Fisico, Ricercatore Senior (già Dirigente di Ricerca ENEA), esperto in modellistica oceanica e climatica, membro dell'IPCC (Premio Nobel per la Pace 2007), coordinatore di progetti internazionali, supervisore di numerosi studenti di dottorato e master, autore di numerose pubblicazioni internazionali.
Ph. D. in Fisica, Oceanografa e divulgatrice scientifica, attualmente Assegnista di Ricerca presso l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) a Roma.
Ricercatrice al INGV, specializzata in Oceanografia fisica e processi degli oceani, rappresentante del INGV all’Assemblea Generale del JRU del EMSO Italia e Science Service Group del EMSO ERIC, autrice di diverse pubblicazioni scientifiche internazionali.
Sommario
Il tema dei cambiamenti climatici è strettamente legato al concetto di relazione. Comprendere cosa si intenda per "relazione" è dunque la premessa metodologica necessaria. Il sistema climatico è un ecosistema complesso e caotico, lontano da un equilibrio termodinamico, multi-scala, multi-variabile, multisistema e multi-connesso. Un sistema che ne contiene altri al suo interno, anch’essi intrinsecamente complessi, in una stratificazione infinita di relazioni. Parlare di clima implica una riflessione antropocentrica sulla relazione tra umano e non-umano, sia in ambito scientifico che in un contesto più esteso ed olistico. Questo invita a considerare non solo come adattarci ai cambiamenti climatici, ma anche comprendere come farlo rispettando le interconnessioni tra tutti i componenti dell’(eco)sistema. Questo saggio esprime una riflessione sulle relazioni tra i vari aspetti del Riscaldamento Globale, inteso spesso come fenomeno unico, tenendo invece conto delle interazioni, sia dal punto di vista strutturale che sistemico.
Parole chiave
Cambiamenti Climatici, sistemi complessi, criticità del sistema climatico, impatti socio economici dei cambiamenti climatici.
Summary
The issue of climate change is closely tied to the concept of relationship. Understanding what is meant by "relationship" is therefore a necessary methodological premise. The climate system is a complex and chaotic ecosystem, far from thermodynamic equilibrium, multi-scale, multi-variable, multi-system, and multi-connected. It contains other systems within it, each intrinsically complex, in an infinite stratification of relationships. Discussing climate inevitably involves considering the anthropocentric relationship between humans and the non-human world, both scientifically and holistically. This perspective urges us to adapt to climate change while respecting the interconnections within the entire ecosystem. This essay will explore the relationships between various aspects of Global Warming, considering it not as a single phenomenon but through its structural and systemic interactions.
Keywords
Climate Change, complex systems, critical issues of the climate system, socio-economic impacts of climate change.
Da Vita di Galileo, di Bertolt Brecht (1953):
Andrea (forte): la scienza non ha che un imperativo: contribuire alla scienza.
Galileo: No!...Caro Andrea, anche nella mia attuale condizione mi sento di orientarti un poco…su questa professione di scienziato,…Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio…Finché l’umanità continuerà a brancolare nella sua nebbia millenaria di superstizioni e di venerande sentenze, finché sarà troppo ignorante per sviluppare le proprie energie, non sarà nemmeno capace di sviluppare le energie della natura che le vengono svelate…Se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l’uomo.
Introduzione e metodologia
Partiamo dalla definizione di relazione. E’ utile citare il Webster Dictionary (1984) “relation: a logical or natural association between two or more things: CONNECTION” sottolineiamo la locuzione “logical and/or natural”, aggiungendo la congiunzione “and”, poiché tutto il saggio sarà incentrato su questa congiunzione correlativa. Questo elemento è centrale data una premessa epistemologica comune a molti altri settori discussi in questo volume, ne specifica la sua dinamica relazionale nella fisica del clima e le sue più ampie implicazioni politiche, economiche, sociali, come è naturale che sia, tentando financo, connessioni filosofiche-letterarie, sebbene al di fuori delle nostre più specifiche competenze.
Per gioco (e per sfida) abbiamo interpellato ChatGPT su come avrebbe interpretato il concetto di relazione nel settore dei cambiamenti climatici. La ben addestrata intelligenza artificiale non si è tirata indietro, sviluppando un testo (un indice) in linea con le nostre aspettative; tuttavia, pur essendo il più logico è il più convenzionale, noi speriamo di fare meglio. Quello che salta subito all’occhio è l’interconnessione di vari aspetti, umani e non, naturali e non, che mettono insieme anche diversi ambiti e discipline. Per trattare la fisica del clima, e le sue relazioni, con tutte le sue complessità, in modo semplice e comprensibile, vogliamo sposare ed incentivare una cultura meticcia, ibridizzata, “ammiscata” direbbe Camilleri tra scienza e letteratura o altro, attraversando settori disciplinari apparentemente contrapposti come quello scientifico e quello umanistico.
In un precedente saggio, su questa stessa rivista (n. 26, 2022), si è affrontato il tema della complessità dei sistemi naturali, che qui continueremo ad approfondire. In particolare, il saggio si concludeva con una mappa di connessioni, generando nel suo complesso la vita di uno scienziato, attraverso le sue relazioni trasversali: non c’è un collegamento, punto per punto, tra l’aver letto l’Ulisse di Joyce ed il desiderio inconscio di fare lo scienziato. Non c’è un unico seme generativo. Il processo è quello rizomatico e nomadico, in cui le connessioni non seguono una gerarchia univoca e lineare, piuttosto “qualsiasi punto di un rizoma può essere connesso con qualsiasi altro punto, e deve esserlo” (Deleuze G., F. Guattari, 1980). La ramificazione multidirezionale favorisce la creazione di reti complesse di relazioni. La non-linearità diventa presupposto di interazione libera delle idee, capace di generare sapere attraverso nuove forme di conoscenza e comprensione. In questo saggio procederemo in modo rizomatico e nomadico, seguendo la stessa metodologia del precedente lavoro e sorprendentemente anche quello di una filosofa, Rosi Braidotti (2021) nel trattare le questioni fondamentali del femminismo che citeremo e discuteremo in seguito. Tuttavia non è una novità l’interazione tra letteratura e fisica, per esempio la parola quark, coniata da Gell-Mann (Premio Nobel per la Fisica) quando scoprì le particelle più piccole del nucleo atomico, è presa in prestito addirittura dal Finnegans Wake di James Joyce: …In 1963, when I assigned the name "quark" to the fundamental constituents of the nucleon, I had the sound first, without the spelling, which could have been "kwork". Then, in one of my occasional perusals of Finnegans Wake, by James Joyce I came across the word "quark" in the phrase "Three quarks for Muster Mark”. Insomma, la fisica è tra le nostre attività quotidiane e gli scienziati sono persone comuni che vivono gli stimoli culturali del loro tempo. Date le caratteristiche complesse, non-lineari, multi-scala e multi-regimi del sistema climatico, allora quale miglior metodologia se non quella rizomatica e nomadica per sviluppare il nostro argomento? Il concetto di "rizoma" di Félix Guattari e Gilles Deleuze è un concetto filosofico e teorico che è stato introdotto nel loro libro "Mille piani" del 1980. Il rizoma si contrappone alla visione tradizionale e gerarchica dell'organizzazione e della struttura. Ecco alcune caratteristiche chiave del concetto di rizoma:
1. De-centramento e non-gerarchia: Il rizoma è un concetto che abbraccia la nozione di de-centramento e non-gerarchia. Si allontana da strutture rigide e fisse a favore di un modello di connessioni multiple, orizzontali e non gerarchiche.
2. Connettività e molteplicità: nel rizoma, le connessioni tra gli elementi sono essenziali e possono avvenire in molteplici direzioni. Ciò porta a una visione multiforme e diversificata delle relazioni che non sono limitate da una struttura lineare.
Come emerge da questo confronto, la trasversalità delle connessioni del sistema climatico e le sue interazioni con l’umano, si sposano perfettamente con il concetto di rizoma.
Il nostro fine ultimo è dimostrare che non c’è separazione tra ciò che è umano e ciò che non lo è. Ciascuno di noi è un istante di tempo, una particella della gigantesca e incredibile avventura dell’Homo sapiens. E contro una sua possibile estinzione è necessario sviluppare un nuovo umanesimo, approfondito e rigenerato se vogliamo anche riumanizzare e rigenerare i nostri Paesi, i nostri continenti, il nostro pianeta. “La globalizzazione, con le sue possibilità e soprattutto i suoi pericoli, ha creato un destino comune/collettivo e condiviso per tutti gli umani. Dobbiamo affrontare, tutti, il degrado ecologico, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, l’egemonia della finanza sui nostri Stati e i nostri destini, il crescere di fanatismi ciechi, il ritorno della guerra in Europa. Paradossalmente, proprio nel momento in cui si dovrebbe prendere coscienza in modo solidale della comunità di destino di tutti i Terrestri, sotto l’effetto della crisi planetaria e le angosce che suscita, ci si rifugia ovunque nei particolarismi etnici, nazionali, religiosi.” (Edgar Morin, 2024).
C’è un testo che più di ogni altro ha influenzato la scienza moderna, da cui non si può mai prescindere se si vuole esplorare i meccanismi che hanno generato la vita sulla Terra, ed è L’origine delle specie di Charles Darwin (1859), un Galileo moderno viste le difficoltà e gli ostacoli a cui questo testo è sottoposto ancora oggi, “perché una quantità di fatti isolati potranno essere l’un l’altro collegati e diventeranno comprensibili” (Darwin, pagina 49). Queste illuminanti parole di Darwin ci portano, dopo quasi due secoli, ad una semplice considerazione che comunque si potrebbe sempre riferire al concetto, ormai ben consolidato da un’ampia letteratura sia specialistica che divulgativa (Lovelock, 1981, Gosh A., 2023; Provenzale A., 2021), ossia che tutto il mondo vivente, piante ed animali, si è generato da un unico brodo primordiale all’interno del quale si sono sviluppate le prime molecole, le prime forme complesse di aggregazione di atomi che l’evoluzione ha via via differenziato, portando successivamente alle forme di vita più elementari fino ad arrivare a noi.
Essere consapevoli o ancor di più dimostrare che esistono delle relazioni tra i vari comparti, animati e non-animati, che connettono la nostra singola esistenza ad una collettiva e condivisa con tutti gli elementi naturali, ci apre uno spiraglio nell’intravedere i preconcetti che ci portano a non vedere le connessioni tra tutti gli aspetti del nostro passaggio sulla Terra. Questo limita le teorie e la nostra visione del mondo, un retaggio soprattutto occidentale e storicamente europeo-centrico, che ci ha imposto un’ideologia assertiva sulla separazione tra i valori naturali e quelli tecnologici e scientifici, una dicotomia tra ciò che è umano e ciò che è a servizio dell’umano, tra padrone e oggetto, che con tutte le sue ramificazioni ha portato a un’estremizzazione della società patriarcale, all’emersione del colonialismo (Gosh A., 2023) e conseguentemente del razzismo, e al ruolo subalterno della donna (Braidotti R., 2021).
Attualmente, l'uomo sta influenzando l'ambiente terrestre in modo significativo, portando alla creazione di condizioni ostili alla stessa vita umana. Questi processi che abbiamo avviato, utilizzando le tecnologie sviluppate senza aver prima sviluppato una comprensione profonda e chiara degli impatti e delle implicazioni, sono fuori dal nostro controllo individuale. Gli effetti e le conseguenze di questi processi sono su scala globale, è necessaria un’azione collettiva per contrastare questi cambiamenti. Perché invece si fa tanto poco? E perché vengono criminalizzati quelli, soprattutto i giovani, che lo fanno notare anche se a volte maldestramente?
L’Algebra del Sistema Climatico Terrestre
È noto come il sistema climatico terrestre sia costituito, oltre che dal sole che fornisce l'energia, dall'atmosfera, dall'oceano, dalla criosfera (i ghiacci) e dalla biosfera (il mondo vivente). Il clima terrestre è determinato dagli scambi termodinamici interni e dal trasporto di acqua all'interno di questi settori. L'atmosfera e l'oceano sono i principali responsabili del trasporto e della distribuzione del calore sulla terra. Il calore assorbito dall’oceano è acquisito e ri-distribuito orizzontalmente e verticalmente all'interno delle masse d'acque oceaniche e infine restituito all'atmosfera. I tempi di risposta del sistema oceanico sono circa due ordini di grandezza maggiori, in termini di lentezza, di quelli atmosferici. Tutti i complessi processi connessi con la circolazione termoalina, dipendono da forzanti sia interni che esterni, piccoli e grandi (multi-scala), locali e remoti (teleconnection), relazioni infinite che generano regimi stabili o instabili (multi-regimi) e tutti concorrono a stabilire uno stato climatico dinamico, mai in equilibrio termodinamico, anche se noi pretendiamo che lo sia. Sfatiamo un mito: le stagioni non sono (non possono essere) sempre le stesse. Ma il Clima, come frutto della relazione attiva e non-lineare tra sistemi e sotto-sistemi di cui è composto, non tradisce mai la sua natura caotica. Quest’ultima può al limite essere con successo catturata e descritta dalle nostre capacità di immaginare, scrivere e risolvere le equazioni frutto di tanto Caos.
Figura 1. Rappresentazione grafica delle complesse interazioni che avvengono all’interno della circolazione oceanica e del Mar Mediterraneo, scatenate dal Global Warming e descritte in Artale (2000) e in questo testo.
Inoltre, i meccanismi che regolano la variabilità climatica hanno dei punti critici (tipping point), sorpassati i quali il sistema potrebbe subire cambiamenti irreversibili e inarrestabili. La circolazione termoalina, ad esempio, ha cominciato a oscillare tra diversi stati d'equilibrio. Questi possono condurre a cambiamenti drastici o addirittura a un
blocco che porterebbe a sua volta al collasso della circolazione oceanica a grande scala (Figura 1 e Lenton et al., 2008). Se la circolazione termoalina si bloccasse completamente, verrebbe meno il processo di formazione di acque dense nelle aree del Nord Atlantico, principale spinta motrice della circolazione termoalina globale, come conseguenza la corrente calda del Golfo si indebolirebbe e la temperatura in Europa si abbasserebbe di più di dieci gradi (Rahmstorf, S. et al., 2015). Lo studio di questi processi climatici ci dà la consapevolezza che eventi catastrofici nella circolazione oceanica con fortissimi impatti sulla variabilità climatica globale possono avvenire indipendentemente da fattori antropici, ossia possono essere considerati come delle instabilità intrinseche al sistema climatico.
Tuttavia, il riscaldamento globale, nell’era post-industriale (convenzionalmente dal 1850) è in relazione con l’accumulo di gas–serra in atmosfera (lo dicono i dati e lo dice anche chatgpt!). A sua volta questo accumulo contribuisce ad aumentare sia la temperatura superficiale dell'oceano che la piovosità alle alte latitudini, entrambi fattori che danno un contributo negativo sulla densità superficiale rendendo così meno efficiente il motore della circolazione termoalina. Questo, come si può facilmente immaginare, genera una quantità di relazioni umane e non-umane: la variazione delle condizioni ambientali innescate dall'accumulo di gas serra rende necessarie strategie di adattamento, che a loro volta andranno ad avere un impatto sul sistema climatico, generando un loop da cui non possiamo sottrarci. Qui di seguito cercheremo di sintetizzare gli elementi base necessari a delimitare la mappa delle relazioni in ambito climatico; quello che potremmo definire come il cassetto degli attrezzi degli scienziati climatici, sottolineando la sua complessità e gli elementi base costitutivi. Da questo cassetto escludiamo la trattazione specifica dei modelli numerici con le sue equazioni, o meglio il suo sistema di equazioni, i quali pur essendo “lo strumento principale” ci impegnerebbero in una trattazione troppo tecnica che ci porterebbe fuori dallo scopo di questo saggio e dalla tematica delle relazioni in ambito climatico.
Teleconnection, Tipping point e tipping element, Determinismo e Caos
Teleconnection
Un aspetto tipico del cambiamento climatico è l’impossibilità di localizzarlo in una sola regione, non è mai un problema che può riguardare un solo punto nello spazio. La variabilità climatica di una regione infatti, seppur piccola, condiziona ed è condizionata remotamente da tutto il sistema climatico terrestre. Regioni anche molto distanti tra loro sono sempre in connessione. Per questo è stato coniato il termine teleconnessione che viene spesso utilizzato nelle scienze atmosferiche per descrivere i collegamenti climatici tra regioni geograficamente separate. Non è necessario che la regione remota presenti fluttuazioni dello stesso segno per essere “teleconnessa”. Le teleconnessioni interessanti comportano spesso variazioni contemporanee di segni opposti, ad esempio, le variazioni invernali della temperatura e delle precipitazioni nell’Europa meridionale e nella penisola iberica sono spesso opposte a quelle nell’Europa nordoccidentale e in Scandinavia, pur essendo correlate/in relazione.
L’analisi climatica è facilitata dalla costruzione di una mappa di teleconnessione, che descrive il collegamento tra una regione di interesse (un punto base) e tutti gli altri punti nel dominio che sono più lontani dalla scala di lunghezza di de-correlazione della variabile. La struttura e la forza dei modelli di teleconnessione cambiano con la stagione, l'altitudine, la scelta della variabile e persino la media temporale dei dati.
La connettività delle regioni remote evidenziate nelle mappe di teleconnessione indica il potenziale significato della forzatura remota nella generazione di anomalie climatiche regionali. Una mappa di teleconnessione basata su correlazioni contemporanee tuttavia non può, di per sé, discriminare tra le regioni di forzatura (source) e quelle di risposta (sink), è nato prima l’uovo o la gallina? Ad esempio, i meccanismi che eccitano e sostengono l’oscillazione del Nord Atlantico (NAO), uno dei processi climatici più rilevanti per la regione europea, sono ancora attivamente studiati.
La costruzione di mappe di teleconnessione offre una visione dettagliata delle interconnessioni climatiche globali, evidenziando come le variabili climatiche influenzano diverse regioni in modo complesso e interdipendente. Questa analisi sottolinea che, nonostante la crisi climatica sia un problema globale e un destino comune, le responsabilità e le esposizioni non sono distribuite equamente. Le responsabilità storiche, così come quelle attuali, sono distribuite in modo ineguale, e questo complica le dinamiche geopolitiche. Pertanto, le soluzioni devono essere globali ma adattate alle circostanze locali, promuovendo l'equità e la giustizia climatica per garantire che tutti possano affrontare e mitigare gli impatti del cambiamento climatico in modo efficace.
Tipping point e tipping element
Non si sa chi abbia usato per primo il termine tipping point, e sue estensioni come tipping element, in ambito scientifico. Come sostantivo tip è di uso comune quando ci arriva il conto al ristorante e la sua quantità è relativa ad una piccola percentuale della somma totale, nei paesi anglosassoni almeno il 15%. Nella forma verbale intransitiva ovviamente indica dare la mancia, ma nella versione transitiva indica a guide to action, ossia pronosticare. Un altro significato è portare al limite, al bordo, per esempio delle falde di un cappello o i bordi di un tavolo (the child tipped the plate, and the cake fell off it). Tutte applicazioni linguistiche per indicare genericamente l’atto con cui piccole perturbazioni, se applicate in punti critici, possono provocare transizioni a priori non predicibili, e a volte catastrofiche (come dover buttare una fetta di torta!).
Sono tutti concetti che indicano genericamente un punto limite, un bordo tra il modo in cui le cose erano nel passato e il modo in cui saranno nel futuro, il punto che una volta incontrato può essere superato in modo traumatico. Questo concetto, riportato nel mondo della fisica del Clima, si riferisce a una soglia critica alla quale una piccola perturbazione può alterare qualitativamente lo stato o lo sviluppo di un sistema per esempio quello Climatico.
A questo punto è necessario ricordare che il Sistema Climatico, è un sistema complesso con molti gradi di libertà, difficilmente riproducibile in laboratorio e le cui scale caratteristiche sia spaziali che temporali vanno da quelle molecolari a quelle planetarie e dai secondi (o molto meno) alle ere geologiche (milioni o miliardi di anni), rispettivamente. I fenomeni naturali che noi osserviamo sono il frutto di interazioni continue e non lineari di tutte queste scale. Il sistema climatico non è, pertanto, un sistema deterministico ma, al contrario, un sistema caotico e fortemente dipendente dalle condizioni iniziali: è sufficiente anche una piccola incertezza o lieve perturbazione alle condizioni di partenza per far sì che il comportamento del sistema climatico tenda a divergere in modo irregolare, secondo quello che il famoso meteorologo Lorenz definì effetto a farfalla: "Può il batter d'ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?" fu il titolo di una conferenza tenuta da Lorenz nel 1972.
I tipping point derivano quindi dalle proprietà caotiche intrinseche del sistema climatico.Tali punti possono essere considerati degli amplificatori e condurre il sistema a delle rotture, a delle transizioni irreversibili. Un tema molto importante perché potrebbe avere effetti devastanti sull’intero pianeta, ma al tempo stesso un argomento su cui la scienza si muove ancora con molta incertezza, data la difficoltà nel costruire dei modelli che permettano di simulare con buona affidabilità cosa potrebbe succedere al clima quando si supera uno o più tipping point. Questi punti di non ritorno, infatti, danno vita a ripercussioni non lineari e i nostri modelli ancora sopportano poco la non linearità dei sistemi fisici che simulano e quindi, ancora una volta, ci dobbiamo confrontare con l’incertezza e la complessità dei sistemi naturali, difficili da imbrigliare nella logica del pensiero umano.
Le glaciazioni costituiscono la dimostrazione più manifesta di tale irregolarità nel comportamento del sistema climatico. È abbastanza probabile che esse siano avvenute a causa di lievi spostamenti dell’asse terrestre, i quali hanno scatenato un effetto domino di processi tra loro concatenati che partendo da un’anomala distribuzione del calore sulla Terra nella direzione meridionale nord-sud-nord, producendo effetti devastanti sul clima terrestre.
Al giorno d’oggi, un effetto equivalente, seppure con modalità, tempistiche e distribuzioni spaziali diverse, è determinato dalla forte e rapida crescita delle emissioni dei gas serra, primo fra tutti l’anidride carbonica, da parte della componente umana del sistema climatico. Una volta raggiunta la soglia critica, per esempio un valore oltre i 450 ppm di CO2 (oggi siamo a 417 ppm ed in media la CO2 cresce per un valore medio di 2 ppm/anno), questo costituirebbe “la goccia che fa traboccare il vaso”: un accumulo di piccoli cambiamenti capace di innescare una cascata di effetti negativi fortemente non lineari, in cui i piccoli cambiamenti diventano abbastanza significativi da causare un cambiamento più ampio e critico che può essere brusco, irreversibile e portare a effetti a cascata da condurre ad un tipo di clima completamente diverso da quello nel quale abbiamo vissuto fino ad ora.
Per comprendere appieno la pericolosità dei cambiamenti climatici per l'abitabilità della Terra è utile introdurre il concetto di ‘‘tipping element’’ che descrive le componenti a grande-scala del sistema climatico terrestre in cui il tipping point può essere sorpassato minacciando direttamente le condizioni di vita umana e la stabilità delle società.
Facciamo un esempio per rendere il concetto ancora più chiaro. Immaginiamo di giocare una partita di pallone, e poniamoci una domanda: che cosa temiamo di più quando scontrandosi con un altro giocatore cadiamo rovinosamente sul terreno di gioco, di romperci un tendine di un ginocchio o di ferirci alla spalla? Sicuramente la prima perché il ginocchio è proprio uno dei numerosi tipping point (per fortuna molto spesso reversibile) del corpo umano (tipping element).
Come già accennato le diverse componenti del sistema climatico non rispondono con le stesse modalità alle perturbazioni a cui il sistema è sottoposto. Alcune componenti del sistema climatico sono lente a rispondere, come l'oceano profondo e le calotte polari. Altre invece rispondono più velocemente, come ad esempio il ciclo idrologico, la cui variabilità produce improvvisi e drammatici estremi meteorologici. Lo scioglimento del permafrost e la dissociazione degli idrati di metano. Lo scioglimento della calotta polare artica e il degrado della foresta amazzonica. Il rallentamento delle correnti oceaniche, come la corrente del Golfo, responsabile del clima temperato del Nord Europa, è uno dei tipping point climatici appartenenti a diversi tipping elements (vedi Figura 2), i quali sono stati oggetto di profonda analisi nel nuovo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) sul clima. Secondo il rapporto, i punti di non ritorno potrebbero essere raggiunti tra 1°C e 2°C di riscaldamento, una variazione di temperatura che potrebbe sembrare minuscola, ma che porterebbe ad amplificazioni significative dei segnali climatici inducendo variazioni catastrofiche del sistema.
Figura 2. Rappresentazione dei feedback causati dall’attivazione dei tipping point in alcuni tipping element (e.g. circolazione oceanica e foresta amazzonica) in funzione dell’aumento della temperatura media della terra.
Determinismo e Caos
È chiaro a questo punto che il sistema climatico, così come tutti i fenomeni naturali, è più complesso di quanto a prima vista possa sembrare. Diversi lavori scientifici già dalla metà del secolo scorso hanno mostrato che persino nei sistemi governati da semplici equazioni differenziali le previsioni a lungo termine sono effettivamente impossibili.
I sistemi deterministici, secondo le leggi della meccanica classica e della fluidodinamica, possono essere definite da un sistema di equazioni tali per cui date le condizioni iniziali e conoscendo la forma funzionale della legge che regola il fenomeno, se ne può conoscere l’evoluzione passata e futura. Invece, la scienza del Clima rientra tra quei settori scientifici in cui le variabili del sistema di equazioni differenziali che ne descrivono l’evoluzione mostrano dei comportamenti a prima vista casuali, spesso definiti di “tipo caotico”. Ossia fenomeni che seppur regolati da leggi note, possono avere comportamenti molto complicati a causa dei termini non lineari contenuti nelle equazioni di partenza. Più precisamente la non-linearità presente in questo tipo di equazioni può produrre una estrema sensitività rispetto alle condizioni iniziali del sistema, pertanto anche un piccolo errore, che necessariamente si introduce nel determinare il dato iniziale di partenza, può divergere esponenzialmente nella sua evoluzione temporale, rendendo impossibile prevederla.
Sistemi di questo tipo sono molto diffusi, anzi si può affermare che il caos deterministico è la regola più che l’eccezione. Quindi un sistema naturale sottoposto a forzanti esterni, pur partendo da una situazione ben definita da un punto di vista matematico e quindi deterministica, non può evitare la progressione esponenziale dell’errore sul dato iniziale. Tale intrinseca proprietà di un sistema dinamico caotico, come quello climatico, fa in modo che la dinamica evolutiva del moto di una particella sia completamente indipendente dalla sua storia passata, si dice infatti che “non ha memoria”, trasformandolo in pratica in un moto non-deterministico (Vulpiani, 2014). Per comprendere meglio i processi, le regole e le relazioni che guidano la variabilità del caotico sistema climatico, è estremamente utile citare un libro con intenti divulgativi (The random walk in physics, Cencini et al., 2023), che raccoglie efficacemente le tematiche sopra descritte. Ci soffermiamo soprattutto sulla mappa in Figura 3, perfetta per dimostrare visivamente la complessità delle relazioni che intervengono tra i diversi protagonisti, gli scienziati importanti che attivamente hanno prodotto nuovi concetti fondamentali, che si dipanano come una inestricabile ragnatela a costituire leggi universali della fisica.
Figura 3. Rappresentazione grafica dei vari argomenti trattati in Cencini et al. (2021), selezionati per la loro rilevanza concettuale e pratica. E’ interessare notare le connessioni (relazioni) tra le diverse tematiche fondamentali per la meccanica statistica e per la fisica del clima.
Nascoste tra le relazioni della mappa in Figura 3, ci sono quelle che descrivono il sistema climatico terrestre. Infatti sono gli stessi concetti di Determinismo, Caos, e predicibilità che studiava Lorenz, l’inventore della meteorologia moderna (Lorenz E.N., 1963). A partire dai riscoperti contributi di H. Poincaré sul caos deterministico, come si evince dalla mappa, arriviamo agli stessi concetti che abbiamo introdotto finora sul clima: se la condizione iniziale di un sistema caotico non è nota con precisione infinita, non è possibile parlare di previsioni a lungo termine. Vediamo quindi come da queste proprietà scoperte da Poincaré nella disciplina che è sempre stata considerata il trionfo del determinismo, ovvero la meccanica celeste, si sia dipanata una rete di relazioni, che ha portato lo sviluppo dei sistemi dinamici caotici, che senza le simulazioni numeriche di Lorenz e colleghi non avrebbe avuto la portata che ha effettivamente avuto sulla nostra comprensione del clima. Tutto si ammisca, direbbe Camilleri!
Volgiamo lo sguardo su altro
Fin qui abbiamo trattato cose a noi note (o quasi) che costituiscono una parte significativa della cassetta degli attrezzi degli specialisti del clima, ma dato che stiamo adottando un metodo nomade, ci piace viaggiare su altri piani e costruire altre mappe. Perchè l’umanità è così indifferente, o poco attenta, alle problematiche del cambiamento climatico? Esplorando, scopriremo che la risposta non è semplice, ma qualche elemento utile, qualche traccia o mattoncino per elaborarla l’abbiamo cercata rizomaticamente e chissà forse individuata negli scritti di autorevoli scrittori, filosofi, vecchi e nuovi.
Che dice la letteratura
È interessante ricordare come l’ultima edizione di Letterature, festival internazionale di Roma nel 2023, sia stato dedicato ad un testo di Italo Calvino, non molto noto in verità, ma profondo ed evocativo di un futuro prossimo e non troppo venturo, scritto tra 1968 e il 1969, La memoria del mondo (Italo Calvino, 2023, pp. 182-192). Questo racconto è una narrazione sul passato lontanissimo, sull’origine del mondo e sulle sue prospettive – ma anche sulla possibile fine della vita sulla Terra, a cui consegue la domanda sulla trasmissione del sapere e della memoria: quale sarà il racconto di noi e della nostra storia? Il testo di Calvino, lasciato lì da parte per molti anni, non è stato scelto come tema solo perché nel 2023 ricorrevano i cento anni dalla nascita di Calvino, ma perché ci offre degli spunti di riflessione più che mai attuali. D’altronde, come sostiene Calvino, «un mondo remoto dove volano meduse al posto delle farfalle e dove è possibile sentire, vivissima, la presenza delle inquietudini, dei sentimenti, delle luci e delle ombre di sempre». Ancora seguendo il testo (pp. 182-192) “quello che non sa è il vero scopo del nostro lavoro. E’ per la fine del mondo, Muller. Lavoriamo in vista d’una prossima fine della vita sulla Terra...L’importante è comunicare loro la nostra memoria, la memoria generale messa a punto dall’organizzazione di cui lei Muller sta per essere nominato direttore...compito del direttore è dare all’insieme dei dati raccolti e selezionati dai nostri uffici quella lieve impronta soggettiva, quel tanto d’opinabile...la menzogna esclude solo in apparenza la verità; lei sa che in molti casi le menzogne, per esempio, per il psicoanalista quelle del paziente, sono indicative quanto o più della verità”.
Pensate l’impatto di quanto detto sopra sul dibattito sull’intelligenza artificiale, sulla proprietà intellettuale, sull’obiettività della scienza e nello specifico sulla messa in dubbio del ruolo dell’uomo nell’attuale crisi climatica, sulla sua consapevolezza dei rischi a cui l’umanità sta andando incontro. Si potrebbe obiettare che da sempre l’essere umano è intervenuto attivamente sull’ambiente modellandolo a suo uso e consumo (M. Liverani, 2022; Reale O. and Shukla J., 2000), ma non basta a capire perché dopo migliaia di anni ancora viviamo nell’oscurità della ragione, in una inquietudine che non trova sosta, nelle ombre di sempre, nell’incoscienza di quanto abbiamo inespresso con la natura interiore ed esterna (Carlo Rovelli, 2020, pag. 195). In una epoca di grandi trasformazioni, il disagio sociale e psichico nasce proprio dalla ambivalenza tra voler continuare con le proprie tradizioni negando il presente, e l’attrazione, corporea, narcisistica alla nuova economia (globalizzazione dei desideri) che ci costringe ad aggiornare continuamente le nostre cartografie (Braidotti, 2021), un susseguirsi di continuità e rotture identitarie.
Un altro spunto letterario illuminante e fonte di un lieve ottimismo, è la visione del rapporto tra gli esseri umani e la natura della giovane scrittrice israeliana Tamar Weiss Gabbay: “la natura non è solo rocce, inondazioni e gazzelle: è tutto, forse è l’unica cosa. E include noi stessi, anche se cerchiamo di negarlo. Quindi cercare di trovare il tuo posto nella natura, nel tuo habitat, tra tutti gli animali e gli elementi (compresi gli altri esseri umani) che ti circondano, significa cercare di comprendere il tuo posto nel mondo - e questa è davvero una posizione interiore. E tutto ciò ti influenza anche quando ti siedi davanti al computer al terzo piano di un edificio in una città frenetica, lontano da ciò che è considerato «natura», come sto facendo ora per questa intervista.” Continuando, è interessante come una maggiore diffusione di un pensiero in opposizione a quello tipicamente patriarcale, che vede l’uomo come padrone di tutto ciò che è naturale e quindi in una posizione di superiorità e di sfruttamento, potrebbe cambiare le prospettive suicidarie dell’homo sapiens: “...Ognuno dei tre personaggi porta con sé qualcosa che mi appartiene, mi rivedo in ognuno di loro e non li considero «buoni» o «cattivi». Ma ho messo una giovane ragazza in contrasto con il vecchio che caccia un pesce (e in contrasto con Hemingway, che era lui stesso un cacciatore) perché credo che le giovani donne possano avere nuove storie da portare in questo mondo.” La giovane donna nel testo di Tamar Weiss, ben definita all’interno delle aspettative di genere e di ruolo societario, si contrappone quindi al vecchio uomo cacciatore, evidenziando con questo accostamento di ruoli estremizzati le idiosincrasie di una mentalità che appiattisce l’identità collettiva, ignorando le complessità delle connessioni umane e naturali.
Ecco la parte più interessante, un altro pezzetto del puzzle sulle relazioni con il Global Climate Change, “... Che ci piaccia o no, facciamo parte di una rete e siamo molto dipendenti e fragili, ed è difficile tracciare i confini tra ciò che è «noi» e ciò che non è «noi». Questo vale sia per i germi nel nostro corpo che per quelli dei nostri vicini. È un’illusione quella di essere separati da ciò che ci circonda, gestirlo e usarlo solo per i nostri bisogni. Anche se ci riusciamo per un breve periodo, a lungo termine il nostro benessere dipende dal benessere degli altri. Di tutte le creature.” (Il Manifesto, 19 marzo 2024, pag. 12 e Tamar Weiss Gabbay, 2024).
Che dice la letteratura con una visione non occidentale
Questo modo di attraversare la problematica climatica, ci porta a buttare lo sguardo sui fondamenti della società moderna basata su un'economia capitalista iperliberista che la sta facendo da padrone in ogni parte del mondo occidentale e non solo (A. Ventura, 2018). Non è facile trovare un’analisi approfondita sulle relazioni tra il capitalismo predatorio recente e passato e la crisi climatica. D’altra parte, come scrive M. Fisher “Nella cultura del tardo capitalismo però, la catastrofe ambientale figura solo come simulacro, anche perché le sue reali implicazioni restano troppo traumatiche per essere assimilate dal sistema” (pag. 54 Realismo Capitalista, 2009).
Tuttavia, la battaglia letteraria e politica intrapresa dallo scrittore indiano A. Gosh, è degna di nota nel tracciare la relazione tra capitalismo e clima, per svariati motivi. Uno dei suoi ultimi libri (Gosh A., 2022) ci ha colpito, sia per la sua originalità linguistica, frutto anche delle circostanze claustrofobiche in cui è stato scritto durante la pandemia, in cui ha sviluppato un intreccio tra linguaggio poetico e letterario, sia per la seria e documentata ricostruzione storica che fa della nascita, all’inizio del XVII secolo, del commercio monopolistico, imperialista e razzista delle compagnie olandesi, in particolare della famigerata Voc (Vereenigde Oostindische Compagnie). La ricostruzione meticolosa di Gosh è paradigmatica e non vale solo per la Voc, ma si adatta a tutti i capitalisti di allora, i quali imponevano diritti esclusivi nel commercio delle spezie (e.g. noce moscata e macis), facendo razzia non solo dei beni naturali, ma soprattutto distruggendo gli stili di vita economici e sociali dei popoli nativi. Gosh dà voce a chi, da più di cinque secoli, ha subito lo sfruttamento del proprio territorio e non solo da un punto di vista ambientale, imponendo spietatamente la logica della monocultura, ma soprattutto distruggendo la loro visione del commercio e dei rapporti sociali. Lo spaccato storico che restituisce Gosh si estende con le sue implicazioni alla nostra storia recente, dimostrando, ancora una volta, che l’apporto dell’uomo ai cambiamenti climatici non è neutrale, ma è frutto di una concezione specifica del commercio e quindi dell’economia. Ancora oggi, in modi apparentemente diversi e politically correct, seguiamo la stessa metodologia.
In un'ottica giudaico-cristiana permeata da senso di colpa e peccato originale, l'Antropocene può facilmente rappresentare la svolta che ci ha definitivamente precluso le porte dell'Eden. E’ un pluricentenario James Lovelock inventore, insieme alla biologa Lynn Margulis, alla fine degli anni ‘70, della rivoluzionaria Ipotesi Gaia, a riabilitare l’Antropocene. Lovelock vede quest’era non solo come un periodo in cui l'umanità, attraverso l'avanzamento scientifico e tecnologico, ha esercitato un controllo e uno sfruttamento senza precedenti sulla natura, ma anche come un'epoca di conoscenza e crescita dell'informazione, in cui “ la nostra padronanza dell’informazione dovrebbe essere motivo di orgoglio; dobbiamo però usare questo dono con saggezza, affinchè l’evoluzione della vita sulla Terra prosegua e possa così far fronte ai rischi…che inesorabilmente minacciano…Gaia”. Dall’alto del suo secolo di vita, Lovelock di lascia con un pensiero positivo, un fiducioso grido di speranza, in cui il patrimonio del sapere olistico costruito durante tutto l’Antropocene sarà l’eredità del successivo “Novacene”. Un’epoca in cui l’intellighenzia lascerà il posto all’intelligenza computazionale che, meglio di noi, capirà la dipendenza da un pianeta in buona salute e svilupperà sistemi regolatori capaci di preservarlo.
Che dice la filosofia
Anche Morton (2021), un originale rappresentante dell’ambientalismo filosofico contemporaneo, auspica un superamento della visione antropocentrica nel rapporto uomo-natura, “in cui noi esseri umani avremo finalmente compreso che non siamo diversi e superiori rispetto agli altri componenti del pianeta”. La natura non è altro da noi, non è una risorsa o una “merce” da sfruttare. Né dominazione né paternalismo, per Morton siamo noi stessi natura e viviamo nella “maglia” del mondo, in relazione con tutte le forme di vita e di non vita della Terra. In Ecologia oscura, il termine “oscura” riflette la condizione di una Terra che sta morendo, rendendo problematico il nostro ruolo sul pianeta, generando tristezza e depressione. Tuttavia, questa oscurità porta con sé una dolcezza intrinseca, perché contiene in sé numerose possibili soluzioni e la speranza di trovare un nuovo posto per l'umanità su una Terra migliore. Ci ha impressionato in una sua recente intervista su La Lettura (14 novembre 2021) in cui sostiene che la nostra concezione di dominazione sulla natura, e la conseguente crisi climatica, è legata al razzismo e al patriarcato, il modo con cui gli esseri umani si trattano tra loro e che hanno influenzato il modo in cui trattiamo gli altri componenti del pianeta. Così come tanti altri problemi odierni sono conseguenza e soluzione della crisi climatica, si possono trovare connessioni profonde tra tante linee attive di pensiero rizomatiche e nomadiche (Deleuze e Guattari, 1980), come il femminismo (Braidotti, 2021) e i movimenti tipo Black Lives Matter o Last Generation.
E’ inevitabile a questo punto, concludere con Braidotti, la filosofa del femminismo. Braidotti adotta un modello di teoria critica nomadico o rizomatico per analizzare i processi, invece che concetti o punti fissi. Questo si traduce in una visione fluida e dinamica che permette di attraversare diverse sfere del discorso intellettuale, creando connessioni lì dove gli eventi erano in precedenza privi di relazione o non ci fosse nulla da vedere (Braidotti R., 2021). Si ritrova nei suoi scritti una interdipendenza tra concetti, esperienze ed elementi apparentemente marginali che vanno invece ad influenzarsi e a costruire un unicum interconnesso. Il suo metodo ci ha fortemente ispirato nel concepire il nostro breve saggio. La filosofa tuttavia avverte, che tale metodo può funzionare soltanto se collocato nelle zone “in” (interstizio) e “tra” (aree di esperienze o percezione), allo scopo di allargare oggettivamente il livello di aspettative scientifiche. La necessità di questo approccio ha un riscontro non solo in ambito filosofico, come ad una prima analisi potrebbe apparire, ma anche nella scienza e nella letteratura. La doppia natura relazionale dell’identità, in cui entrambi i poli, l’io e l'altro, si presentano come momenti costitutivi della persona (Marramao, pag. 68), è una dicotomia limitante, che non tiene conto della capacità dell’individuo di attraversare i confini e di coesistere in connessione con tutta la complessità di cui fa parte.
Cosa dice la sociologia
Nell’introduzione di questa sezione ci siamo chiesti come mai, nonostante le evidenze scientifiche, l’umanità sia così indifferente alle problematiche del cambiamento climatico. La risposta a questo quesito è molto complessa. La società contemporanea è caratterizzata da una condizione di costante cambiamento e incertezza, in forte contrapposizione col passato, in cui le strutture sociali, economiche e politiche erano relativamente stabili e prevedibili. Bauman, sociologo e filosofo polacco, la definisce come “società liquida”, per descriverne la mutevolezza e imprevedibilità (Bauman, 1999). Se da una parte la globalizzazione e internet hanno aumentato le connessioni geografiche e la rapidità di comunicazione, creando opportunità di libertà, auto-espressione e informazione, dall’altra la mancanza di sicurezza e stabilità, la rapidità e la superficialità delle connessioni, portano a una maggiore alienazione e disconnessione. Gli individui si possono sentire quindi sempre più disorientati o insicuri riguardo alla loro identità e al loro ruolo nella società, sintomatiche a cui si aggiunge il desiderio di gratificazione (individuale) immediata indotto dal consumismo, che va a sostituire i progetti a lungo termine, sia individuali che societarie. Tutti questi aspetti si riflettono sia sull’incoscienza e sulla disinformazione (dinamiche di polarizzazione dell’opinione, l’emergere delle fake news di più facile consumo rispetto a contenuti approfonditi e verificati, carenza di visione critica, …) che sull’infantilizzazione e ridicolizzazione dei movimenti di protesta (pensiamo per esempio a Greta Thunberg con Fridays for Future, o a Ultima Generazione …). D’altra parte, è difficile orientarsi nell’oceano di informazioni e disinformazioni contrastati, nozioni veloci e di facile accesso, che prediligono una comunicazione rapida e di forte impatto emotivo, che spesso incidono più sui sensi di colpa e gli stati d’ansia del singolo che sulla ricerca di soluzioni collettive. I social media in particolare praticano abilmente la soggettivazione, ossia il processo attraverso il quale si analizza, interpreta e riconosce se stessi e gli altri come il solo dominio di conoscenza possibile, in cui apprendiamo le cose del mondo: “il modo in cui il soggetto sperimenta sé stesso in un gioco di verità laddove egli si rapporta a sé stesso” (Foucault, 1998). Gli influencer online sono attenti a ciò che condividono, poiché sono (più o meno) consapevoli di essere esposti a una forma di panopticon virtuale, ovvero un carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham, in cui un unico sorvegliante è in grado di osservare tutti i carcerati senza che questi ultimi sappiano di essere controllati. Il panopticon in questo caso sono i social media (Foucault e Sheridan, 2020; Foucault, 2003), essendo diventati accessibili a (quasi) tutti sono ormai uno strumento di potere regolatorio sociale, basti pensare alle ultime campagne politiche americane e nostrane. Questa visione soggettiva, ci porta quindi ad essere ognuno in prima persona responsabile per i cambiamenti climatici. Non ci stupisce allora come la risposta all’eco-ansia più diffusa sia usare spazzolini di bambù e saponi solidi, adottare una dieta vegana, comprare abiti usati e adottare le “3 R della sostenibilità” (Riduci, Riusa, Ricicla). Ma così come ognuno di noi è in un certo senso responsabile della crisi climatica e dovrebbe fare la sua parte, nessuno di fatto lo è individualmente. I cambiamenti climatici, e la crisi ecologica che, come umanità, abbiamo involontariamente innescato, ci sembrano avere una causa impersonale, una struttura naturale e sociale che non è in grado di esercitare responsabilità. Servirebbe un soggetto collettivo, in grado di affrontare le crisi globali che stiamo vivendo, in cui esprimere attivamente il proprio contributo.
Sintesi e conclusioni
Il mondo attuale è in forte crisi e si sta avviando verso grandi e profonde trasformazioni, affermazione forse banale che ciclicamente viene scritta, sicuramente Musil, all’alba del novecento, pensava la stessa cosa mentre scriveva L’uomo senza qualità. Tra le trasformazioni e le crisi a cui l’umanità è oggi esposta, come la cosiddetta terza guerra mondiale “a pezzi”, definita da Papa Francesco, noi in questo saggio ci siamo concentrati sulla crisi climatica. Abbiamo accennato ai rischi climatici, sintetizzando processi fondamentali del sistema climatico del pianeta che abitiamo, andando a dipanare le relazioni e inter-relazioni che lo compongono.
Anche se le crisi sembrano tutte uguali, quella che stiamo fronteggiando esprime una atroce novità, ossia per la prima volta, l'umanità tutta o più realisticamente una notevole parte della moltitudine di cui è composta, pur essendo consapevole dei rischi a cui sta andando incontro, non sta attuando nessuna strategia per evitare la sua estinzione sulla Terra.
Perché accade ciò? Nonostante le incontrovertibili evidenze scientifiche sul cambiamento climatico in atto, la cui principale responsabilità risiede nello sviluppo iper-capitalistico, iper-energetico, ancora predatorio in molte parti del mondo sviluppato e non, mai come adesso questo sviluppo non trova ostacoli alla sua diffusione globale. Tutte le alternative immaginate e/o praticate nel passato sembrano definitivamente tramontate, inglobate in un ricatto ideologico che vede una risoluzione dei problemi del mondo nelle azioni individuali, quando invece sarebbero necessarie soluzioni politiche e una ristrutturazione di tutto il sistema sociale.
Forse la scienza non basta, come già affermava Galilei quattro secoli fà, la scienza non è solo scienza è anche coraggio di vedere altrove, di farsi altre domande. Calvino è stato bravissimo, nel suo splendido racconto, ad immaginare un mondo già estinto, riportandoci al mito delle origini, ad invenzioni linguistiche che tanto ci parlano anche del presente e dei rischi futuri. Gosh e Morton dissacrano il mito della civiltà occidentale, il primo, immedesimandosi nel ruolo nei nativi dell’Arcipelago delle Banda, dimostra come l’odierna crisi climatica risiede sui fondamenti violenti, predatori e sopraffattori del capitalismo nascente del XVII secolo, e il secondo, indagando il rapporto complesso dell’uomo con la natura, riporta l’essere umano sullo stesso piano di tutti gli esseri naturali.
Noi crediamo che tutto sia profondamente interconnesso. Tale concetto, nell’ambito della fisica, è del tutto ovvio ed il libro di Cencini et al. (2021) è straordinariamente potente nel dimostrarlo, anche se focalizzato sul settore specifico della meccanica statistica, è paradigmatico per tutta la fisica moderna e specificatamente per quella del Clima.
Tuttavia, la risposta forse più convincente viene dalle tesi sostenute dalla filosofa Braidotti (2021), che pur focalizzandosi soprattutto sulle tematiche femministe, ci ha introdotto ad un metodo di indagine che ci ha permesso di vedere oltre, di indagare dentro l’io della moltitudine globale in conflitto senza soluzione di continuità con l’altro e il mondo che ci circonda. Finché questo conflitto non verrà risolto, neanche il problema dei cambiamenti climatici troverà una soluzione.
Si può immaginare il mondo di oggi simile a quello descritto da Dante, una umanità sempre in lotta tra il bene ed il male, dove però cosa sia bene e male si è ribaltato nelle coscienze individuali. La globalizzazione ha generato un denominatore comune, quello di essere tutti dei potenziali “malati mentali”, la cui nevrosi sorge dalla conflittualità quotidiana tra l’io cosciente muto di esprimersi e l’altro, l’esterno, il fuori, sempre più dominato dalle frenesie dell'economia globalizzata iper-capitalista, ma da cui è sempre più complesso distaccarsi, proprio per la contraddittoria bio-attrazione che esercita (Foucault, M., 1998). Il paradosso della globalizzazione è la solitudine e la forte esposizione ad una nevrosi globale, annientando di conseguenza tutti i movimenti collettivi di opposizione allo status quo. Da questo nasce il rischio di essere dei “malati mentali globali”, e il rischio di criminalizzare tutti i movimenti di opposizione che ci infastidiscono, perché l’instabilità strutturale che viviamo, lo stato di paura e ansia (eco-ansia!) di cui individualmente ci facciamo carico, porta a ricercare stabilità e a tenerci stretti quello che conosciamo e ci conforta, che ironicamente è proprio ciò che dà origine ai nostri problemi.
Questo saggio originariamente voleva indagare specificatamente il concetto epistemologico di relazione in ambito delle scienze climatiche. Come abbiamo visto, per sua natura il sistema climatico è altamente interconnesso e caotico, e di conseguenza la nostra ricerca sul concetto di relazione nel clima ha scatenato una infinità di connessioni trans-disciplinari che per mancanza di tempo e spazio siamo riusciti appena ad accennare e delineare., Ci siamo limitati a delle brevi incursioni e ad un limitato approfondimento concettuale delle discipline oggetto delle nostre esplorazioni, sperando di aver fornito una mappa in grado di guidare i più curiosi nell’approfondire queste tematiche. In conclusione, nel tentativo di sviluppare il concetto di relazione nel Global Change and Climate Science, esplorando connessioni inaspettate, utilizzando diversi linguaggi ed attraversando diverse sfere del discorso intellettuale, abbiamo creato delle connessioni lì dove in precedenza non immaginavamo ci fosse “qualcosa da vedere” (Braidotti R., 2021).
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