Già docente in un Liceo Classico Statale di Roma, entomologo, naturalista e divulgatore; si interessa di biologia evoluzionistica, organizzando e intervenendo in numerose iniziative in Italia. Ha partecipato come advisory board alla Mostra Darwin 1809-2009. E’ condirettore della rivista on line Riflessioni sistemiche.
Sommario
Attraverso il pensiero dei Taccuini e di alcune opere di C. Darwin e di altri autori si tenta una riflessione sulle diverse concezioni della rete della vita, considerando le visioni di T. H. Huxley e P. Kropotkin.
Parole chiave
Rete della Vita, selezione naturale e individui, api e insetti, etica e uomo, C. Darwin, T. H. Huxley, P. Kropotkin.
Summary
By means of the thought in the Notebooks and in some works by C. Darwin and other authors we have tried to reflect on the different concepts of the life net, considering the visions of T.H. Huxley and P. Kropotkin.
Keywords
Life net, natural selection and individuals, bees and insects, ethic and man, C. Darwin, T. H. Huxley, P. Kropotkin.
Introduzione
Taccuino B (luglio 1837 – gennaio 1838) di Charles Darwin, pp. 231 - 232
“Gli animali – quelli che abbiamo reso nostri schiavi – non ci piace considerarli nostri uguali. I padroni di schiavi non vorrebbero forse attribuire l’uomo negro a un altro genere? Animali con affetti, imitazione, paura, dolore, dispiacere per i morti. – rispetto
–
Non abbiamo più ragione di aspettarci di trovare il padre del genere umano, di quanta ne abbiamo di trovare Macrauchenia, eppure può essere trovato: - Non dobbiamo paragonare le probabilità che l’uomo venga incluso nei sedimenti allo stato attuale con quelle che egli ebbe di esserlo come specie precedente. Allora le sue arti non lo avevano portato a dominare il mondo intero. –
per consenso di tutti l’anima è aggiunta, gli animali non l’hanno, non guardano avanti; se decidiamo di lasciar correre libere le congetture, allora gli animali sono nostri compagni, fratelli in dolore, malattia, morte e sofferenza e fame; nostri schiavi nel lavoro più faticoso, nostri compagni negli svaghi; dalla nostra origine essi probabilmente condividono un comune antenato; potremmo essere tutti legati in un’unica rete.” (De Beer, 1960).
I taccuini di Charles Darwin sono molto interessanti per comprendere il pensiero profondo del naturalista: l’elaborazione è sotto forma di aforismi, brevi note, talvolta – questa è la sensazione – appunti liberi, temporalmente casuali, non sempre frutto di riflessioni attente; in questo caso invece le considerazioni sembrano meditate con cura.
Il tema è quello del rapporto dell’uomo con gli altri viventi in una nuova cornice evolutiva; lo scienziato stava elaborando una teoria nuova, quella della “discendenza comune con modificazioni”, una teoria in grado di spiegare l’evoluzione della vita attraverso il meccanismo centrale della selezione naturale. Viene proposta una concezione dell’adattamento diversa dalla visione finalistica che vedeva le strutture come risultato di un meccanismo perfetto, inevitabilmente “voluto” da un’entità superiore.
In questa logica dobbiamo interpretare la selezione naturale, come il risultato storico, generazione dopo generazione, del continuo vaglio ambientale e delle riproduzioni differenziali degli individui, concetto che nel Darwin più maturo non riguarda solo la lotta per la vita e la sopravvivenza del più adatto, ma anche l’intervento di meccanismi di altro tipo tra i diversi organismi e le specie.
I meccanismi che riguardano il singolo individuo e i viventi sono teorizzati in una logica di intreccio profondo tra vivente e ambiente nel quale vivono.
Le trasformazioni nel tempo e le contingenze hanno un’importanza rilevante; questo nucleo del pensiero evolutivo darwiniano che vede la nostra specie attraverso le relazioni filogenetiche con le altre intimamente collegata, è rimasto intatto nel pensiero evolutivo moderno.
Nell’Origine della specie, nel capitolo sugli Istinti (Cap. VII) Darwin affronta il tema delle api nella costruzione delle cellette:
“il lavoro di costruzione sembra una specie di equilibrata collaborazione fra diverse api, che si dispongono tutte, per istinto, ad uguali distanze e cercano tutte di scavare sfere uguali e quindi di costruire, o lasciare intatti, i piani di intersezione fra questa sfere. E’ stato veramente interessante notare come, in caso di difficoltà (per esempio quando due tratti di favo si incontrano ad angolo), le api molto spesso buttassero giù completamente e riscostruissero una stessa cella in modo diverso, riproducendo certe volte una forma che prima avevano rifiutato.”
(Darwin, 1959, pag. 309)
Per Darwin la selezione naturale interviene anche originando istinti e comportamenti collettivi così mirabili, risultato di relazioni tra individui della stessa specie come nelle api e nelle formiche; si sofferma definendo una vasta serie di casistiche etologiche sociali che devono essere interpretate in una teoria in grado di spiegare lo sviluppo della socialità in alcune specie, tema che poi riprenderà nell’Origine dell’uomo.
In quel momento, comunque, per Darwin era importante definire i meccanismi di cambiamento tra una specie e l’altra, rompendo il paradigma della stabilità della specie tipico del fissismo; il tema della relazione e cooperazione tra individui e specie era in un certo senso “secondario”.
Questi aspetti, apparentemente secondari ad una lettura superficiale, non sempre centrali nell’opera darwiniana, diventano primari in altri autori ottocenteschi degli inizi del ‘900, specialmente per Thomas Henry Huxley e per Pëtr Kropotkin.
Thomas Henry Huxley e l’amoralità della Natura
Alla fine dell’Ottocento uno degli evoluzionisti che non cercò di sottrarsi a questi problemi fu senz’altro Thomas Henry Huxley (1825 - 1895), che il 18 Maggio 1893 tenne una famosissima conferenza all’Università di Oxford nell’ambito delle “Romanes Lectures” (fu la seconda dell’anno); il tema era particolarmente impegnativo: Evoluzione ed Etica.
Partendo dallo “stato di natura”, “una fase fugace nell’infinita varietà della natura stessa: l’ultimo nella serie dei mutamenti che la superficie terrestre ha conosciuto nei milioni d’anni della sua esistenza” si giunge a comprendere che è la transitorietà l’essenza stessa dello stato naturale non la permanenza. Nessun processo naturale può darci insegnamenti morali, gli avvenimenti della natura non sono “né morali né immorali, bensì amorali”. Huxley considera quindi improponibile l’idea di un’etica dedotta dalle teorie evolutive dalla Natura, anzi sostiene che in qualche modo bisogna opporsi ad alcuni aspetti negativi di quello che definisce “processo cosmico”: il processo che alla fine dell’ottocento era avvicinato, specialmente dal filosofo Herbert Spencer, al termine evoluzione generando confusioni e interpretazioni non chiare.
“Si riconoscerà che il giardino è un esempio di opera d’arte, ovvero di artificio, non meno calzante di altri. L’energia insita in determinati corpi umani, guidata da intelletti analogamente collocati, realizza qui una disposizione di altri corpi materiali che nello stato di natura non potrebbero prodursi.”: per mezzo della metafora del giardino, che ricorda il Candide di Voltaire, Huxley giunge al passaggio da stato di natura primigenio, “cosmico”, all’ intervento umano, in un certo senso “artificiale”.
“Non solo lo stato di natura è ostile allo stato di artificio del giardino: il principio stesso dell’orticultura, in base al quale il giardino si forma e si regge, è in antitesi con il principio del processo cosmico, il quale si caratterizza per la competizione intensa e ininterrotta determinata dalla lotta per l’esistenza.”
Per Huxley il problema principale in una società civile è frenare il processo cosmico, sostituendolo con un “processo etico”, “il cui fine non è la sopravvivenza di quanti si trovano ad essere i più adatti rispetto al complesso delle condizioni vigenti, bensì di coloro che sono i migliori eticamente”. In questo senso l’individuo non solo deve rispettare i suoi simili, ma li deve aiutare; un compito della società non è tanto far sopravvivere i più adatti, “quanto rendere più adatti a sopravvivere il massimo numero possibile di individui”.
Huxley, come anche altri scienziati ed economisti, erano in quel periodo particolarmente sensibili al problema sociale della sovrappopolazione. Bisognava quindi rifiutare la visione “gladiatoria” della lotta per l’esistenza – la stessa che lui sottolineava in altri scritti -, occorreva combattere “l’individualismo fanatico” e la “barbarie ragionata” delle persone che considerano nella società l’affermarsi di una lotta per l’esistenza come quella che osserviamo nella natura. Ogni uomo deve essere riconoscente nei confronti della comunità nella quale è ammesso a godere dei suoi benefici.
L’organizzazione sociale non è solo presente tra gli uomini argomentava anche Huxley: negli animali conosciamo tra gli insetti sociali il caso delle api e delle formiche. Tali società rispetto a quella umana presentano somiglianze ma anche differenze. Secondo lo scienziato nella società delle api si mette in pratica l’ideale dell’aforisma comunista: “A ciascuno secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le sue capacità”; nell’interno dell’alveare la lotta per l’esistenza è limitata e ogni individuo svolge una precisa funzione e contribuisce attraverso il proprio lavoro al successo nella competizione con i concorrenti.
“Ogni ape ha un dovere, nessuna ha diritti. Al quesito se l’ape sia capace di sentimento e di pensiero non si può rispondere in termini assoluti: a titolo di semplice opinione, sono incline ad attribuirle una coscienza non più che rudimentale.” ritiene Huxley, considerando che ogni membro deve fare riferimento al bene collettivo, dell’intero alveare; questa situazione evolutiva è il risultato dei “colpi di maglio della lotta per l’esistenza, nel corso di periodi di costante variazione”.
Nelle società umane l’inizio è stato simile a quello delle api, risultato di una “necessità organica”, ma tra le due società c’è una rilevante differenza: nella nostra specie non esiste “predestinazione”, nelle api ogni individuo è invece organicamente predestinato a svolgere una precisa classe di funzioni. Questa libertà dell’uomo nasce dal “desiderio innato di godere le gioie della vita e sfuggirne i dolori”; la condizione indispensabile perché possa costituirsi una società nasce da “necessità organiche” diverse: principalmente il legame di reciproco affetto tra il genitore e la prole, e la tendenza a riproporre comportamenti e sentimenti simili a quelli di altre specie - l’uomo, infatti per Huxley, è “l’imitatore più perfetto che esista nel regno animale”.
Cooperazione e mutuo appoggio secondo Pëtr Kropotkin
Nel 1902 Pëtr Alekseevic Kropotkin pubblicò un saggio, intitolato “Mutual Aid: a Factor in Evolution”, nel quale la cooperazione e il reciproco aiuto sono considerati importanti per raggiungere il successo riproduttivo, non meno della lotta individuale per l’esistenza nella versione del “bellum omnium contra omnes” di Hobbes, ripresa da R. Malthus in Inghilterra. Kropotkin (1842-1921), il principe anarchico, nobile russo che visse in esilio in Svizzera ed Inghilterra, noto principalmente per le opere politiche, si interessò attivamente di Geologia, Geografia e Zoologia, nel periodo giovanile trascorso in Siberia; “due aspetti della vita animale mi impressionarono più di tutti gli altri durante i viaggi che feci nella mia giovinezza nella Siberia orientale e nella Manciuria settentrionale. Uno di essi fu l’estrema durezza della lotta per l’esistenza che la maggior parte delle specie di animali devono condurre contro la natura inclemente; l’enorme distruzione di vita causata periodicamente dall’azione di enti naturali; e la conseguente scarsità di organismi viventi nel vasto territori che cadeva sotto la mia osservazione. E l’altro fu che, persino nei pochi luoghi in cui la vita animale era più abbondante, non riuscii a trovare - pur cercandola con impegno - quell’aspra lotta per i mezzi di sussistenza fra animali appartenenti alla stessa specie che era considerata dalla maggior parte dei darwiniani (anche se non sempre dallo stesso Darwin) la caratteristica dominante della lotta per la vita, e il principale fattore dell’evoluzione.” (Kropotkin 1902, in Gould, 1991, pag. 101).
Secondo Kropotkin la teoria di Darwin non è stata sviluppata sufficientemente dai suoi seguaci; è stata limitata, riducendo la lotta per l’esistenza ad un “campo di lotta continua tra individui affamati e assetati di sangue”, considerando questa “lotta senza pietà” un principio biologico centrale e omnicomprensivo; lo stesso Huxley nel suo articolo “Struggle for Existence” lo sottolinea, pur avendo idee diverse su alcuni aspetti teorici evolutivi. Le opinioni di Huxley non hanno “valenza scientifica”, come anche le opposte teorie di Rousseau (su questo Huxley e Kropotkin sono d’accordo) che ritiene la natura fondata sull’amore, la pace e l’armonia prima dell’avvento umano.
Studiando gli animali in natura, continua Kropotkin, “non solo nei laboratori e nei musei”, è osservabile che “oltre alla guerra esiste, forse in maggior misura, il mutuo sostegno, l’aiuto reciproco e la mutua difesa”, “la sociabilità è legge naturale quanto la lotta”: ciò è dimostrabile attraverso la descrizione degli innumerevoli casi di aiuto reciproco, non solo per l’allevamento della prole, ma anche per la sicurezza dell’individuo e per assicurargli il nutrimento necessario.
Tra “gli animali inferiori” anche Kropotkin considera il caso degli insetti sociali, in particolare quello delle api: “[...] tramite il mutuo appoggio essi raggiungono quella grande diffusione e intelligenza che noi ammiriamo. Lavorando collettivamente moltiplicano le energie individuali: divisione del lavoro e specializzazione permettono loro di acquistare quel grado di benessere e di sicurezza che nessun animale isolato può raggiungere, per quanto forte e bene armato”, “inoltre esse non dimostrano inclinazioni sanguinarie, né amore per inutili combattimenti”; le api, come anche gli altri insetti sociali, non hanno “realizzato la solidarietà della specie”, “ma in fondo neppure i nostri organi politici, scientifici e religiosi hanno raggiunto tale grado di sviluppo”.
Dopo aver passato in rassegna diversi casi nel regno animale nel tentativo di affermare il principio della cooperazione, Kropotkin conclude con “queste parole d’ordine”: “Unitevi! Praticate il mutuo appoggio! Esso è il mezzo più sicuro per realizzare la sicurezza, garantire l’esistenza e il progresso fisico, intellettuale e morale”.
Kropotkin prova quindi a costituire una morale “evoluzionista”, basata su fatti “scientifici”, ma allo stesso tempo fortemente utopica - considerando l’esistenza della lotta per l’esistenza tra gli individui e in generale nella natura; è evidente il risultato dell’influenza nell’autore del socialismo anarchico e del suo impegno politico sulla costruzione delle riflessioni teoriche.
Secondo Gould (1991) nelle esposizioni di Kropotkin “si notava la speranza personale più che la precisione scientifica”, “un intellettuale bizzarro”, da inserirsi però nel pensiero evoluzionistico russo che era stato influenzato fortemente dal pensiero darwiniano; nell’interpretazione gouldiana “un inglese che avesse imparato i modi di operare della natura ai tropici era quasi inevitabilmente predisposto a vedere l’evoluzione diversamente da un russo nutrito di racconti sulle grandi estensioni vuote della Siberia”. L’errore principale secondo Gould risiede nel non aver completamente compreso che la stessa lotta per l’esistenza può generare non solo competizione ma anche cooperazione, in un’ottica individuale, non a beneficio di intere popolazioni o specie; inoltre l’espressione è metaforica e non implica solo la vita dell’individuo ma anche la sua discendenza.
In maniera simile Huxley, che non provava simpatia per le idee socialiste ed anarchiche, ed era contrario alle utopie e agli estremismi, non riuscì sempre a distinguere i fatti dai significati etici che attribuiamo agli eventi storici; cercò comunque di denunciare la commistione di fatti e valori (vedi A. La Vergata, 1995).
Riflessioni finali
Le considerazioni di Darwin sono di un autore che considera l’uomo una specie diversa da tutte le altre, come si può leggere nel libro che non avrebbe voluto scrivere, l’Origine dell’uomo, che già nel titolo inglese (The Descent of Man) denota la diversa posizione della nostra specie rispetto alle altre (The Origin of Species), quindi Discendenza non Origine. In particolare leggendo il Cap. III, un trattato tipicamente ottocentesco di etica filosofica, sul “Paragone fra le qualità mentali dell’uomo e quelle dei sottostanti animali” si sofferma sul dovere, “il più nobile di tutti gli attributi dell’uomo, quello che lo spinge senza esitare un momento a porre in pericolo la sua vita per salvare quella del simile” (Darwin, 1871, pag. 57). Subito dopo esamina la socievolezza, la simpatia, l’amore; una differenza con le altre specie però “solo di grado e non di qualità” (Darwin,1871, pag. 81), ma “il senso morale forse fornisce la migliore e la più grande distinzione fra l’uomo e gli animali sottostanti” – tutto ciò porta “[...] naturalmente a quella legge aurea: Fa agli altri quello che tu vorresti fatto a te” (Darwin,1871, pag. 82).
Non c’è dubbio che estrarre da una teoria scientifica un’etica, un sistema di valori, sia molto difficile, forse impossibile, anche se per qualche autore esiste un’etica evoluzionistica/naturale che emerge anche nella nostra specie; altrettanto la realtà naturale, forse “amorale” come rappresenta Huxley, non può non darci indicazioni sulle relazioni, sulla socialità, cooperazione, politica e sistemi valoriali in un’area quella dell’Etica, che è stata sempre dibattuta da tutti (vedi anche Narducci, 1997).
Maria Lai, uno straordinario personaggio, un’artista sarda, nata a Ulassai (NU) agli inizi del scorso secolo, ci ha dato una sua personale esperienza artistica sulla connessione di questi problemi non solo attraverso la sua arte ma con i suoi pensieri, anche con una sua personale riflessione sulla rete della vita, di darwiniana memoria, con opere che devono essere viste nella città natale di Maria, Ulassai, in un giardino con edifici, chiamato Stazione dell’Arte:
Arte e Poetica di Maria Lai (Ulassai, in Stazione dell’Arte, giugno 2024)
“Noi non siamo insetti come le api, abbiamo la parola, le religioni, la scienza e l’arte.
Noi siamo anche insetti, ma ciascuno con la coscienza dell’infinito.
Se l’insetto umano, dopo aver esplorato il pianeta, scopre che la terra non gli basta e invia messaggi ad altri pianeti, è possibile che non gli basti anche tutto l’universo. Solo l’arte si muove in un vuoto senza confini.
Le parole sono di tante lingue, le religioni di tanti popoli, la scienza di tanti tempi storici. Solo l’arte è una per tutti i tempi e per tutti gli esseri umani.
[...]
L’uomo è il prodotto delle proprie scelte.
Ogni forma di potere ha la responsabilità, non solo nella vita quotidiana, ma anche delle opere del passato e del futuro.
[...]”
Bibliografia
Darwin C., 1859. L’origine delle specie. Trad. italiana Newton Compton 79, Roma, 583 pp.
Darwin C., 1871. L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto col sesso. U.T.E., Torino, 1888, (prima edizione italiana, terza tiratura ), 671 pp.
De Beer G., 1960. Darwin Notebooks on Transmutation of species. Part I. First Notebook (July 1837- February 1838), Bulletin of the British Museum (Natural History), Hist. Series, Vol. 2 No. 2, London, 1960. (Trad. ital., Charles Darwin, Taccuini, Laterza, 2008, 373 pp.).
Gould S. J., 1991. “Kropotkin non era uno stravagante” in “Risplendi grande lucciola”. Feltrinelli Ed., Milano,1994, 288 pp.
Huxley T. H., 1894. Evolution and Ethics. Prolegomena. Collected Essays. Macmillan, London, 1893-94. Vol. IX, 334 pp. (vedi anche Evoluzione ed Etica, a cura di Antonello La Vergata. Bollati Boringhieri Ed., 1995, LXIV + 165 pp.).
Kropotkin P. A., 1902. Mutual Aid: a factor in evolution (vedi Il Mutuo appoggio, Anarchismo Ed., Catania, 1979).
Kropotkin P. A., 1922. Ethics: Origins and Development (vedi anche L’Etica, La Fiaccola Ed., Ragusa, 1990, 312 pp.).
Narducci G., 1997. “Evoluzione e valori”, in “L’educazione ai valori come nuovo patto sociale”, Rivista “Continuità e Scuola”, maggio-giugno 1997, S. Sciascia Editore.