di Laura Scarino
Socia Ordinaria AIEMS, Roma
Biologa, già Ricercatrice presso il CREA-AL
Aprile 2020 - Caduta nel tempo
Roma, Lunedì 6 aprile 2020
27mo giorno della quarantena COVID19
Mi mancate, tutte. Mi mancate, tutti. E’ successo quasi subito, dopo l’inizio della quarantena. Ma non era come quando ero in ospedale, o ammalata a casa. Allora voi potevate venire, e siete venuti. Questa volta no, nessuno poteva venire o andare. Né io, né voi. Tutti prigionieri. Un… come essere attoniti, aver perso qualcosa, così, di colpo. Una gamba, un braccio, un orecchio. Spariti, spariti i volti cari e conosciuti, i visi sconosciuti della metropolitana, i vicini di strada, che vedi al bar e ti saluti, anche se non sai il nome. Vuoto, silenzio. Non delle relazioni, che si nutrono anche in assenza. Ma… quell’essere in presenza, il tocco di una mano, urtarsi e chiedersi scusa, sorridersi e non da uno schermo. E piano piano il tempo conosciuto mi scivola via di dosso, come un vestito…
Apro la finestra della mia camera da letto, è ancora buio, ma se cantano i merli so che la notte è finita. Il sole entra nel mio balconcino di città poco dopo le dieci in questa stagione, e se ne va passate le cinque. Ma dopo più di tre anni che abito qui l’ho scoperto soltanto ora, e se voglio abbronzarmi, non devo distrarmi, non devo avere altro da fare. Sennò sarà il giorno dopo, e speriamo che non ci siano le nuvole. I rondoni, come ogni anno li ho aspettati con impazienza. Quest’anno più di ogni altro anno. I primi sono arrivati, come ogni anno, quando il loro viaggio è terminato. Non prima, non dopo. E guardo questo cielo, così trasparente che ci vedo attraverso e penso a questa sottile bolla d’aria che ci racchiude, e dopo… solo l’immenso spazio infinito. Riemerge in me la memoria del tempo in cui non c’eravamo e la vita respirava su questa Terra. Avevo bisogno di questo tempo, ma lo so soltanto ora. E forse anche tutta l’Umanità ne aveva bisogno, e lo scopre solo ora. E la Terra, ne aveva bisogno anche. E lentamente mi si cuce addosso un nuovo tempo. Il tempo della luna di Pasqua, ogni giorno un po’ più piena. Il tempo delle foglie del platano davanti alla finestra, lentissimamente un po’ più grandi ogni giorno. Il tempo dei fiori di nasturzio sul mio balcone, che non posso far sbocciare più in fretta, che non posso far appassire più lentamente. E il tempo “di prima” non c’è più, e non sarà più lo stesso tempo. Nella mia casa ora c’è tutto il mondo. Potrei, forse, desiderare di non uscirne più.
Ottobre 2020 - Il tempo dietro gli occhi dei gatti
Caro Sergio,
ti scrivo a proposito del mio contributo per “Riflessioni Sistemiche”, perché per molto tempo ho pensato di non avere nulla da aggiungere, nulla, almeno, che potessi esprimere a parole… Ci ho pensato per tutti questi mesi, insieme ai molti pensieri che mi hanno accompagnata al margine del cambiamento che ha sconvolto il nostro mondo umano. Anche la mia personale raffigurazione del mondo è stata, sotto un'apparente tranquillità, profondamente trasformata: è semplicemente andata in frantumi e si sta riorganizzando per sentieri e intersezioni che forse sono stati tracciati dalla lunga pratica che ho avuto col pensiero sistemico... forse.
Poi un giorno, cercando altro, ho trovato un quaderno per appunti; sulla copertina una foto di Gregory Bateson, una sua frase: "The major problems in the world are the result of the difference between how nature works and the way people think". Riassumeva, di fatto, tutto quello che mi girava per la testa…
Nel periodo di quarantena avevo riletto alcuni capitoli di "Verso un'Ecologia della Mente" con Sista e Carla, guardandoci dallo schermo di un computer, ascoltandoci dalle distanze allora incolmabili delle nostre case. E penso che sia stata una rilettura che ci voleva.
Nella mia vita personale l'inizio della pensione, e della cessazione di un lavoro che mi ha occupata e appassionata per più di quarant'anni, ha coinciso con l'isolamento di tutti noi dalle abitudini quotidiane, dando al mio cambiamento personale una eco molto più vasta. Poi, ho passato molto tempo in campagna, ospite di mia sorella e mio cognato. Un mese e mezzo tutto di seguito: non accadeva più dalla mia infanzia! E così, tempi remoti della mia vita, tempi personali e tempi globali si sono mescolati in un insieme inedito, strano e interessante, seppure estraniante. La sensazione di essere entrata in un mondo del tutto diverso da prima, e non più "riparabile".
Sono stati miei maestri i mutamenti delle stagioni, i colori dei fiori, delle piante, il loro modo di crescere, la loro visione del tempo. In aggiunta, si è formata, intorno al casaletto dove ho abitato, una comunità di gatte e cucciolate di gattini e trovatelli abbandonati o persi. Una tribù di più di 10 creature che mi ha insegnato cose che ho scoperto di non sapere affatto... i nostri errori cercando di far bene, i gattini nati, quelli morti, quelli curati e soprattutto come si intessono le relazioni tra umani e, in questo caso, gatti e come i gatti governano le relazioni tra di loro, indipendentemente da noi umani. Tutte cose che molti sanno già, sono io che ignoravo molto di che cosa significa, senza parole, imparare a vivere insieme. E la conclusione alla quale sono arrivata è che, nonostante le mie molte letture sull'argomento, il pensiero sistemico è qualcosa che non potrò mai comprendere fino in fondo, perché penso e parlo. O meglio, finché penso e parlo… e che spesso, guardando dentro gli occhi di un gatto, che mi guardava, ho pensato a cosa pensasse e come... e questo cosa c'entra con la pandemia? La campagna, i gatti, io che cerco di capirli, il mondo che si ferma e riparte zoppicando... questo sì, mi sembra collegato, e non solo perché io ho il tempo di stare fuori dalla città, ma perché stiamo maledettamente tutte e tutti insieme, sempre... e che ancora non ci abbiamo capito nulla, io credo che stiamo semplicemente andando a tentoni, dopo questo colpo che ci ha offuscato la vista, mettendo vicino pezzetti di intuizioni che ogni tanto emergono, e scompaiono di nuovo.
Così, credo che per il tempo presente mi sia più congeniale un campo con viti, erbe, uccelli, ulivi, fiori, gatti, di una città. Una città dove tutto è cambiato e non posso più guardare le persone in faccia, non posso più abbracciarle, baciarle, dar loro la mano. E per il tempo futuro, chissà. Ma, nel mio caso, credo che i gatti mi potranno insegnare ancora molte cose che non so, ed è necessario che io impari, e farsi accarezzare, a loro discrezione, facendo le fusa.
Con affetto e stima
Laura
Note:
Sergio Boria è psichiatra e psicoterapeuta, presidente dell’AIEMS e componente del Laboratorio di Ecologia della Salute (LES) dell’AIEMS.
Sista Bramini, attrice e autrice teatrale, e Carla De Benedictis, veterinaria omeopata, fanno parte, come me del resto, del LES.