Statua della Madonna che scioglie i nodi nella basilica dei Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio al Quirinale. Foto di Lucilla Ruffilli
Ha insegnato chimica negli Istituti tecnici. Ha lavorato per alcuni anni nel Laboratorio di Didattica delle Scienze dell’Università La Sapienza di Roma. Parte di un gruppo che ha progettato e realizzato un Laboratorio Epistemologico. Attualmente partecipa alla segreteria del Circolo Bateson, Circolo che ha contribuito a fondare nel 1990.
Ha studiato filosofia ed è insegnante. I suoi ambiti di interesse sono: l’ecologia e il suo legame con il femminismo, la storia della geologia e delle teorie della Terra. Collabora con la comunità filosofica Diotima e partecipa alle attività del Circolo Bateson
Sommario
Un tentativo di mettere in fila il pensiero di Gregory Bateson sperando di non danneggiarne la trama. Il testo si interroga sull’incontro tra materia e processi mentali. Emerge l’idea di relazione come fondamento che fa essere e divenire chi vi partecipa, generando vincoli e possibilità. Riflessioni intorno alla struttura che connette e al sacro.
Parole chiave
Relazione, processi relazionali, ecologia della mente, epistemologia, mito, schismogenesi, sacro, mente, responsabilità, apprendimento, coevoluzione, ecosistema, interfaccia, vivente.
Summary
An attempt to line up Gregory Bateson's thought hoping not to damage its texture. The text questions the encounter between matter and mental processes. The idea of relationship emerges as the foundation that allows those involved to be and become, generating constraints and possibilities. Reflections around the pattern that connects and the sacred.
Keywords
Relationship, relational mind, relational ecology, epistemology, myth, schismogenesis, sacred, mind, responsibility, learning, coevolution, ecosystem, interface, living being
La relazione viene prima
La separazione dell’epistemologia dall’ontologia è il riverbero di una metafisica che propone una differenza intrinseca tra umano e non umano, soggetto e oggetto, mente e corpo, materia e discorso.
Barad C., 2017, pag. 60
Il pensiero di G. Bateson, epistemologo, biologo, antropologo, è complesso, richiede, a chi lo vuole esplorare, curiosità e dubbi, la disponibilità a riflettere sulle proprie abitudini di pensiero.
La difficoltà deriva dall’essere un pensiero ricorsivo, relazionale, sistemico. Un pensiero matriciale che genera nuovi pensieri, capaci di cambiare significato alle parole stesse con cui i pensieri prendono forma. Un pensiero matriciale che mette in tensione, fa coevolvere le idee, spinge a pensare l’impensato, a riflettere su preconcetti, partiti presi, nascosti e non esplicitati.
In Dove gli angeli esitano, la figlia Mary Catherine scrive: “Gregory si muoveva in un territorio mentale che è sconosciuto a molti di noi, sconosciuto quanto le modalità di pensiero che ci troveremmo a dover esplorare nello studio di una cultura con premesse diverse dalla nostra, o forse nello studio di una specie diversa” (Bateson G., Bateson M.C., 1989, pag. 276).
Nel 1971 Gregory Bateson, in un articolo per la rivista Psychiatry, propone di pensare l’epistemologia dei sistemi viventi in una cornice cibernetica.
Abitudini mentali, spesso premesse inconsce, determinano il nostro modo di vedere e sperimentare il mondo, e il nostro modo di vedere e sperimentare il mondo determina le nostre abitudini mentali. Per G. Bateson epistemologia e ontologia non possono essere separate. Propone, allora, una nuova definizione di epistemologia che scaturisce dalla teoria dei sistemi e dalla cibernetica.
“Epistemologia. Combinazione di un ramo della scienza con un ramo della filosofia. Come scienza l’epistemologia studia come gli organismi particolari o gli aggregati di organismi conoscono, pensano e decidono. Come filosofia, l’epistemologia studia i limiti necessari e le altre caratteristiche dei processi di conoscenza, pensiero e decisione” (Bateson G., 1984, pag.300).
Lo studio dell’epistemologia diventa un modo per capire come gli esseri umani giungono a costruire e a conservare le loro abitudini cognitive.
Bateson è alla ricerca di una nuova modalità di pensiero dove mente e materia siano unificati, rifiuta di prendere in considerazione una mente separata dal corpo e dalla materia. Ci invita a riflettere sul fatto che le idee sono reali.
Lo stesso Bateson ammette le difficoltà della ricerca. Scrive nel 1970: “Se io sono nel giusto, allora il nostro atteggiamento mentale rispetto a ciò che siamo e a ciò che sono gli altri dev’essere ristrutturato. Non si tratta di uno scherzo e non so quanto tempo abbiamo ancora prima della fine. Se continuiamo ad agire sulla base delle premesse che erano di moda nell’era precibernetica e che furono particolarmente messe in risalto e rafforzate durante la rivoluzione industriale, quando sembravano convalidare l’unità di sopravvivenza ipotizzata da Darwin, potrebbero restarci ancora venti o trent’anni prima che la reductio ad absurdum logica delle nostre vecchie posizioni ci distrugga… Il compito più importante, oggi, è forse di imparare a pensare nella nuova maniera. Dirò che io non so come si faccia a pensare in questa maniera: dal punto di vista intellettuale, io posso star qui a fornirvi un’esposizione ragionata di questa maniera; ma se mi metto ad abbattere un albero, penso ancora che è ‘Gregory Bateson’ che sta abbattendo l’albero. Io sto abbattendo l’albero. ‘Me stesso’ è ancora per me un oggetto troppo concreto” (Bateson G., 2000, pag. 503).
Le relazioni non sono fatti, nascono da differenze, e le differenze sono idee.
Pensare relazioni, non cose, è un modo diverso di punteggiare la nostra esperienza del mondo. Il mondo è davanti a noi e noi siamo il mondo. Come distinguere è affar nostro.
Nostra respons-abilità
Possiamo distinguere indicando una coppia di opposti, in cui ogni elemento della coppia appartiene allo stesso ordine di processo, una relazione lineare A/non A, Aggressore/Aggredito, Predatore/Preda, Natura/Cultura. Se, invece, come suggerisce Bateson, utilizziamo le lenti di una epistemologia cibernetica ci appare una relazione ricorsiva tra due livelli di realtà. Invece di A/non A appare La cosa/Il processo che porta alla cosa, strutture, non oggetti. La cosa è una struttura, che interagisce all’interno di un contesto, il processo è nel tempo e il processo e la struttura coevolvono insieme.
Quale storia vogliamo raccontare? Noi contro il mondo da conquistare e sottomettere o la storia della lenta e complessa coevoluzione della vita sulla terra? In tal caso la parola ‘contro’ sarà sostituita dall’espressione ‘parte di’ in un processo relazionale.
Pensiamo a un prato e a un cavallo che pascola. La relazione dinamica e complessa tra un cavallo e l’erba del prato è la lunga storia nel tempo di una coevoluzione, il cavallo e l’erba mutano e ciò che evolve è la loro relazione. Cavallo e erba devono modificarsi e adattarsi e modificarsi e adattarsi in un processo che ha un carattere mentale.
Di questa relazione né il cavallo né l’erba hanno il pieno controllo, possono solo averne cura, mantenerla viva in una rete più ampia.
Un cambiamento adattativo del cavallo richiede un cambiamento nell’erba, e così un cambiamento nell’erba modificherà il cavallo. Possiamo adattarci a un contesto, ma il contesto cambierà proprio per il nostro adattamento, è necessario un apprendimento più ampio che ne tenga conto.
L’Eohippus si è evoluto adattandosi alla zolla erbosa della pianura e la zolla erbosa si è adattata agli zoccoli e ai denti del cavallo.
La relazione tra animali e ambiente, tra cavallo e erba, sopravvive e lentamente evolve. Il cavallo e l’erba coevolvono nella relazione. La relazione precede. Le cose, gli oggetti accedono alla loro coseità in una relazione.
Se tutto si esaurisse nel processo di adattamento, non vi potrebbe essere alcuna patologia del sistema. I guai nascono proprio perché la logica dell’adattamento è una logica diversa da quella della sopravvivenza e dell’evoluzione del sistema ecologico più ampio.
La venatura-tempo dell’adattamento può essere diversa da quella dell’ecologia. Il processo di adattamento di una specie o in generale di un organismo vivente e il processo complessivo dell’evoluzione del sistema ecologico non hanno gli stessi tempi.
“Nell'accettare il nuovo, e nel tendere a massimizzare più che a ottimizzare, essi potrebbero (e ciò avviene) fissare stabilmente una variabile che sembra assicurare (un momentaneo) 'benessere', e assuefarsi all'adattamento che hanno incorporato senza aver verificato a quale tipo logico appartenga (il benessere di un individuo è di tipo logico diverso dal benessere di una popolazione, e viceversa, ed entrambi sono di tipo logico diverso dal 'benessere' delle altre specie, degli ecosistemi, ecc.). L'assuefazione inoltre impedisce la ricerca di soluzioni adattative migliori - 'migliori' per l'ecosistema” (Conserva R. 2000. pag. 204).
Nel 1970 Bateson propone una idea forte, la ’flessibilità’. La flessibilità può essere definita come potenziale non impegnato di cambiamento.
Mette in guardia su due pericoli fondamentali che riguardano, appunto, la perdita di flessibilità:
Adottare comportamenti che offrono vantaggi a breve scadenza e permettere che si impongano perché il loro irrigidimento li rende difficilmente eliminabili
Non tener conto della formazione di abitudini
Anche una cultura è un sistema adattativo, se una società sopravvive diciamo che la sua cultura è adattativa. Ma può darsi invece che la società vada verso l’autodistruzione. Se facciamo saltare in aria questo pianeta oppure lo precipitiamo nell’inverno nucleare, non sarà facile individuare l’istante esatto dell’errore, istante che non è certo quello in cui abbiamo premuto il bottone. Questo ci dovrebbe dar da pensare, suggerire di concentrarci non sul problema degli adattamenti immediati, ma sui cambiamenti a lunga scadenza. Chiederci se questo adattamento è davvero tale che lo possiamo sopportare.
Esplorare la possibilità di adattarci non solo al problema immediato, per esempio arrivare a una immediata resa del nemico, ma anche chiederci quali saranno le ripercussioni di questo adattamento sul resto del sistema che è tutto interconnesso.
È adattativo abituarsi a sciogliere il nodo gordiano con la violenza del taglio?
Scrive Nora Bateson: “La storia del Nodo Gordiano: è un mito che corre come una sorta di rete sotterranea di correnti circuitali, che affiora invisibilmente attraverso le decisioni e soluzioni degli ultimi 3000 anni di storia, permeando la politica e il linguaggio, l’eroismo e la filosofia, la tecnologia, la medicina, l’economia, l’architettura, l’agricoltura ecc...
Le storie, i poemi, i miti, debbono essere rivisitati, e talvolta reinterpretati.
Alessandro il Grande potrebbe aver combinato un grande pasticcio.
La storia è che re Mida aveva donato ai Frigi un cocchio che era legato a un palo. Il nodo che legava il cocchio non aveva una fine, un capo. Nessuno lo poteva sciogliere, e si sparse la fama che si trattava di un puzzle che solo un futuro grande capo avrebbe potuto risolvere.
Nel 333 A.C. Alessandro il Grande pose mano alla soluzione del puzzle, (perché avrebbe portato sfortuna non farlo), ma non riuscì a sciogliere il nodo. Alla fine chiese se rispetto a come farlo ci fossero delle regole, e risultò che non ce ne erano, così… Con un solo colpo di spada Alessandro tagliò il nodo, liberò il cocchio e ingarbugliò il nostro modo di pensare. Compenso a breve termine, danno a lungo termine, e avidità al posto della curiosità (Bateson N., 2013 www.circolobateson.it).
Statua della Madonna che scioglie i nodi nella basilica dei Santi Vitale, Valeria, Gervasio e Protasio al Quirinale. Foto di Lucilla Ruffilli
Cormac McCarthy ci dà uno splendido racconto del momento in cui nel New Mexico si sperimentò la prima bomba atomica. Parla Alicia, figlia di uno scienziato che partecipò alla costruzione della bomba.
“…Il gruppo di mio padre era a circa 10 km dal punto zero. Avevano ricevuto in dotazione degli occhiali molto scuri… Mio padre però si era portato i suoi perché pensava che con quelli forniti dal governo non avrebbe visto granché. Immagino che la si possa leggere come una metafora. Ma tutti gli occhiali dovevano bloccare la luce ultravioletta… Quello che ricordo è che mio padre diceva che si era messo le mani sugli occhiali per ripararsi dal bagliore iniziale e che quando era giunto il momento si era visto le ossa delle dita con gli occhi chiusi. Non ci fu un suono. Solo quella violenta luce bianca e poi quella nuvola rosso-violacea che si alzava in volute e sbocciava nell’iconico fungo bianco. Simbolo di un’epoca. Un affare che si ergeva lentamente fino a un’altezza di tremila metri.
Il vento causato dall’onda d’urto era supersonico e per un istante ebbero male alle orecchie. E da ultimo naturalmente il suono… Con le creature del deserto che si volatilizzavano senza un grido e gli scienziati che osservavano quella cosa duplicata sulle lenti nere dei loro occhiali. E mio padre che la guardava attraverso le dita come Mizaru. Ma se anche non sapevano altro sapevano tutti che per non vedere il male era troppo tardi” (McCarthy Cormac, 2023, pag. 115).
In una relazione tra nazioni la corsa agli armamenti può assumere un carattere progressivo e direzionale, verso una rivalità sempre più intensa che ci lascia vulnerabili alla guerra.
Quando si tratta di compiere delle scelte, è utile capire fino a che punto si possa intervenire in modo consapevole e libero. Vale la pena soffermarsi sulle considerazioni che Bateson propone in merito a libertà, responsabilità e determinismo. In Dove gli angeli esitano (Bateson G, Bateson MC, 1986) troviamo alcune riflessioni che ci possono essere d’aiuto.
La libertà per Bateson può essere esercitata ma non è mai assoluta bensì condizionata. Quello della relazione è un terreno aperto all’interno del quale sono presenti vincoli e opportunità, responsabilità e libertà, dipendenze e autonomie. Libertà e responsabilità vengono assieme, per cui un aumento della prima sollecita un aumento della seconda. Tanto più ci troviamo in contesti dove il margine di libertà è ampio, quanta più responsabilità comporta la presa di una decisione. Capita tuttavia di trovarsi in situazioni in cui la porzione di libertà non è pari a quella che si potrebbe immaginare, ma risulta contenuta o illusoria. Si chiede Bateson, che cosa fa sì che in certe regioni della mente la varietà delle idee venga limitata?
Per esempio, i presidenti e i responsabili delle Università, sostiene l’autore, che hanno perseguito l’obiettivo di giungere a tali posizioni pensando di ottenere maggior potere, scoprono quanto sia scarsa la loro libertà decisionale, dovendosi spesso adeguare allo stato delle cose e sentendosi molto vincolati a mantenerne l’impostazione inalterata, per come è stata costruita fino a quel momento. Questo fatto, insieme alla storia del nodo di Gordio, forse ci offre degli elementi per comprendere meglio perché è frequente che si giunga a situazioni ad alto rischio.
Secondo Bateson la responsabilità riguarda il procedere in direzione di cambiamenti che siano adattivi sul lungo periodo, lavorando se necessario ad un livello di tipo logico più profondo, ed in particolare è legata all’agire con saggezza all’interno del sistema (o ecosistema) complessivo, della cui salute siamo responsabili. La responsabilità non si traduce nell’evitare di commettere errori, bensì nel ripetuto tentativo di non commettere gli “errori sbagliati”. Quelli che verosimilmente conducono ad un vicolo cieco. Essi possono avere a che fare con il compiere scelte a partire da un posizionamento che si identifica come separato, oggettivo, estraneo al contesto di cui si è parte. Oppure coincidono con una visione lineare causa-effetto, dove prevale la finalità cosciente. Avvengono laddove non si tiene conto dei correttivi di pensiero (la metafora, l’inconscio, il sentire, la bellezza…) implicati nell’arte o nella religione. Riguardano la convinzione di poter cambiare il mondo ponendosi al di fuori, con un punto di vista neutro ed esterno, anziché partecipando e considerandosi implicati nella relazione con esso. Non commettere questo tipo di errori può richiedere una sosta, può richiedere di tentare un cambiamento a livello più profondo nel sistema, talvolta il coraggio di innescarlo dall'interno provocando un sommovimento, sollecitando un cambio di rotta e tuttavia accettando di non poterne controllare gli effetti.
Non si può raggiungere una conoscenza esauriente dei processi relazionali. Non è possibile conoscere gli effetti nel tempo delle nostre azioni e la nuova direzione che il sistema intraprenderà.
Bateson nel 1958 in Naven studiando una popolazione della Nuova Guinea, denomina due categorie di processi di interazione: la relazione complementare e la relazione simmetrica.
Applica il termine simmetrico a tutte quelle forme di interazione descritte in termini di competizione, rivalità, emulazione reciproca e così via. Situazioni in cui determinate azioni di A inducono B ad azioni dello stesso genere, le quali a loro volta inducono A verso nuove azioni simili e così via. Applica invece il termine complementare alle sequenze interattive in cui le azioni di A e di B sono diverse ma si accordano l’una con l’altra come autorità -sottomissione, esibizionismo-ammirazione, dipendenza-assistenza.
Non si tratta tanto di descrivere le singole azioni ma di identificare il contesto reso possibile dalle azioni di A e B, dall’interazione. Non ruoli ma schemi di relazione.
È chiaro che, alla lunga, sia un contesto di aggressività reciproca che un contesto di differenziazione crescente di ruoli possono provocare modificazioni irreversibili sempre più intense al sistema A e B fino alla distruzione. Questi modelli di relazione portano a una divergenza progressiva che Bateson chiamò schismogenesi complementare e schismogenesi simmetrica.
Il processo di schismogenesi è un esempio di cambiamento progressivo e direzionale
Una certa stabilità del sistema può essere raggiunta, tuttavia, combinando i due processi, simmetrici e complementari. In una relazione tra amici troppo complementare può essere salutare una accesa discussione o una accanita partita a carte, mentre una competizione eccessiva può essere mitigata da una situazione che richiede empatia e cura.
Ma, non volendo cadere in una spiegazione teleologica dove lo scopo precede il processo, il sistema schismogenetico, per arrivare ad una stabilità che ne garantisca la sopravvivenza, deve necessariamente essere ricorsivo, ossia circolare e autocorrettivo.
La schismogenesi è una forma di apprendimento e di interazione tra viventi, un apprendimento che Bateson nel 1942 in Naven, ha chiamato deutero-apprendimento, apprendere ad apprendere.
Nel 1987 in Dove gli angeli esitano troviamo queste considerazioni: “Ero giunto a capire che apprendere ad apprendere, imparare ad affrontare ed aspettarsi un certo tipo di contesto per l’azione adattativa, e cambiamento di carattere dovuto all’esperienza sono tre sinonimi per indicare un unico genere di fenomeni, che raccolsi appunto sotto il termine deuteroapprendimento.” La parola apprendimento denota un cambiamento. Un cambiamento che avviene nel tempo.” Era una prima collocazione dei fenomeni del comportamento entro uno schema strettamente legato alla gerarchia dei tipi logici di Bertrand Russel e, come il concetto di schismogenesi, si armonizzava facilmente con le idee cibernetiche degli anni quaranta” (Bateson G., 1989, pag. 28).
Per comprendere meglio i processi regolatori Bateson cerca un modello le cui relazioni esemplifichino le relazioni interne ai circuiti causali autocorrettivi. Un modello che permetta confronti abduttivi.
Un termostato domestico per Bateson può essere questo modello. Un modello di circuiti causali che vanno, nel tempo, alla ricerca dell’equilibrio.
Il termostato ha una sua componente strutturale: il regolatore. Il regolatore è un organo di senso che percepisce la differenza, entro una soglia che dipende da come è stato tarato lo strumento, tra la temperatura della stanza e una temperatura prestabilita. Trasforma allora questa differenza in un messaggio che viaggia nell’intero circuito e fa scattare l’interruttore cambiando in acceso/spento la struttura del termostato. La temperatura della stanza oscilla tra i limiti fissati, per esempio tra 16 e 18 °C, una soglia di due gradi. Una autocorrezione istante per istante.
Un uomo o una donna che entrano nella stanza possono percepire una temperatura troppo bassa, cambiare la temperatura del regolatore, spostarla per esempio verso i 18-20 °C. Può succedere che al ritorno da una vacanza in un paese tropicale l’abitudine a temperature miti faccia ulteriormente cambiare l’intervallo del regolatore a 20-22 °C.
Il cambiamento, l’azione correttiva, ora viene effettuato in base alla differenza tra un certo stato presente e un certo stato ‘preferito’. Cambierà allora, in base all’esperienza del vivente, il sistema più ampio, vivente/termostato. C’è una modifica della calibrazione, un salto di livello logico.
I cambiamenti descritti corrispondono a diversi livelli di apprendimento. Da un livello 0 in cui si rimane prigionieri del contesto scelto (l’intervallo del termostato), alla scelta del contesto cambiando la struttura del regolatore (cambiamento dell’intervallo, apprendimento di tipo 1), al cambiamento delle proprie abitudini che si invera nel cambiamento non solo della struttura del regolatore ma anche nella nostra capacità di percepire più o meno piacevole la temperatura della stanza. Nell’apprendimento di tipo due, deuteroapprendimento, si impara a segmentare gli eventi e l’esperienza.
Gli oggetti materiali che fanno parte del riscaldamento domestico e chi vive nella casa fanno parte di un circuito complesso in grado di sostenere processi mentali come la risposta alle differenze e l’autocorrezione.
Per Gregory Bateson l’informazione viene sempre ricevuta, tanto dagli organismi quanto dalle macchine, tramite percorsi materiali e organi periferici che, in linea di principio, si possono identificare.
Possiamo pensare a una visione del mondo monistica e unificata, pensare la mente come una caratteristica organizzativa, non una sostanza distinta.
In relazione con il più ampio contesto: il sacro
Siamo una specie biologica e lo siamo nel senso più profondo del termine,
difficilmente potremo trovare - avvicinarci a- il significato ultimo dell’esistenza
se prescinderemo dal resto del vivente.
(Wilson E. O., 2021, pag.11)
Il mondo delle relazioni mentali è un mondo di forme, di strutture che emergono da processi spesso inconsapevoli. Sistemi mentali diversi, poi, sono connessi tra loro da interfacce. Pensiamo per esempio all’interfaccia tra uomini e donne, tra mammiferi di differenti specie, tra società umana ed ecosistema. Per Bateson esisteva anche una linea di separazione, un’interfaccia, tra il mondo dei viventi (dove la differenza può essere una causa) e il mondo di non viventi, il mondo dei sassi, delle palle da biliardo e delle locomotive giocattolo (dove le cause degli eventi sono le forze e gli urti).
L’interfaccia, nel mondo del vivente, è insieme una linea di separazione ed uno spazio di incontro, dove avviene uno scambio di informazioni, ma dove non tutto può essere comunicato oppure ricevuto come dato ‘oggettivo’. Uno spazio dove limitata è la possibilità di controllo consapevole del messaggio che stiamo inviando e di come questo verrà recepito.
In tale spazio si inserisce il pensiero creativo, che somiglia al pensiero evolutivo ed ha natura fondamentalmente stocastica. In una classe di organizzazione come quella degli esseri viventi il caso e l’aleatorio contribuiscono in qualche modo all’organizzazione del sistema. Il nuovo nasce dal rumore, nessun sistema può produrre alcunché di nuovo se non contiene una sorgente di casualità che fornisca sufficiente rumore dal quale si possa costruire una struttura alternativa.
Usando le parole di Miguel Benasayag “il rumore può essere di qualsiasi tipo, non contenere nessun messaggio ma può innescare un effetto di «trasduzione» e non di traduzione, un concetto preso in prestito dalla biologia. Si tratta di un meccanismo per cui tra due sistemi, divisi per esempio da una membrana, uno stimola l’altro. Semplicemente funzionando, un sistema perturba l’altro e influisce sul suo funzionamento, senza però trasmettere un messaggio codificato da tradurre. Come non c’è un rapporto di traduzione così non c’è un rapporto intenzionale. Si potrebbe spiegare la trasduzione anche attraverso un apologo taoista per cui, quando un bastone colpisce il fondo di una barca (lo stimolo), i pesci si immergono in profondità e gli uccelli spiccano il volo (ciascuno segue il proprio funzionamento, senza che venga «tradotto» alcun «messaggio», che sarebbe il colpo del bastone) (Pigliaru A. 2022, Intervista Manifesto).
“Ciascuno conserva il proprio carattere-la propria organizzazione dell’universo percepito - eppure è chiaro che qualcosa è accaduto” (Bateson G., 1984, pag.186) (sono state generati alcuni pattern di interazione).
Come reagire alle interfacce in modo non riduzionistico? Sono necessarie impostazioni che affermino tanto la complessità nostra quanto quella dell’altro e che propongano la possibilità che le due complessità insieme possano costituire un sistema comprensivo, con una rete mentale comune e con elementi di apprendimento, senza pretese di trasparenza ma accettando di non comprendere totalmente l’altro.
La mente per come pensata da Bateson, include l’individuo ma si espande oltre i suoi confini coinvolgendo su più piani (sincronico e diacronico, verticale e orizzontale, trasversale e ramificato), altri individui, altre specie e persino oggetti. Questa percezione del filo che lega sé e l’altro e i due insieme in un mondo intrecciato, influenzato dalle interazioni e coevolvente, come qualcosa che si muove e modifica, che unisce in modo per lo più inconscio, è l’ecologia. O anche l’affermazione del sacro.
Possiamo dire che, all’interno dell’epistemologia batesoniana, il tema del sacro e quello che riguarda conoscenza e inconscio si rimandano l’uno con l’altro ed hanno come nodo in comune la centralità della relazione.
Percepire sé stessi in rapporto con il più ampio ecosistema ha a che fare con il sacro. Per Bateson questa non è primariamente una conoscenza a livello di consapevolezza, ma lo diventa in un secondo momento. Avvertire il sacro viene prima, avviene innanzitutto sul piano del sentire. (L’inconscio è custode di legami inattesi). Anche la poesia ne è un esempio nel momento in cui ci apre in un istante e in modo immediato al rapporto con qualcosa, che sentiamo visceralmente, suscitando commozione. Eppure, ciò che impariamo da una simile esperienza istantanea, possiamo tenerlo con noi e integrarlo nella nostra conoscenza.
Bateson integrò al suo sapere sulle persone in cura psichiatrica, sulle persone che svolgono un rito religioso, sui lupi che giocano, quello che aveva imparato dal sentimento di essere parte della natura, che cercava di descrivere come un’intuizione che ci coinvolge di tanto in tanto: la realizzazione dell’unità del mondo della vita.
Questa integrazione fece sì che tutto il suo modo di conoscere divenisse diverso, e negli ultimi scritti o nelle sue intenzioni, raccolte in Dove gli angeli esitano, cercò forse di spiegarci che cosa intendeva, qual era il fulcro di un pensiero radicato nell’essere parte della storia naturale.
Osservando una conchiglia pensava: ecco vedi, è piena di storia. Una conchiglia è una storia di modifiche e adattamenti, una storia individuale che ci racconta processi che rimandano molto indietro nel passato. Nel suo guscio sono raccolti i piccoli passi affrontati per raggiungere la forma di oggi, a livello di specie in interazione con le variazioni del mare e dei suoi altri abitanti, simili e non. La sua spirale è la storia di modulazioni, di ripetizioni di parti, tuttavia leggermente differenziate per prendere parte all’intero da una precisa posizione. Come accade per le ossa della colonna vertebrale o le dita della mano. La conchiglia racconta, allo stesso tempo, delle variazioni che costituiscono l’essere peculiare di quello specifico animale. La sua storia individuale è intrisa di storia evolutiva e contiene le tracce delle relazioni tra parti, con ulteriori organismi e più in generale con l’ambiente.
Quando riconosciamo nella conchiglia una storia vivente, la ricchezza di tutte queste sfaccettature, possiamo “avvicinarla” a noi e prendere parte a questa storia insieme, come declinazioni diverse e creative di una testura comune che riguarda il mondo della vita. Ecco, allora, che questa diviene un’esperienza di integrazione e saggezza. Un’esperienza significativa, trasformativa. Un sapere profondo che ci ricolloca nel mondo in modo differente da quello che adottiamo quando ci sentiamo esclusivamente parte della comunità umana e ci permette di concepirci anche all’interno di questa in modo diverso.
Come studioso impegnato nelle scienze, Bateson promosse una conoscenza “situata”. Egli intendeva la conoscenza come esperienza in rapporto vivente alla cosa conosciuta. Escluse l’idea di un soggetto conoscente in grado di conoscere l’oggetto percepito in sé. Per Bateson non possiamo dire nulla sulla cosa conosciuta se non dalla posizione che occupiamo all’interno del sistema che con essa formiamo. Non possiamo che vedere un arco del circuito a cui prendiamo parte, e conoscere solo quegli elementi della cosa che entrano con noi in relazione. Ci sono poi molti aspetti che non vediamo e che non esperiamo. Ciò che ci si manifesta viene percepito e integrato a partire da alcune premesse che fanno già parte di noi. In una parola: siamo limitati, la conoscenza è limitata, la scienza è limitata; ma anche è bella perché sorge dall’esperienza di scambio interna al mondo biologico e si nutre della capacità di accostare fenomeni ed elementi, di trovare connessioni tra essi. Fare questo genera anche una dimensione estetica.
Se la conoscenza è considerata come relazionale, il sapere si accosta maggiormente alla verità quando si nutre di descrizioni doppie e plurime, non singolari. Così, noi stessi partecipiamo all’esistenza avvicinandoci al suo significato più profondo, l’unità, quando siamo in grado di integrare gli stati di coscienza alle intuizioni dell’inconscio, la poesia con la scienza, le nostre premesse culturali con la più ampia ecologia della mente.
Mano a mano che si approfondisce la relazione e quindi la conoscenza con l’altro da noi (ad esempio in riferimento a quell’altro più vasto che è il mondo della vita e i fenomeni ad esso inerenti, attraverso l’abduzione), essa arricchisce e alimenta il senso del sacro. Ciò, come detto, purché non si valichino i limiti posti dall’interfaccia, ovvero il rispetto delle differenze che in sede ultima rimangono insondabili, segrete. Vi sono conoscenze tossiche ad alcuni livelli del sistema, sostiene Bateson.
In tal senso possiamo affermare che, da un lato, il senso del sacro come manifestazione dell’essere tutti noi espressione creativa del medesimo tessuto aumenta il desiderio di conoscenza della Creatura, dall’altro, la sempre più approfondita conoscenza alimenta il senso del sacro come unità di noi con il simile ma differente, nel nome della natura di cui siamo parte. Edward Wilson nel suo libro Biofilia descrive questo punto riguardo al sapere sul mondo vivente con tali parole: “La nostra sensazione di meraviglia cresce in misura esponenziale: quanto maggiore è la conoscenza, tanto più profondo è il mistero; quanto più noi andiamo alla ricerca di conoscenze, tanto più finiamo per creare ulteriore mistero. Questa reazione catalitica, ci spinge perpetuamente in avanti alla ricerca di nuovi luoghi, di nuova vita” (Wilson E. O., 2021, pag. 19).
La presunzione di poter controllare completamente ciò che accade nel mondo mentale è questione di posizionamento, porta a verità distorte ed ha conseguenze rischiose, come abbiamo detto nel paragrafo precedente, almeno per l’essere umano. Il sacro, l’insondabile è dunque un orientamento che riguarda un atteggiamento relazionale verso il mondo. Una posizione di rispetto e di prudenza. Se il discorso di Bateson sulla relazione è in parte una dichiarazione di non indipendenza e di fallibilità, perché siamo influenzati da e influenziamo i sistemi di cui siamo parte, perché inconscio, abitudine, casualità, selezione del nuovo sorto per caso e adattamento all’imprevisto, persino assuefazione, sono processi che riguardano la storia naturale, che ci coinvolge; tuttavia manteniamo una responsabilità. Essa si traduce nel disporci con rispettosa cautela di fronte ai legami che ci trascendono, perché custodiscono una sacralità, una grazia che può essere violata dalla nostra fretta, arroganza o aggressività. Il tema del sacro in questo senso ha dei risvolti politici.
Afferma, infatti, la figlia Mary Catherine cercando di restituirci l’approdo del padre “Sembra possibile che una modalità di conoscenza che attribuisca una certa sacralità all’organizzazione del mondo biologico possa, sotto qualche profilo importante, dimostrarsi più accurata e più idonea al compito di prendere decisioni” (Bateson G., 1989, pag. 22).
Bibliografia
Barad C., 2017. “Performatività nel post-umanesimo” in Performatività della natura, Altera, Pisa.
Bateson G., 1984. “Glossario” in Mente e Natura Un’unità necessaria, Adelphi Edizioni, Milano (1979).
Bateson G., 1997. Una sacra unità, Adelphi Edizioni, Milano (1991).
Bateson G., 2000. “La cibernetica dell’io: una teoria dell’alcolismo” in Verso un’ecologia della mente, Adelphi Edizioni, Milano (1972).
Bateson G., 1970. “Forma, sostanza e differenza” in Verso un’ecologia della mente, Adelphi Edizioni, Milano 2000 (1972).
Bateson G., 2022. Naven Un rituale di travestimento in Nuova Guinea, Raffaello Cortina Editore, Milano (1958).
Bateson G., Bateson M. C., 1986. “A che cosa serve una metafora” in Dove gli angeli esitano Adelphi Edizioni, Milano 1989 (1987).
Bateson G., Bateson M. C., 1989. “Introduzione” in Dove gli angeli esitano Adelphi Edizioni, Milano (1987).
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Pigliaru A., 23 settembre 2022. Miguel Benasayag, partecipare alla vita e alla sua complessità.
Wilson O. E., 2021. Biofilia Piano B Edizioni, Parma (1984).