Riflessioni Sistemiche n° 27


Decostruendo miti e pregiudizi del nostro tempo

Prefazione

Sono ormai molti anni che non si fa che sottolineare una serie di criticità sia per quello che riguarda la dimensione sociale, sia in relazione allo stato di salute dell’ambiente naturale in cui viviamo, criticità che affondano le radici in un intreccio di premesse epistemologiche e di pratiche umane condivise e profondamente incarnate.

Il progetto della Redazione, allora, è stato quello di far emergere, individuare, ma anche esporre al pensiero critico e alla decostruzione, quelli che sono appunto i valori dominanti, i presupposti condivisi, e i costrutti culturali diffusi (e forse globalizzati) che, come abbiamo scritto nella lettera d’invito agli autori, “intossicano la nostra mente, i rapporti sociali ed il rapporto con la natura, in una parola il nostro stare al mondo". Per dare corpo a questo progetto, che consideriamo ambizioso e al tempo stesso necessario, abbiamo fatto riferimento ad un gruppo straordinario di studiosi, ricercatori ed attivisti, tutti storicamente coinvolti con il tema della complessità e con l’approccio sistemico. Ognuno di loro si è così focalizzato su un particolare aspetto fondativo (più o meno consapevole) del nostro modo di muoverci nel mondo dandogli forma, ciascuno esplorando quelle che sono le conseguenze dell’aspetto considerato nel proprio personale ambito di studio, ricerca, ed intervento.

Le riflessioni di Enzo Scandurra sul riduzionismo quale fonte di mappe inadeguate per comprendere i sistemi viventi e saper dialogare con essi, così come il discorso di Francesco Varanini intorno all’approccio computazionale “come esempio del più radicale riduzionismo” che definisce una scena conoscitiva dove “il perturbante, il difficile, il complesso, è escluso a priori”, entrano in risonanza con il contributo di Serena Dinelli tutto orientato a distinguere tra regolamentazione (vincoli imposti dall’alto, attraverso la finalità cosciente dell’uomo) e regolazione (vincoli di funzionamento emergenti dall’interazione delle parti) dei sistemi viventi; i tre contributi entrano a loro volta in una coerente coordinazione di significati con il saggio di Pierluigi Fagan, nel quale l’autore descrive l’ipercomplessità crescente di quella che Morin chiamerebbe  la società-mondo e il fatto che “né le nostre forme istituzionali, né quelle culturali corrispondono in senso adattivo a questo mutato scenario”.

C’è poi il contributo di Laura Formenti che esplora il pregiudizio secondo il quale il principio dell’accordo rappresenta “il fondamento del lavoro di gruppo e della vita collettiva” a sua volta “fondato su premesse epistemologiche (mentalismo e razionalismo) che impediscono la comunicazione creativa e il ben-essere ecosistemico”. A tale contributo fa per molti aspetti eco quello di Marianella Sclavi, che mette in risalto l’inerzia culturale ed operativa che spinge le attuali società “democratiche” a fare riferimento ad un modello rappresentativo e maggioritario, e racconta in tal senso l’esperienza di democrazia sperimentale di tipo deliberativo a cui l’autrice sta partecipando attivamente nella città di Nantes. Ma sulla stessa linea di senso sono anche i contributi di Laura Cima e di Gabriella Falcicchio, che hanno come focus rispettivamente l’affermazione del paradigma della cura e del paradigma nonviolento, in contrasto rispettivamente con il progressivo accentramento del potere patriarcale nelle mani di pochi e con le dinamiche competitive e i dualismi. Tutte e quattro le autrici di cui sopra sottolineano, inoltre, l’importanza delle differenze e della loro valorizzazione, nonché un approccio al conflitto che sia creativo e in grado di attraversare l’incertezza generando nuovi e più complessi orizzonti di senso in tutti quelli che sono i partecipanti al processo conoscitivo, oltre che inedite convergenze sul piano decisionale.

Infine Walter Ganapini e Sergio Ferraris per ciò che attiene alla questione ambientale, Alberto Quagliata e Lavinia Bianchi in relazione al contesto educativo, e Charles Auffray, Bertrand Boutron, e Christian Pristipino con il loro Manifesto di Montpellier dedicato all’approccio sistemico in medicina, ci accompagnano a riflettere su quelli che sono i presupposti più o meno consapevoli, relativi ad alcuni dei miti e pregiudizi del nostro tempo. Talora sono veri e propri punti ciechi per dirla alla von Foerster, che impediscono una transizione - forse sarebbe meglio parlare di conversione - verso un mondo più sostenibile sia sul piano sociale che ambientale, verso una scuola veramente riformata e in grado di superare “epistemologie im­plicite e prassi che legittimano esclusione, patologizzazione e subalternità”, e infine verso un contesto delle cure sanitarie in cui ricerca scientifica e pratica clinica si strutturino sulla base di processi partecipativi e decisionali fondati sulla condivisione del pensiero sistemico e coinvolgenti la cittadinanza.

Detto questo, è importante sottolineare come la monografia qui presentata rappresenti il primo di due movimenti. Se questa monografia è infatti articolata in saggi che tendono ad indicare ciò di cui è bene prendere coscienza e che è bene superare, la prossima monografia sarà invece più centrata su quelle che possono essere delle vie alternative da percorrere nel nostro stare al mondo. Due movimenti, quindi, di un unico progetto editoriale, due movimenti che speriamo attivino la mente del lettore verso nuove consapevolezze, due movimenti che vogliono inoltre essere un contributo della rivista Riflessioni Sistemiche verso un approccio sistemico impegnato, più “militante”.

Nel concludere questa breve prefazione vogliamo infine, come di rito, ringraziare Donatella Amatucci per l’egregio lavoro di traduzione dall’italiano all’inglese di alcuni sommari e parole chiave, così come l’amico Enzo Menozzi, che ha seguito ancora una volta con cura e grande competenza le fasi di pubblicazione nel website dell’AIEMS.

 

Sergio Boria, Giorgio Narducci e la Redazione

Articoli

In questo Manifesto, discutiamo i principali ostacoli incontrati nello sviluppo del bene comune della salute e indichiamo la metamorfosi della medicina iniziata con l'applicazione di principi sistemici alla tecnologia come un nuovo percorso per il bene dell’umanità. Proponiamo di creare un Tesoro delle Scienze e delle Lettere che consenta di prendere maggiormente consapevolezza della complessità del mondo e di raccogliere la sfida delle molteplici crisi della nostra era.

Viviamo tempi difficili di guerra, violenze, pandemia e catastrofi climatiche: occorre sostituire l’attuale paradigma di sviluppo insostenibile e potere sempre più accentrato con un paradigma della cura? é urgente affermare nelle pratiche quello di cui le donne sono esperte: relazioni eque tra le persone nel rispetto delle differenze, una società non violenta che cura, l’abbraccio alla Madre Terra e alle specie che la abitano.

L’articolo si interroga sulle implicazioni della crescente tendenza a regolamentare fenomeni, relazioni, funzioni, in termini strettamente formalizzati, e spesso anche digitalizzati, in rapporto al dinamismo e alle emergenze tipici dei sistemi viventi, sociali e culturali. Porta esempi dal campo educativo, clinico, della ricerca e attività accademica, della gestione del territorio e diversi altri. E pone alcune domande per la ricerca di soluzioni.

Negli ultimi settanta anni il mondo ha subito una inflazione di complessità. Né le nostre forme istituzionali, né quelle culturali corrispondono in senso adattivo a questo mutato scenario. Analizzeremo quindi le necessità di trasformazione delle une e delle altre alla luce della cultura della complessità e di come questa si riflette sugli “studi sul mondo”.

La tradizione nonviolenta annovera personalità molto diverse tra loro, che hanno sviluppato i propri “esperimenti con la verità” in luoghi geografici e culturali diversi. Un filo conduttore li unisce: aver colto, con sguardo profetico, il valore del legame come categoria relazionale, sociale, organizzativa, euristica in un mondo – sia culturale che politico – strutturato da millenni sulla scissione, sui dualismi, sulla competizione.

La transizione ecologica è il tentativo, in via di fallimento, di unire un modello di sviluppo tradizionale e insostenibile con le crisi incipienti dovute ai limiti del Pianeta. Si è partiti da un’illusione nella ricerca delle soluzioni ai problemi ambientali per approdare alla creazione di nuovi mercati predatori.

Nell’articolo rifletto sul principio dell’accordo come fondamento del lavoro di gruppo e della vita collettiva. Se visto come la condivisione di pensieri situati dentro le teste degli individui (mentalismo), volta a produrre un’idea unitaria da porre a fondamento dell’azione (razionalismo), l’accordo diventa un pregiudizio fondato su premesse epistemologiche che impediscono la comunicazione creativa e il ben-essere ecosistemico.

L’Antropocene ha generato una Crisi Climatica irreversibile che può portare a rischio di estinzione la nostra specie. Occorre una Transizione Ecologica allo Sviluppo Sostenibile, come indicano l’Enciclica ‘Laudato Sì’, l’Accordo COP21 di Parigi e la ‘Agenda 2030’ delle Nazioni Unite, ‘cassetta degli attrezzi’ per curare il Pianeta malato. Serve una nuova stagione di ambientalismo scientifico di radicalità, competenza, progettualità forti per vincere la sfida “come governare sistemi complessi in regime di incertezza e di scarsità di tempo”

Il contributo approfondisce alcune categorie interpretative emerse dalla ricerca che ha inteso indagare “Le epistemologie nascoste” che alimentano la costruzione del sog­getto vulnerabile nell’immaginario educativo italiano. Tra gli obiettivi-meta della ricerca, vi è quello di individuare uno sfondo integratore che dia conto delle radici culturali dalle quali proviene l’attuale clima normativo-culturale-educativo relativo alle pratiche di inclusione in Italia e, ancora, quello di disvelare epistemologie im­plicite e prassi che legittimano esclusione, patologizzazione e subalternità. Partendo dalla teoria elaborata, verranno condivise riflessioni sulla necessità di un cambiamento paradigmatico delle consolidate pratiche educative e didattiche, di natura prevalentemente trasmissiva, per orientare l'agire pedagogico in direzione sistemica e complessa, restituendo centralità alla relazione.

Un pensiero riduzionista si aggira per l’Europa. Un pensiero seducente quanto falsificante che è alla base del pensiero unico globalizzato. È il pensiero che domina l’economia, il linguaggio comune e perfino quello scientifico ed è, ancora, un pensiero guerresco alla base di tanti conflitti. A fronte di un brulicare di complessità che costituisce la vera ricchezza del mondo.

Capitolo introduttivo di una ricerca in corso in una città governata con l'approccio della democrazia deliberativa. Lo studio riguarda: come è nato e si è affermato questo nuovo paradigma di democrazia sperimentale, la descrizione di esperienze specifiche e quali blocchi e resistenze si oppongono. Vitale per l'esito è l'approccio etnografico stesso, basato sulla uscita dalle strettoie disciplinari grazie a quella che ho in passato chiamato "una metodologia umoristica".

Francesco Varanini

Origine del termine ‘digitale’. Calcolatori come macchine che trattano informazioni espresse tramite numeri. Tuttavia, il termine più usato è computer. Differenza tra il calcolare e il computare. Il ruolo di Alan Turing nel passaggio dal calcolare al computare. Passaggio non solo matematico, logico, tecnico, ma anche filosofico, psicosociologico, politico. Differenza tra pensiero aperto alla complessità e pensiero computazionale.