il rinoceronte, l’orca o la giraffa che incubano il loro cucciolo per molti mesi oltre un anno, e spero che la ritrovata libertà dal contagio sia un parto pachidermico a due anni dal concepimento.
Mi vivo questa pandemia come un peso fastidioso, uno zainetto sempre sulle spalle pieno di regole, di messaggi confusi, di proprie paure inespresse, relazioni modificate e di una stanchezza strisciante fatta di assuefazione e solitudine.
Una gobba scomoda che la senti quando ti giri nel letto o cerchi riposo sul divano. Un arousal continuo che cozza con i ritmi naturali di piante e animali.
Non ho altra scelta che osservare cosa succede fisicamente intorno a me, estromettendo tutto ciò che impegna inutilmente la mia mente. Riesco meglio a seguire la crescita di una pianta piuttosto che intrattenermi in discorsi sempre con lo stesso tema, il virus, il vaccino, le restrizioni. Se si rimane in ascolto, qualcuno si mette in comunicazione.
L’ambiente in cui vivo, mi ha parlato chiaro e forte.
Parla l’orto sommesso e strisciante. Fornito di acqua, ma abbandonato a sé stesso, nel pieno dell’attività vegetativa, le zucche hanno fatto da padrone, impedendo giorno dopo giorno l’espressione delle altre piante.
Zucchine, peperoni, fagiolini, fagioli, cipolle, agli, non ce l’hanno fatta, sono stati invasi da chi aveva più mezzi e prepotenza. Le loro spire sono strisciate per terra fino a superare barriere come siepi, muri, pergole, passando attraverso reti, sbarre, fessure, scalando e avviluppandosi dappertutto, seminando sul loro cammino fiori gialli. Gli hanno tenuto testa i pomodori ma con scarsa produzione e il cavolo nero. La Zucca ha trovato un alleato potente, il Kiwi, noto avviluppatore infestante, serrando in pochi giorni il cancelletto dell’orto per impedirmi di entrare. Una presa del potere che ho dovuto soffocare con la forza.
I tarli replicano. Dopo una morte apparente hanno ricominciato a rosicchiare, per niente fermati dalle iniezioni di veleno intossicanti, lasciandomi una provocatoria polverina sul fondo del mobile, segnale inequivocabile della loro presenza. Ho così pensato di abbandonarli con tutta la loro casa sotto il sole estivo.
Il garage ha alzato molto la voce. Si è riempito in poco tempo di oggetti che da ordinatamente riposti sono tornati ad essere appoggiati a caso, scatole, cassette, attrezzi da giardino, pitture, pennelli, mobiletti da restaurare, materiale che potrebbe servire ma che in realtà non voglio lasciare andare.
Dentro vi si camminava a fatica, scavalcando, spostando e cercando con sguardo supplicante ora il martello, ora il trapano. Il passato-da archiviare, il presente- il disordine, il futuro-gli strumenti utili mischiati insieme, con il risultato rendere difficile e faticoso muoversi al suo interno.
L’orto e dunque le relazioni vanno curate costantemente. Se si lasciano a loro stesse, al caso di un incontro o a qualche sporadico contatto, potrebbe prevalere la più prepotente e darci l’illusione di essere importante perché da grossi frutti. A scapito delle più fragili, che invece potrebbero rivelarsi nel tempo più durature e sincere. Anche le relazioni hanno bisogno di biodiversità, di sapori, odori e consistenze diverse. Di essere assaporate e gustate. Di tempo e di ritmi. Mestamente ho dovuto comprare al mercato il resto delle verdure, un po' come avere amicizie sui social.
Lasciare andare i tarli-pensieri ricorrenti, fobie ingiustificate significherebbe non sopprimerle con farmaci o succedanei, ma togliere loro il nutrimento vitale. Così i tarli alla fine non si sono estinti col veleno, ma lasciando il mobile al sole e all’aria. La natura con i suoi elementi ha proprietà terapeutiche potenti e gratuite.
L’inconscio- garage non può essere sempre libero, pulito e in ordine. Come ci vuole la società: pericolosamente perfetti e polically correct. Ho accettato che si può anche essere sopraffatti ma che ci sono i mezzi per uscirne. Trovare il tempo e soprattutto la Gioia di dare una riordinata e osservare come il disordine sia pieno di semi creativi, di emozioni, di esperienze e di pensieri.
Un fuoco di paglia iniziale ha prodotto cenere. La cenere sbianca, pulisce, allontana i parassiti e fertilizza. E il ciclo ricomincia.